Riconciliazione e non divisione

L'intervento dei Vescovi europei sulla situazione del Continente

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Riconciliazione e non divisione

È quanto chiede il presidente della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece) cardinale Reinhard Marx che ringrazia «tutti coloro che si sono battuti a favore del progetto di integrazione europea», senza nascondersi le difficoltà: «Il pacchetto di soluzioni proposte risulta praticabile?La Greciasarà in grado di camminare di nuovo con le proprie gambe dopo aver soddisfatto i requisiti imposti? Come possiamo non perdere di vista le necessità dei poveri e degli svantaggiati?».

L’intervento è significativo e importante per tre buone ragioni. La prima è che proviene dal presidente dei 28 episcopati dell’Europa unita (Comece), mentre sono 33 gli episcopati che fanno parte del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee): con l’ingresso nell’Ue nei prossimi anni dei Paesi Balcanici (Bosnia Erzegovina, Serbia, Montenegro, Albania)la Comeceè destinata ad allargarsi: finalmente il presidente interviene sulla travagliata e difficile crisi Euro-Grecia. La seconda ragione è che il cardinale Marx è tedesco ed è arcivescovo di Monaco di Baviera e Frisinga, e quindi del Paese europeo che persegue la politica del rigore, con l’asse dei «superfalchi» cancelliera Angela Merkel-ministro dell’economia Wolfgang Schaeuble, di cuila Germaniaè capofila. La terza ragione è che Marx, arcivescovo di Monaco dal 2007 e cardinale dal 2010 (con Papa Benedetto XVI), è una figura di spicco nella Chiesa di Papa Bergoglio: è presidente della Segreteria per l’economia ed è membro del C9 (Consiglio dei 9 cardinali) che collabora con Francesco nella riforma della Curia romana.

L’intervento del presidente Comece – e non della presidenza composta anche dai tre vicepresidenti, tra i quali il vercellese mons. Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza - è datato 16 luglio 2015, è molto equilibrato ed equidistante: «Ci siamo lasciati alle spalle i lunghi giorni e le lunghe notti delle snervanti trattative. La crisi greca è stata motivo di preoccupazione non soltanto per i nostri leader politici, ma anche per ogni singolo cittadino europeo, che ha vissuto nell’incertezza di sapere se la crisi sarebbe finita con un risultato positivo». Marx ringrazia «tutti coloro che si sono battuti a favore del progetto d’integrazione europea». E aggiunge: «Nonostante i presagi sfavorevoli, tutte le parti coinvolte non hanno abbandonato la ricerca di una soluzione europea comune. Questo risultato positivo è il frutto di singoli individui il cui impegno merita un riconoscimento».

I negoziati sono stati difficili, «molto difficili» e la posta in gioco «era molto alta». C’erano motivi sufficienti per impegnarsi in uno sterile «gioco di accuse reciproche. La cosa più importante è che ora guardiamo avanti e pensiamo insieme a una soluzione comune. Il lavoro è impegnativo e può essere attuato soltanto dalla Grecia con il sostegno dei suoi partner europei. La stragrande maggioranza dei greci vuole restare nell’Ue e nell’Eurozona» e anche gli altri Stati «vogliono mantenere la Grecia nell’Ue».

Il presidente Comece non si nasconde che la soluzione rappresenta «un compromesso all’europea». In tutti i Paesi Ue l’accordo «è stato sia ben accolto che contestato. Tutti hanno interessi legittimi per un miglioramento della situazione della Grecia e perché lo sforzo comune europeo possa andare avanti». È essenziale che tutti gli europei «si concentrino sui compiti e gli obiettivi comuni» ed è indispensabile che «lavorino per raggiungerli insieme».
Il compito più urgente è ripristinare la fiducia perduta: «I pregiudizi e i luoghi comuni che caratterizzano il dialogo, acutizzati dall’atmosfera surriscaldata, devono essere decostruiti e superati. È essenziale che tutte le parti si adoperino per ripristinare la fiducia e ricreare un clima più sereno».

La Chiesa ha sempre incoraggiato l’unificazione europea, da Pio XII che nel 1945, sulle rovine e sulle ceneri fumanti della seconda guerra mondiale, afferma che la riconciliazione richiede la costruzione di un’Europa «completamente nuova, fondata sulla giustizia e sull’amore». Il cardinale Marx esprime «profonda soddisfazione per il fatto che una soluzione sia stata raggiunta dai capi di Stato e di governo».

Ma restano molti interrogativi: «Il pacchetto di soluzioni proposte è praticabile? La Greciasarà in grado di camminare con le proprie gambe dopo aver soddisfatto i requisiti imposti? Come possiamo non perdere di vista le necessità dei poveri e degli svantaggiati? Vorrei incoraggiare tutti i cittadini europei a impegnarsi per raggiungere il successo vedendolo come un’impresa comune». Le sfide sono enormi e richiedono «una strategia a lungo termine e soluzioni coraggiose e creative». La sfida più seria è «affrontare le cause strutturali della crisi». Molta strada resta da fare: «Ridurre la disoccupazione tra i giovani, condividere la preoccupazione per la sorte dei rifugiati, perseguire insieme la pace in Europa (Ucraina) e nel Vicino e Medio Oriente».

Da queste vicende bisogna imparare «la lezione»: «L’Unione europea da sola non può affrontare la vasta gamma di questioni che rientrano nelle competenze dei capi di Stato e di governo». Inoltre gli Stati devono portare avanti «un lavoro più approfondito sui fondamenti della nostra unione economica e monetaria, mentre l’Europa ha bisogno di un coordinamento politico più forte nei settori della politica economica, finanziaria e sociale». In terzo luogo è essenziale liberarsi «dalla minaccia perennemente incombente di una crisi valutaria o del conflitto sociale».

Conclude il cardinale tedesco: «Il progetto di integrazione e unità europea ha portato ai suoi popoli pace, sicurezza e prosperità. Questi successi hanno bisogno di essere protetti e condivisi da tutti. L’Europa è un progetto di riconciliazione, non di divisione». Si richiede che «tutti gli europei si uniscano in modo da portare avanti il progetto europeo mano nella mano». Oltre la questione dell’euro, si tratta di «ravvivare l’ideale europeo fissando nuovi obiettivi e un rinnovato impegno. Gli obiettivi fissati alla fondazione dell’Unione europea – sia il 25 marzo 1957 con i «trattati di Roma» tra Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi e sia il 1 novembre 1993 con «l’accordo di Maastricht» nei Paesi Bassi - «sono lungi dall’essere raggiunti. Come cristiani ci impegniamo a cooperare per trasformare questo progetto in realtà, e lo facciamo con profonda convinzione».

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