L'Arcivescovo all'Epifania: "l'integrazione di popoli e culture arricchisce la nostra società"

Nella Messa dei Popoli al Santo Volto animata dalle diverse comunità etniche torinesi mons. Nosiglia ha rinnovato l'appello alle istituzioni a favorire, attraverso un impegno corale, politiche di accoglienza e integrazione di migranti e rifugiati ampliando le possibilità di ingresso legale in Italia

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L'Arcivescovo all'Epifania: "l'integrazione di popoli e culture arricchisce la nostra società"

Pubblichiamo il testo integrale dell'omelia che l'Arcivescovo di Torino mons. Cesare Nosiglia ha pronunciato al Santo Volto nella tradizionale Messa dei Popoli, nella Solennità dell'Epifania, il 6 gennaio:

Il divino Bambino di Betlemme è nato per tutti, nessuno escluso, e l’episodio dei Magi lo conferma con la sua carica di novità sconvolgente. Erode e i sacerdoti del Tempio, gli scribi e la gente di Gerusalemme si rendono conto che qualcosa di nuovo sta accadendo, anche se non si muovono e si limitano ad accontentarsi di conoscere le Scritture, che parlano di questo evento come di un fatto lontano nel tempo. Tanto lontano, da far ritenere che non sarebbe mai avvenuto nel corso della storia, ma solo alla fine dei tempi.

Che c’entra Dio con la nostra storia di ogni giorno? Egli ci aiuta dal cielo; noi lo preghiamo perché ci dia forza per realizzare il nostro progetto di vita, i nostri impegni ed iniziative: siamo noi uomini ad essere i protagonisti del presente che passa e del futuro che progettiamo. La sua venuta nell’Incarnazione – nel Figlio di Dio che
si fa uomo in Gesù che nasce a Betlemme – scompagina questo schema, culturale e religioso insieme, di una religione ridotta a scenario utile e interessato, ma virtuale: se Dio sta in cielo, va bene; se scende a coinvolgersi con le nostre situazioni di ogni giorno, disturba, perché va accolto e riconosciuto come un uomo che tiene il suo posto tra gli uomini; va ascoltato come uno che ha qualcosa da dire sul nostro fare, operare, lavorare, amare, progettare; va temuto da parte di chi ha potere e forza, perché potrebbe scardinare i meccanismi che regolano i rapporti tra persone e comunità. È potenzialmente un pericolo: così ha interpretato la nascita di Gesù Erode e così tende sempre a interpretare la presenza di Dio nel mondo ogni centro di potere economico, politico, culturale e sociale.
Questo è tanto più rischioso, quando Dio non si presenta come tale, con potenza e grandezza sovrumana (in tal caso ci si può sempre alleare tra poteri forti), ma si fa povero, semplice, umile come un bambino. Si potrebbe pensare: che cosa può fare un Dio così a chi detiene il potere e possiede le leve della storia e del futuro del mondo? Invece, è proprio questa la novità che sconvolge e turba Erode e i religiosi di quel tempo e continua a inquietare il potere ed i suoi grandi centri di sempre. Sembra assurdo, ma è così: sono i poveri che spaventano, perché da loro viene il rinnovamento e per mezzo di loro cambia la storia del mondo. In loro c’è lui, il Dio grande, che abbatte i potenti dai troni ed esalta gli umili.

Quando FRANCESCO D'ASSISI iniziò la sua rivoluzione silenziosa, sposando “MADONNA POVERTA'”, chi si sarebbe aspettato che la Chiesa e la società ne avrebbero ricevuto uno scossone ed un rinnovamento profondo che dura ancora oggi? Francesco, come tanti santi e sante, non ha fatto altro che seguire la stessa via dell’Incarnazione del Figlio di Dio: si è fatto povero con i poveri, innestando così nella storia la forza del Vangelo che ha scardinato i poteri forti e ha illuminato tutte le tenebre di cui essi erano portatori.

Credo, carissimi, che anche oggi possa avvenire la stessa cosa, se noi credenti, con umiltà e spirito di conversione al Vangelo, camminiamo verso Betlemme e, come i Magi, adoriamo quel Bambino divino, riconoscendolo presente nei fratelli e nelle sorelle sofferenti e poveri del nostro mondo. Ciò che ci sfida di più è proprio il lasciarci provocare dalle domande, espresse o inespresse, ma sempre reali e concrete, dei poveri, degli immigrati, dei senza fissa dimora, degli ultimi. Dobbiamo camminare con loro, perché essi sanno bene dove incontrare Dio, sanno seguire la stella che conduce a lui, sanno riconoscerlo e diventano nostri maestri di vita e di amore.

