L'appello dei vescovi italiani in difesa delle comunità cristiane in Medio Oriente

Nella prolusione alla 67ª assemblea della Conferenza episcopale italiana (10-13 novembre 2014) ad Assisi il presidente cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova anche i temi della famiglia e del matrimonio omosessuale, la formazione permanente del clero e l'azione pubblica, con il bisogno di "Rifondare la politica, mettendosi in ascolto di chi soffre". 

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I vescovi ad Assisi

«C'è un progetto per eliminare i cristiani dal Medio Oriente» ed «è irresponsabile indebolire la famiglia, creando nuove figure, seppure con distinguo pretestuosi che hanno l’unico scopo di confondere la gente e di essere una specie di cavallo di troia per scalzare culturalmente e socialmente il nucleo portante della persona».

Nella prolusione alla 67ª assemblea della Conferenza episcopale italiana (10-13 novembre 2014) ad Assisi il presidente cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, affronta temi vivi: la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente; il tentativo di rendere legali le nozzegay; la formazione permanente dei presbiteri.

«Il nichilismo si aggira in Occidente, fa clima e sottomette le menti» dice il cardinale a indicare «l’assenza di scopo di risposte, la svalutazione dei valori» contro cui sprigionare nuove energie. La famiglia «è costituita da uomo e donna nel totale dono di sé ed è sorgente di futuro». E i figli «non sono oggetti a servizio dei desideri degli adulti, hanno diritto a un papà e a una mamma». Il presidente ricorda il Sinodo straordinario di ottobre sulla famiglia, ribadendo la necessità di «un’educazione affettiva incisiva e di un’adeguata preparazione al matrimonio» ed evidenziando «il desiderio di famiglia sempre vivo, specie tra i giovani».

Inevitabile il riferimento a Gaza e al Medio Oriente dopo la visita della presidenza: il presidente Angelo Bagnasco; i vicepresidenti CesareNosiglia di Torino (Nord), Gualtiero Bassetti di Perugia (Centro), Angelo Spinillo di Aversa (Sud); il segretario generale Nunzio Galantinodi Cassano all'Jonio. Il presidente chiede una soluzione internazionale equa e definitiva nel rispetto dei diritti; denuncia «il pervicace progetto di eliminare la presenza cristiana» dalla Terra Santa, dal Medio Oriente, dai  Balcani attraverso una persecuzione evidente o subdola, la connivenza internazionale e «la coscienza civile che finge di non vedere e tace di fronte a un’ingiustizia che sa di genocidio e raggiunge l'abiezione di crimine contro l'umanità. È una sconfitta della civiltà».

Il presidente Cei incita l’Italia a non scoraggiarsi e a tenere desta la speranza, nonostante il calo dell’occupazione e la rassegnazione al non lavoro: «Si sta perdendo una generazione. Che cosa sarà di tanti giovani?». Auspica la non delocalizzazione del patrimonio industriale, un maggiore sostegno alle famiglie e l’attenzione alle scuole cattoliche e ai centri di formazione professionale, che ricevono dallo Stato contributi insufficienti e in ritardo. Alla classe politica suggerisce, di fronte «alle macerie dell’alfabeto umano», di rimettere a fuoco il senso dello stare e del lavorare insieme, di «rifondare la politica come servizio».

L’assemblea elegge un vicepresidente per il Centro, il presidente della Commissione episcopale per il servizio della carità e della salute. Si svolgono comunicazioni sulla preparazione al 5° Convegno ecclesiale nazionale (Firenze, 9-13 novembre 2015), sull’Anno della vita consacrata (30 novembre 2014-2 febbraio 2016), sull’ostensione della Sindone (Torino 19 aprile-24 giugno 2015), sulla preparazione della Giornata mondiale della gioventù (Cracovia, 26-31 luglio 2016).

Nel messaggio all’assemblea straordinaria - letto dal nunzio in Italia mons. Adriano Bernardini - Papa Francesco spiega: «Voi sapete che non servono preti clericali il cui comportamento rischia di allontanare la gente dal Signore né preti funzionari che, mentre svolgono il loro ruolo, cercano lontano da Lui consolazione».

Il Pontefice evidenzia che «i sacerdoti sono santi, peccatori perdonati. La loro esistenza parla la lingua della pazienza e della perseveranza; non sono rimasti turisti dello spirito, eternamente indecisi e insoddisfatti, perché sanno di essere nelle mani di Uno che non vien meno alle promesse e la cui Provvidenza fa sì che nulla possa mai separarli da tale appartenenza. Questa consapevolezza cresce con la carità pastorale con cui circondano di attenzione e di tenerezza le persone loro affidate, fino a conoscerle una a una».

Ricorda poi che «ciascuno di noi conserva nella memoria riconoscente del cuore i nomi e i volti dei preti santi. Li abbiamo visti spendere la vita tra la gente delle nostre parrocchie, educare i ragazzi, accompagnare le famiglie, visitare i malati a casa e all’ospedale, farsi carico dei poveri, nella consapevolezza che – come dice Lev Tolstoj - “separarsi per non sporcarsi con gli altri è la sporcizia più grande”. Liberi dalle cose e da se stessi, rammentano a tutti che abbassarsi senza nulla trattenere è la via per quell’altezza che il Vangelo chiama carità; e che la gioia più vera si gusta nella fraternità vissuta».

Sì, è ancora tempo di presbiteri di questo spessore – conclude Francesco - «ponti per l’incontro tra Dio e il mondo, sentinelle capaci di lasciare intuire una ricchezza diversamente perduta. L’ordinazione li consacra per sempre uomini di Dio e servitori del suo popolo. Ma può accadere che il tempo intiepidisca la generosa dedizione degli inizi e, allora, è vano cucire toppe nuove su un vestito vecchio: l’identità del presbitero, proprio perché viene dall’alto, esige da lui un cammino quotidiano di riappropriazione, a partire da ciò che ne ha fatto un ministro di Cristo. Solo chi tiene fisso lo sguardo in ciò che è davvero essenziale può rinnovare il proprio sì al dono ricevuto e, nelle diverse stagioni della vita, non smettere di fare dono di sé; solo chi si lascia conformare al Buon Pastore trova unità, pace e forza nell’obbedienza del servizio; solo chi respira nell’orizzonte della fraternità presbiterale esce dalla contraffazione di una coscienza che si pretende epicentro di tutto, unica misura del proprio sentire e delle proprie azioni. La formazione del presbitero deve essere un'esperienza di discepolato permanente, che avvicina a Cristo e permette di conformarsi sempre più a Lui. I sacerdoti non smettono mai di essere discepoli di Cristo». Cita «il grande amore e la venerazione che San Francesco d’Assisi nutriva per la Santa Madre Chiesa Gerarchica, e in particolare per i sacerdoti, compresi quelli da lui riconosciuti come “pauperculos huius saeculi” (dal Testamento)».

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