Loreto 1985 - «Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini»
La storia dei convegni ecclesiali decennali, la temperie degli anni Ottanta
«Il suo intervento, me lo ricordo bene, tutto a braccio, fu veramente magistrale. Mi sono detto: “Questo è un padre della Chiesa”. Ballestrero salvò il convegno di Loreto» su «Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini».
A distanza di trent’anni ne è sempre convinto l’arcivescovo di Torino mons. Cesare Nosiglia, terzo successore di Ballestrero, e lo disse nella Facoltà Teologica in via XX Settembre, il 3 ottobre 2013 al convegno per il terzo centenario della nascita di Alberto Ballestrero il 3 ottobre 1903. In realtà il II convegno della Chiesa italiana a Loreto (9-13 aprile 1985) «Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini» fu il capolavoro del carmelitano genovese Anastasio Alberto Ballestrero, arcivescovo di Torino e del gesuita torinese Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano.
Nitidi i ricordi di Nosiglia, che era direttore dell’Ufficio Catechistico nazionale e che era nella segreteria del convegno: «C’era divisione sull’identità e sulla presenza dei cattolici nel tessuto sociale e politico. Una spaccatura con posizioni molto diversificate. Giovanni Paolo II, con i suoi toni forti e decisi, si inserì in un contesto surriscaldato: ciascuno lo tirava dalla sua parte. Toccò a Ballestrero cercare una convergenza senza inutili e impossibili compromessi al ribasso. Completò l’opera di pacificazione - fu detto “pacificatore e timoniere” – nella successiva assemblea Cei. Ho sperimentato la sua grande umiltà, fortezza e capacità di servizio alla Chiesa».
Rispetto a Roma 1976, molte cose sono cambiate con letture diverse e interpretazioni contrapposte sul ruolo dei cattolici. Dopo le contestazioni sociali e le lacerazioni ecclesiali del Sessantotto, negli anni Settanta-Ottanta la criminalità organizzata raggiunge livelli intollerabili e l’Italia sprofonda nel terrorismo violento e sanguinario che in seguito registrerà un deciso arretramento. All’assise lauretana la Chiesa italiana giunge agitata da un confronto a tratti aspro tra e nelle comunità, tra e nelle associazioni e movimenti.
La preparazione – Presidente del comitato e del convegno è Martini; 3 vicepresidenti vescovi: Camillo Ruini (ausiliare di Reggio Emilia, Nord); Lorenzo Chiarinelli (Aquino-Sora-Pontecorvo, Centro); Benigno Luigi Papa (Oppido Mamertina-Palmi, Sud). Segretario del comitato è il segretario Cei mons. Egidio Caporello. Rispetto a Roma 1976, a Loreto 1985, Palermo 1995, Verona 2006, Firenze 2015 c’è il Comitato promotore-organizzatore con persone diverse dal vertice Cei e con il segretarioche agisce da collegamento.
Giovanni Paolo II orienta decisamente la preparazione, lo svolgimento e le conclusioni. All’assemblea Cei del 7-11 maggio 1984 rivolge una critica implicita al ruolo ritenuto troppo ampio riconosciuto ai laici: «Il convegno dovrà essere un’espressione significativa di autentica comunione. A questo fine ci si dovrà preoccupare che siano rispettate le esigenze della comunione, curando che l’episcopato abbia il posto che gli compete per istituzione divina e che ogni espressione delle molteplici realtà ecclesiali si trovi debitamente rappresentata». All’assemblea straordinaria Cei del 22-26 ottobre 1984 anticipa il comitato e traccia il programma e «le linee di fondo»: devono essere i vescovi, e non il convegno, a trarre le conclusioni; fissa la riconciliazione nella vita personale, familiare, ecclesiale, sociale-politica; chiede una rinnovata presenza dei cattolici, nella chiarezza dell’identità e nella consapevolezza della missione.
Lo svolgimento - Le giornate 9-13 aprile al Palazzetto dello sport di Loreto sono impegnative e travagliate. Si apre con una suggestiva liturgia della Parola e l’omelia di Ballestrero: «Lasciar dilagarela Parola di Dio». Le tre relazioni delineano il quadro teologico («Il cammino della Chiesa in Italia dopo il Concilio», teologo Bruno Forte); culturale-sociale («Il volto della società italiana», filosofo Armando Rigobello); pastorale («La Chiesa segno e strumento della riconciliazione», arcivescovo di Palermo cardinale Salvatore Pappalardo). Le 26 commissioni affrontano 5 àmbiti: 1) coscienza personale, luogo primario della riconciliazione; 2) mediazioni educative e riconciliazione; 3) riconciliazione nella Chiesa; 4) ministero della riconciliazione; 5) Chiesa e Paese in un cammino di riconciliazione.
