Francesco al Cairo per il dialogo

Il viaggio storico di Bergoglio pellegrino di pace il 28 e 29 aprile

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Francesco al Cairo per il dialogo

Solidarietà ai cristiani copti; dialogo con l’Islam moderato; condanna del terrorismo sanguinario perché «non si può mai uccidere in nome di Dio e utilizzare il nome di Dio per giustificare la violenza è una bestemmia»» e perché «non esiste un dio della guerra»; opposizione al conflitto fra le religioni; irreversibile scelta del dialogo. Il 28-29 aprile 2017 Papa Francesco va al Cairo, messaggero di pace come Francesco d’Assisi che 800 anni fa, nel 1219, andò dal sultano Melek-al-Kamel. La storia è piena di massacri operati da chi urlava «Dio è con noi, Dio lo vuole». Oggi «le religioni siano grembi di vita e di pace».

Dal 2011 i «copti, cristiani dell’Egitto» hanno subìto 40 attentati con centinaia di vittime: è l’«ecumenismo del sangue e del martirio». Quattro mesi fa, domenica 11 dicembre 2016, al Cairo un ordigno con 12 chili di tritolo è scoppiato nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo, quartiere di Al Abasiya al Cairo. Papa Francesco intervenne subito: «Diversi sono i luoghi ma unica è la violenza che semina morte e distruzione e unica è anche la risposta: fede in Dio e unità nei valori umani e civili». Domenica delle palme, 9 aprile 2017, 40 morti e 50 feriti a Tanta e nella Cattedrale di San Marco ad Alessandria d’Egitto dove Tawadros II, Patriarca dei copti ortodossi celebrava la Divina Liturgia e si è salvato per un soffio. Francesco gli telefona, gli scrive: «Al caro fratello Tawadros, alla Chiesa copta e alla Nazione egiziana esprimo profondo cordoglio, prego per i defunti e i feriti, sono vicino alla comunità. Il Signore converta il cuore di chi semina morte e terrore». Due giorni dopo Tawadros II riceve la delegazione vaticana composta dal card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, dal nunzio Bruno Musarò e dal segretario personale di Bergoglio, il maltese don Yoannis Lahzi Gaid.

Il Patriarca Ibrahim Isaac Sidrak, primate della Chiesa copta cattolica prega che «Cristo ci consoli» e racconta: «Nel giorno delle stragi ero ad Alessandria e stavo celebrando Messa nella nostra Cattedrale, a 200 metri da quella copta ortodossa. Abbiamo sentito il forte boato dell’esplosione. La visita di Francesco è un segno importante per i cristiani e per la Nazione». Il primate cattolico considera inappropriata la strategia che si affida alla sola repressione e alla caccia agli assassini: «Dietro queste azioni diaboliche ci sono discorsi che nutrono l’odio. Il presidente al-Sisi insiste che bisogna cambiare il “discorso religioso” per tagliare alla radice i pensieri aberranti che alimentano il terrorismo. Ma non è ascoltato. Anche certi ambienti legati ad al Azhar non sono convinti della necessità di cambiare». 

«Il Papa della pace in un Egitto di pace» è il motto del viaggio. Intervistato da «Radio Vaticana» mons. Barnaba el Soryany, vescovo della Chiesa copto ortodossa di San Giorgio di Torino e Roma, dice: «Francesco ci aveva promesso la visita il 10 maggio 2013, quando ha incontrato in Vaticano il Patriarca Tawadros. Francesco è amato dal popolo nel mondo cristiano». Molti cattolici sono stupiti dalla totale mancanza di odio nella comunità copta: «Noi cristiani non dobbiamo odiare nessuno. Gli estremisti vogliono distruggere la comunità e i nostri rapporti con i fratelli musulmani».  

Al Cairo la Conferenza di pace dei tre capi religiosi – Papa Francesco, il Patriarca Tawadros, l’imam Ahmad Muhammad Al-Tayyib – riaffermerà il principio che le religioni rifiutano violenza, guerra e terrorismo». Il 23 maggio 2016 Francesco ha accolto in Vaticano lo sceicco Al-Tayyib, grande imam di Al-Azhar, università musulmana del Cairo, la più autorevole istituzione accademica dell’Islam sunnita. Sottolineano il comune impegno per la pace, il rifiuto della violenza e del terrorismo. La visita offre impulso ed energia al dialogo islamo-cristiano.

Sunniti e sciiti si combattono da 1400 anni e le guerre in Siria, Iraq, Yemen e altri Paesi musulmani nascono da queste due visioni. La storia insegna che le guerre, anche quelle religiose, sono innescate da motivazioni economiche e politiche. Sono legati dal divieto di alcol e carne di maiale. Il pomo della discordia è su chi sia e che ruolo Aabbia il «khalifa, califfo» successore di Maometto.« Muhammad, Maometto» (570-632 dopo Cristo) per i musulmani è il profeta incaricato da «Allah, Dio» a diffondere il «Corano, Parola». Tutto comincia con l’imam Hussein, considerato dagli sciiti vero erede del profeta e trucidato nel 680 in Iraq.

I sunniti sono l’80 per cento dei musulmani e sono capitanati dall’Arabia Saudita. Il nome deriva da «Sunna, tradizione dei detti di Maometto». Riconoscono Abu Bakr  «khalifa, califfo, successore» di Maometto. I pilastri del culto sono: «al-shahada testimonianza di fede; al-salah, preghiera rituale; al-zakah, elemosina; sawm, digiuno nel Ramadan; hajj, pellegrinaggio alla Mecca». Pregano con le mani congiunte all’altezza del diaframma e ripetono la formula: «Testimonio che non c’è divinità se non Dio, e Muhammad è il suo profeta»: è la frase che si legge anche sulle nere bandiere del Califfato. Celebrano due feste: «Eid al-Fitr» segna la fine del digiuno, «Eid al-Adha, festa del sacrificio» segna la fine del pellegrinaggio. Non c’è clero e l’imam guida la preghiera.

Gli Sciiti sono il 15 per cento dei musulmani e sono diffusi in Iran (90%), Iraq (55%), Pakistan (20%), Arabia Saudita (15%), Bahrein (70%), Libano (27%), Yemen (50%), Siria (15%). Il nome deriva da «Shiat Alì, partito di Alì». Riconoscono Ali successore di Maometto. I pilastri sono 10, fra cui «tawalla, esprimere l’amore per il bene; tabarra, esprimere odio per il male». Pregano con le mani parallele al corpo, davanti alle cosce e ripetono la formula: «Testimonio che non c’è divinità se non Dio, e Muhammad è il suo profeta e Ali è amico di Dio» e ripetono tre volte «Allahu akbar, Allah è grande». Festeggiano in particolare «Ashura, martirio di Hussayn. Hanno un clero organizzato e preparato in specifiche università.

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