A volte rifletto, come vescovo – e vorrei che altri facessero lo stesso –, sul fatto che i Magi erano di PAESI DIVERSI, culture diverse e anche religioni diverse, rispetto a quella del popolo di Dio. Essi INTERROGANO GLI ESPONENTI DELLA POLITICA e dell’autorità e quelli della religione ed ottengono sì una risposta vera («Il Messia nascerà a Betlemme, perché così è scritto nel Libro del profeta Michea», cfr. Mt 2,5), ma non di essere accompagnati ad incontrare il Signore a Betlemme. Sarà la stella, che li precedeva, a farsi ancora guida per la loro strada. Ebbene, capita anche a noi oggi che tante persone di altre nazioni e religioni interrogano le nostre istituzioni e la nostra Chiesa, la nostra società torinese con la domanda: “Dov’è il Messia che è nato? Voi che dite di credere in lui, sapete indicarci la strada che ci permette di riconoscerlo ed incontrarlo qui in mezzo a voi?”.

Se la nostra risposta resta estranea ai loro bisogni esistenziali, spirituali ed umani, facciamo come Erode, i sacerdoti e gli scribi, non li accompagniamo al Signore, li lasciamo vagare da soli. In tal caso, forse non arriveremo mai a gustare la vera gioia di vedere il Salvatore e di adorarlo come i Magi. Se invece comprendiamo che la
loro PROVOCAZIONE ci stimola ad uscire dalla nostra paura, dal nostro PERBENISMO e paternalismo, dal nostro dare buoni consigli senza impegnarci in prima persona nel farci carico di stare con loro sulla strada della loro vita di ogni giorno, allora la loro presenza diventerà forza di cambiamento anche per la nostra fede e la renderà più sicura, gioiosa e ricca di novità.

Desidero ricordare che tutto ciò, in particolare nei confronti degli IMMIGRATI, esige passi concreti, che sono: l’accoglienza, ovvero ampliare le possibilità di ingresso legale e non respingere chi sarebbe costretto a ritornare in un Paese dove dominano la violenza, l’ingiustizia e il sopruso sui più deboli e poveri; la protezione, soprattutto di donne e bambini sottoposti a rischi di abusi, che li rendono soggetti a una vera e propria schiavitù; la promozione culturale e della formazione al lavoro, per aprire vie di inclusione sociale e permettere loro un’autonomia di vita; infine, l’integrazione nella società, per renderli attivi e responsabili e arricchirla così del loro apporto. Non possiamo infatti dimenticare che la presenza di tanti di voi, cari amici, ARRICCHISCE LA NOSTRA SOCIETA' della vostra cultura e dell’esempio che offrite di coraggio, di capacità di adattamento, di competenze ed energie da mettere a servizio della società, di spirito di sacrificio. Si tratta dunque di valori positivi di cui tutti abbiamo bisogno.
Ma, per realizzare tutto ciò, è necessario un IMPEGNO CORALE DELLE ISTITUZIONI, del mondo civile ed ecclesiale e, soprattutto, occorre essere convinti che non è solo doveroso, ma possibile, anche oggi, in un tempo segnato dalla paura, in cui tanti valutano la presenza di migranti nel nostro territorio con sospetto e timore. Per questo, si preferisce erigere muri che dividono, invece di ponti che uniscono, nell’incontro reciproco e nella comune collaborazione. A questi atteggiamenti e scelte di vita dobbiamo opporci, come credenti e persone di buona volontà, testimoniando che Cristo è venuto proprio per abbattere tutti i muri e ristabilire tra gli uomini la vera pace, fondata sulla giustizia e solidarietà fraterna. Ringrazio pertanto sentitamente quanti operano nella nostra società e nelle nostre  comunità cristiane per farsi accompagnatori di chi cerca il Signore, perché lo si può trovare nel loro amore, nella loro prossimità e solidarietà, nel loro sorriso e in una forte  stretta di mano, nel sentirsi chiamati per nome e ritrovare così dignità e speranza di vita.

Abbiamo pregato con il salmo: Egli – ovvero il Messia, il Salvatore – «libererà il misero che invoca e il povero che non trova aiuto. Abbia  pietà del debole e del misero e salvi la vita dei miseri» (Sal 71,12-13). L’Epifania è la festa di questo Dio difensore degli ultimi, che si rivela a tutti, ricchi e poveri, potenti e umili, italiani o stranieri, cristiani e non, come il Dio che salva dalla divisione e dall’indifferenza, dall’odio e dalla violenza, dalla discriminazione e dal rifiuto dell’altro. In lui c’è unità, pace e amore, perché Egli non fa differenza di persone e si incarna in ogni uomo che è, come lui, povero, solo, rifiutato e minacciato. La certezza della sua presenza deve dare speranza e coraggio a chiunque lotta ogni giorno per costruire il suo mondo, che egli ha amato e per il quale ha dato se stesso; il suo mondo, che può diventare anche il nostro, se, come i Magi, lo riconosciamo e lo adoriamo nel cuore e nella vita, confidando  solo in lui per vincere le nostre stanchezze e gli scoraggiamenti e credere nella potenza di cambiamento che è la fede e l’amore che Egli ci ha donato.

Il Signore non ci faccia mai mancare una stella, cioè una persona povera e bisognosa, che ci guida nella vita a camminare verso di lui; ma ci dia anche la consapevolezza che ciascuno di noi è chiamato a farsi stella per gli altri, affinché camminino alla nostra luce tutti coloro che incontriamo e possano compiere i passi sicuri verso una vita più serena e ricca di giustizia e di amore. Amen.
+Cesare Nosiglia

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