Francesco: "Uomini e donne migranti sono in cerca di pace"

Il messaggio del Pontefice per la 51ª Giornata della pace del 1° gennaio 2018

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Francesco: "Uomini e donne migranti sono in cerca di pace"

«Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace». È rivolto ai 250 milioni di migranti e ai 22 milioni e mezzo di rifugiati sparsi nel mondo il pensiero di Francesco nel messaggio per la 51ª Giornata mondiale della pace del 1° gennaio 2018. Condanna la «retorica» largamente diffusa in molti Paesi occidentali che «enfatizza i rischi per la sicurezza nazionale o l’onere dell’accoglienza dei nuovi arrivati, disprezzando così la dignità umana che si deve riconoscere a tutti, in quanto figli e figlie di Dio. Quanti fomentano la paura nei confronti dei migranti, magari a fini politici, anziché costruire la pace, seminano violenza, discriminazione razziale e xenofobia, che sono fonte di grande preoccupazione per tutti coloro che hanno a cuore la tutela di ogni essere umano». E in Italia abbiamo anche troppi politici, troppe trasmissioni televisive e troppe ricche comunità che non vogliono gli immigrati; che seminano violenza, discriminazione razziale e xenofobia; che urlano «Prima gli italiani». Tutti dovremmo ricordare che fummo anche noi un popolo di emigranti. In un «Rapporto sull’emigrazione italiana in America» di fine Ottocento si legge: «Dopo la scomparsa degli Indiani degli Stati Uniti e l’emancipazione dei neri, sono gli immigrati italiani quelli che in gran numero rappresentano i paria dell’America».

I migranti sono «uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace» e per trovarlo «sono disposti a rischiare la vita in un viaggio che in gran parte è lungo e pericoloso, a subire fatiche e sofferenze, ad affrontare reticolati e muri innalzati per tenerli lontani», come succede negli Stati Uniti e in Europa: troppi Paesi dell’Est non solo hanno innalzato muri – proprio come fecero i comunisti sovietici – ma non accettano i «ricollocamenti», lasciando il peso degli arrivi e della prima accoglienza sulle spalle dei Paesi mediterranei, Grecia, Italia, Spagna.

Bergoglio invita ad abbracciare «tutti coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame o che sono costretti a lasciare le loro terre a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale. Aprire i nostri cuori alla sofferenza altrui non basta». Urge «un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che si aggiungono ad altri numerosi problemi, e alle risorse troppo limitate».  

I responsabili della cosa pubblica «hanno una precisa responsabilità verso le proprie comunità, delle quali devono assicurarne i giusti diritti e lo sviluppo armonico». A loro spetta un «discernimento» così da «spingere le politiche di accoglienza fino al massimo dei limiti consentiti dal bene comune, considerando le esigenze di tutti i membri dell’unica famiglia umana e il bene di ciascuno di essi». In questo modo le città, «spesso divise e polarizzate da conflitti che riguardano la presenza di migranti e rifugiati», possono trasformarsi in «cantieri di pace».   

Francesco ricorda che Giovanni Paolo II annoverò il crescente numero di profughi tra le conseguenze di «una interminabile e orrenda sequela di guerre, conflitti, genocidi e  pulizie etniche» che hanno segnato il XX secolo. Il nuovo secolo – osserva il Pontefice - «non ha finora registrato una vera svolta: i conflitti armati e le altre forme di violenza organizzata continuano a provocare spostamenti di popolazione nei confini nazionali e oltre». Nei migranti anzitutto c’è «il desiderio di una vita migliore, unito  alla ricerca di lasciarsi alle spalle la disperazione di un futuro impossibile da costruire. Partono per ricongiungersi alla famiglia, per trovare opportunità di lavoro o di istruzione: chi non può godere di questi diritti, non vive in pace». Senza dimenticare la miseria «aggravata dal degrado ambientale». 

L’orizzonte appare negativo ma il Papa argentino capovolge la prospettiva: «Tutti gli elementi di cui dispone la comunità internazionale indicano che le migrazioni globali continueranno a segnare il nostro futuro. Alcuni le considerano una minaccia. Io vi invito a guardarle con uno sguardo di fiducia, come opportunità per costruire un futuro di pace».

Indica in concreto una strategia in quattro punti per «offrire a richiedenti asilo, rifugiati, migranti e vittime di tratta una possibilità di trovare quella pace che stanno cercando»: 1) «Accogliere» richiama «l’esigenza di ampliare le possibilità di ingresso legale, di non respingere profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze, di bilanciare la preoccupazione per la sicurezza nazionale con la tutela dei diritti umani fondamentali»; 2) «Proteggere» ricorda «il dovere di riconoscere e tutelare l’inviolabile dignità di coloro che fuggono da un pericolo reale in cerca di asilo e sicurezza, di impedire lo sfruttamento», in particolare di donne e bambini esposti a rischi, abusi e schiavitù. 3) «Promuovere» nel senso di «assicurare ai bambini e ai giovani l’accesso a tutti i livelli di istruzione», di «andare incontro agli altri, coltivando uno spirito di dialogo anziché di chiusura e scontro»; 4) «Integrare» significa permettere a rifugiati e migranti di «partecipare alla vita della società che li accoglie, in una dinamica di arricchimento reciproco e di feconda collaborazione nella promozione dello sviluppo umano integrale delle comunità locali». 

Il 2018 – auspica il Pontefice - conduca alla definizione e approvazione da parte delle Nazioni Unite di due trattati globali, «uno per migrazioni sicure, ordinate e regolari; l’altro riguardo ai rifugiati». Questi accordi, proprio perché condivisi a livello globale, «rappresentano un quadro di riferimento per proposte politiche e misure pratiche». Per questo «è importante che siano ispirati da compassione, lungimiranza e coraggio, in modo da cogliere ogni occasione per far avanzare la costruzione della pace: solo così il necessario realismo della politica internazionale non diventerà una resa al cinismo e alla globalizzazione dell’indifferenza». 

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