Francesco sulle orme di don Primo e don Lorenzo

Francesco è pieno di sorprese. Martedì 20 giugno 2017 andrà a Bozzolo, provincia di Mantova e diocesi di Cremona, e a Barbiana, provincia e diocesi di Firenze, per pregare sulle tombe di don Primo Mazzolari (1890-1959) e di don Lorenzo Milani (1923-1967) nel 50° della morte

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Francesco sulle orme di don Primo e don Lorenzo

DON LORENZO MILANI

«Non mi ribellerò mai alla Chiesa perché ho bisogno più volte alla settimana del perdono dei miei peccati, e non saprei da chi altri andare a cercarlo quando avessi lasciato la Chiesa». Bergoglio inizia da una frase, scritta da don Milani nell’ottobre 1958, il videomessaggio inviato alla presentazione dell’«opera omnia» (Mondadori). Propone «questo atto di abbandono alla misericordia di Dio e alla maternità della Chiesa come prospettiva da cui guardare la vita, le opere, il sacerdozio di don Milani». Rivela di aver letto le sue opere e ricorda «con particolare affetto “Lettera a una professoressa”».

Il priore di Barbiana, insegnante e scrittore, morto a soli 44 anni «è stato un testimone di Cristo, sempre dalla parte degli ultimi e innamorato della Chiesa anche se per le sue posizioni ha avuto qualche attrito con le autorità ecclesiastiche». Educatore e insegnante «ha indubbiamente praticato percorsi originali, talvolta forse troppo avanzati e difficili da comprendere e accogliere. La sua educazione familiare,  da genitori non credenti e anticlericali, lo aveva abituato a una dialettica e a una schiettezza che potevano sembrare ruvide e segnate da ribellione. Apprendere, conoscere, sapere, parlare con franchezza per difendere i propri diritti erano verbi che coniugava a partire dalla lettura della Parola di Dio e dai Sacramenti. Un sacerdote che lo conosceva bene diceva che aveva fatto “indigestione di Cristo”».

Don Lorenzo mantiene «le caratteristiche acquisite in famiglia, e questo gli causò qualche attrito, qualche scintilla, qualche incomprensione con le strutture ecclesiastiche e civili, a causa della sua proposta educativa, della sua predilezione per i poveri e della difesa dell’obiezione di coscienza. La storia si ripete sempre. Mi piacerebbe che lo ricordassimo come credente, innamorato della Chiesa anche se ferito, educatore appassionato». Francesco ricorda che «sognava una scuola che aprisse la mente e il cuore alla realtà. La sua inquietudine non era frutto di ribellione ma di amore e tenerezza per i ragazzi, il suo gregge. La sua era un’inquietudine alimentata dall’amore per Cristo, il Vangelo, la Chiesa. Sognava la scuola come “ospedale da campo” per soccorrere i feriti e recuperare emarginati e scartati».

Don Lorenzo a Pipetta, un suo ragazzo, giovane comunista, scrive: «Il giorno che avremo sfondato insieme la cancellata di qualche parco, istallato la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordati Pipetta, quel giorno ti tradirò, quel giorno finalmente potrò cantare l’unico grido di vittoria degno di un sacerdote di Cristo, beati i poveri perché il Regno dei cieli è loro. Quel giorno io non resterò con te, io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso». 

Lorenzo Carlo Domenico Milani Comparetti nasce a Firenze il 27 maggio 1923 da una colta famiglia borghese, figlio di Albano e Alice Weiss di origine israelita. Nel 1930 la famiglia si trasferisce a Milano. Dopo la maturità classica, si dedica alla pittura: lo aiuta a conoscere il Vangelo. Nel novembre 1942 la famiglia torna a Firenze: l’8 novembre 1943 entra in Semina­rio, il 13 luglio 1947 è ordinato prete e mandato viceparroco a San Donato di Calenzano (Firenze): fonda una scuola per giovani operai e contadini. Il 14 novembre 1954 è nominato priore di Sant'Andrea a Barbiana in montagna: fonda una scuola. Nel 1958 pubblica «Esperienze pastorali» ma il Sant'Ufflzio lo considera «inopportuno».

Nel febbraio del 1965 scrive una lettera aperta ai cappellani militari, che avevano definito l'obiezione di coscienza «estranea al comandamento cristiano dell'amore ed espressione di viltà»: rinviato a giudizio per apologia di reato e colpito dal cancro, non può presenziare al pro­cesso a Roma. Il 15 febbraio 1966 è assolto, ma la Corte d’appello condanna lo scritto. Dal luglio1966 i ragazzi, sotto la sua guida, scrivono «Lettera a una professoressa», pubblicata nel maggio 1967: muore il 26 giugno 1967.

DON PRIMO MAZZOLARI

Prima di morire il 12 aprile 1959, don Primo Mazzolari ha due intimi momenti di gioia: il 25 gennaio 1959 Papa Giovanni annuncia il Concilio e il 5 febbraio lo riceve in udienza e lo definisce «Tromba dello Spirito Santo in terra mantovana», a suggello di una «riabilitazione» iniziata dal cardinale Giovanni Battista Montini che nel 1957 lo chiamò a predicare nella «Missione di Milano». Dice il cardinale Carlo Maria Martini: «Fu profeta coraggioso e obbediente, che fece del Vangelo il cuore del suo ministero. Capace di scrutare i segni dei tempi, condivise le sofferenze e le speranze della gente, amò i poveri, rispettò gli increduli, ricercò e amò i lontani». Nasce al Boschetto, periferia di Cremona, il 13 gennaio 1890 da famiglia contadina: a 10 anni si trasferisce a Verolanuova (Brescia). Entra in Seminario a Cremona e il 25 agosto 1912 è ordinato sacerdote a Verolanuova dal vescovo di Brescia Giacinto Gaggia.

Viceparroco a Spinadesco e al Boschetto, insegnante di lettere in Seminario, nell’estate 1914 è in Svizzera tra gli emigrati italiani. Nella Grande Guerra è soldato semplice a Genova, caporale all’ospedale militare di Cremona e nel 1918-20 cappellano militare in Francia, sul Piave, nell’Alta Slesia in Polonia. Nel 1921 è parroco di Cicognara. Inflessibile oppositore del fascismo, gli squadristi sparano tre colpi di pistola alla sua finestra. Parroco dal 1932 a Bozzolo, partecipa alla Resistenza: arrestato e rilasciato, ricercato dalle SS, si nasconde.

Nel 1949 fonda il quindicinale «Adesso», che gli procura dieci richiami ecclesiastici. Collabora con il settimanale cattolico torinese «il nostro tempo» diretto da don Carlo Cghiavazza. Nel 1954 il Sant’Uffizio gli proibisce di predicare fuori diocesi e di scrivere su «Adesso». Colpito da ictus mentre predica nella Messa domenicale, muore a Cremona il 12 aprile 1959. È in corso la causa di beatificazione. Le sue opere principali sono: «La più bella avventura» (1934), «Il Samaritano» (1938), «Tra l’argine e il bosco» (1938), «La Via Crucis del povero» (1939), «Tempo di credere» (1941), «Impegno con Cristo» (1943), «La samaritana» (1944), «Il compagno Cristo» (1945), «La pieve sull’argine» (1952), «La parola che non passa» (1954), «Tu non uccidere» (1955), «La parrocchia» (1957), «I preti sanno morire» (1958). Nonostante le censure, non si sente fuori ma dentro la Chiesa.

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