Un popolo in cammino, la chiesa italiana dopo Firenze

Dal il V convegno parte una nuova fase, linfa viva per una evangelizzazione che si occupa delle persone: inizia il tempo della dell'umanesimo concreto

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Un popolo in cammino, la chiesa italiana dopo Firenze

Un popolo in cammino

A Firenze splende il sole, il cielo è sereno, si respira un’aria distesa. Il pensiero corre, la preghiera è intensa, non si negano i problemi e le sofferenze, ma prevale la gioia. La gente applaude e s’interroga e scopre nel lento procedere del corteo dalla Cattedrale alla Fortezza da Basso che esiste un popolo cristiano nella società secolare e indifferente, eterogeneo e articolato, espressione di un messaggio d’amore che pulsa in ogni borgo e strada: dai piccoli comuni alle grandi città. Esso è un popolo animato da una speranza, un dono da condividere. Questa è, oltre le strutture umane, le norme, le regole, la profonda realtà della chiesa italiana, i cui rappresentanti si sono dati appuntamento nella città della cultura e della bellezza.

Per una settimana la Chiesa italiana ha riflettuto e si  è confrontata sul tema del nuovo umanesimo ispirato da Gesù Cristo, presente nel mondo e nella storia. Il dialogo è stato ampio, articolato, ci sono stati momenti di convivialità, di spiritualità di dialogo profondo, di serrato  e fraterno dibattito. Si è tentato di andare oltre la superficie che permea e domina troppo spesso i rapporti e le relazioni tra le persone, anche tra  quelle che si definiscono e sono credenti.  Papa Francesco ha parlato, indicato la via riproposto il messaggio radicale e liberate del Vangelo, ha detto che il cristiano è inquieto, in ricerca, pronto sempre a camminare non un passo avanti ma un insieme a tutti gli uomini. Umiltà, disinteresse e beatitudini la bussola del dire, dell’operare, dell’edificare.  Annunciare, uscire, abitare, educare e trasfigurare ecco le vie che gli oltre duemila delegati, preti, vescovi, laici, religiosi provenienti da tutte le diocesi italiane che hanno intrapreso per essere maestri di umanità con la moltitudine dei fratelli che sono alla ricerca di un senso, un indirizzo, un motivo per costruire futuro. Siamo più in presenza dunque, oggi, ad un cambiamento d’epoca, totale, globale, antropologico.

Cosa dice il cristiano? Cosa pensa il cristiano? Come opera il cristiano? Ecco gli interrogativi della chiesa non solo italiana ma universale per il prossimo futuro. La Chiesa si addentra nella storia, si innerva nelle fatiche dell’umano e contribuisce a proporre, con creatività e profezia, alla costruzione di una società più giusta, libera, che dona futuro alle nuove generazioni che è capace di narrare la storia della salvezza attraverso il suo esempio di vita in Cristo e per i fratelli: in tutti i campi dell’azione, sociale, politica, economica, educativa e cultura.

Non c’è spirito di riconquista, autoreferenziale autocompiacimento di una supremazia e di un mandato esclusivo, ma la consapevolezza di leggere la realtà con lo spirito rivoluzionario e controcorrente dell’Amore del Padre. Risuonano nell’assemblea, nei gruppi di lavoro nelle relazioni dei membri della giunta che ha preparato con grande cura, passione e fatica il V Convegno ecclesiale della Chiesa italiana “In Gesù Cristo, il nuovo umanesimo”, le parole di Francesco  dobbiamo “Svuotare dalle ambizioni e dalla ricerca di potere, dal desiderio di occupare lo spazio ecclesiale come quello civile, dalla voglia di preservare tutti i nostri piccoli e grandi spazi di controllo sugli altri, dall’abitudine a fare sempre le stesse cose e a non allontanarci dalla strada collaudata, dalle strutture che abbiamo costruito nel tempo e che rischiano di diventare la nostra ragione di vita”.

Tutti le ripetono come un mantra, ma non basta serve una maggior e più solido e critico impegno laicale. Sporcarsi le mani, andare contro la cultura dominante, rimettere al centro l’uomo e i suoi bisogni, i suoi desideri, quel senso di comunità e di condivisione offuscato da una deriva individualista troppo spesso trasformatasi in un buco nero prossimo al nichilismo alimentato da un unico scopo, il consumo. Fedeltà e cambiamento, rivoluzione e tradizione, per paradosso essi sono i poli di una stessa medaglia evangelica che dice a tutto l’uomo di non avere paura di guardare al domani con gioia e con fiducia.

Il convegno termina ma il lavoro continua, il quadro è tracciato, la direzione definita. Forse non servono piani organici ma il compito per ogni comunità, ogni cristiano di vivere coerentemente il proprio vangelo quotidiano. Non si può rimanere ancora alle strutture del passato perché la Chiesa è sempre da riformare e solo la Parola non passa ma si apre al nuovo e conduce alla costruzione del Regno che unisce e attrae tutta la umanità e la sua storia, passata, presente e futura.

Nella città di Elia Dalla Costa, di Giorgio La Pira di Lorenzo Milani, del cattolicesimo critico e visionario ma concreto nella sua dimensione di esperienza di condivisione dell’umano, la chiesa italiana riparte più ricca e più sicura di essere al servizio di tutti, senza contrapposizioni sterili, battaglie ideologiche e la sindrome di sentirsi assediata. C’è bisogno di aprire le porte, spalancare i portali, per annunciare il dono di Dio al mondo, nella città, nei paesi in ogni ambiente dove abitare e vivere il senso più profondo dell’umano.

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