La visita del Papa - A metà convegno, l’11 aprile, arriva Giovanni Paolo II. Ascolta una breve presentazione fatta da Martini e dai 5 moderatori e rivolge un discorso forte e incisivo, che lascia il segno, e tiene l’omelia alla Concelebrazione sul piazzale della basilica lauretana. Ricorda ed elogia «l’antica e significativa tradizione di impegno sociale e politico dei cattolici italiani». Parla della riconciliazione «immenso flusso di grazia e di perdono che verso di noi discende dal cuore di Cristo»; invita tutti a dare testimonianza di unità, a vivere in sintonia conla Chiesa, a operare affinché la fede «in una società pluralistica e parzialmente scristianizzata recuperi un ruolo di guida e un’efficacia trainante»; esorta a superare «la frattura tra Vangelo e cultura» senza mai «appiattire la verità cristiana o nascondere le differenze, finendo in ambigui compromessi»; impegna comunità e laici a non puntare alla potenza sociale o politica e alla visibilità mondana.
I 26 gruppi – Vi si sviluppa un vivace dibattito: rapporti conflittuali nelle Chiese locali, tra le associazioni e i movimenti; forza e debolezza della famiglia; partecipazione nella Chiesa e pluralismo culturale e politico; appartenenza «con riserva» e tensioni sul pluralismo politico e culturale.
Commiato - Ballestrero riconosce che «la fede ha collocato nella giusta dimensione e nella giusta interpretazione anche le molte differenze che abbiamo portato con noi. Non siamo Chiesa per tormentarci intorno ai piccoli fastidi della vita di tutti i giorni o alle beghe: non ne vale la pena! Siamo nati per altro. È stupendamente bello che i figli di Dio si scoprano tali e traggano da questa scoperta un’inesauribile fraternità».
Documento finale - Un mese dopo l’ assemblea Cei del 27-31 maggio 1985 discute e approva, dopo tre stesure. la nota pastorale che ripropone lo spirito e le tensioni ideali del convegno, ne raccoglie l’esperienza, ne individua il messaggio, indica «alcuni traguardi di un impegno che si inserisce nel più ampio cammino della Chiesa». Il 9 giugno 1985 appare «La Chiesa in Italia dopo Loreto». Nasce un nuovo modo di essere Chiesa, uno stile evangelico che non solo accetta ma valorizza le differenze: «È necessario che intorno al vescovo si realizzi l'unità di tutte le componenti della Chiesa locale. La vocazione e la missione dei laici, in tutta la ricchezza di possibili forme ministeriali, esige di essere riconosciuta».
Confronto 1976-1985 - Roma fu preparato e gestito con il coinvolgimento dalla base ecclesiale e con la supervisione della Cei; il documento-base fu redatto dal Comitato preparatorio e fu presentato al Consiglio permanente per l’approvazione; Paolo VI non intervenne sul convegno; i presidenti delle 10 commissioni furono assistiti da un teologo o da un esperto; le conclusioni furono discusse in assemblea. Loreto è in mano saldamente ai vescovi: la presidenza è composta solo da vescovi; il documento-base è elaborato dalla Segreteria Cei e non dal Comitato preparatorio; ai 5 moderatori si affiancano 5 vescovi che garantiscono il massimo controllo.
Il capolavoro di Ballestrero-Martini - Di fronte all’interventismo di Wojtyla, Ballestrero mette in campo la sua consumata diplomazia e la sua proverbiale saggezza per tenere dritta la barra e impedire che la barca vada a sfasciarsi sugli scogli o si areni sulle secche o sia affondata dalle polemiche. Martini è l’abile regista che usa gustose immagini bibliche: Forte «il giovane Daniele nella fossa dei leoni»; Rigobello e Pappalardo «con il bastone addolciscono le acque di Massa e Meriba»; l’assemblea «il popolo di Dio che lascia l’Egitto con le pignatte fumanti di carne e di cipolle, cammina nel deserto e continua nella “murmuratio”»; Ballestrero «la rinfrescante nuvoletta del profeta Elia»; i 200 giornalisti «i prodi di Gedeone che hanno vinto la battaglia e hanno fatto crollare le mura di Gerico suonando le trombe e battendo le pignatte».
I partecipanti torinesi – Tra i circa 2.100 partecipanti – 1.100 laici. 600 sacerdoti e religiosi, 200 religiose, 200 vescovi – i delegati torinesi sono 41: l’arcivescovo Ballestrero; il vicario generale Franco Peradotto, presidente della Commissione 14 sull’«appartenenza con riserva»; i sacerdoti, diaconi e religiosi Sergio Baravalle, Dario Berruto, Mario Bianchi, Leonardo Birolo, Gilberto Bonansea, Domenico Carena, Carlo Collo, Mario Fornero, Francesco Gemello, Mino Lanzetti, Matteo Lepori, Renzo Savarino; i laici Rinaldo Bertolino, Lorenzo Cattaneo, Domenico Conti, Giuseppe Del Colle, Attilio Gaboardi, Bruna Girotto, Mimmo Lucà, Tommaso Panero, Annalisa Rossi, Carla Rossi, Giuseppe Sordella, Rodolfo Venditti, Elena Vergani. Fra i torinesi che parteciparono ad altro titolo spiccano il prete operaio Silvio Caretto, don Vincenzo Chiarle, don Francesco Meotto leggendario direttore editoriale della Sei, Felice Rizzi, Alberto Monticone.
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