Duecento anni fa, racconto di un'Ostensione

“Narrazione della solennità celebrata in Torino il dì 21 maggio dell'anno 1815, nella quale la Santità di Pio VII espose alla pubblica venerazione la SS. Sindone. Pubblicato in Torino presso Domenico Pane, stampatore di S. A. S. Principe di Carignano”

Parole chiave: ostensione (31), sindone (73)
Duecento anni fa, racconto di un'Ostensione

 

Così è intitolato il frontespizio di un agile e sorprendente libretto composto di 15 pagine e di una “Pianta dell'ordine di parata con cui erano schierate le Regie Truppe”. E' uno dei circa 400 titoli dedicati all'argomento Sindone presenti nel catalogo generale della Biblioteca Civica centrale e delle altre sedi del sistema bibliotecario torinese.

Il libretto riporta una relazione, scarna ma dettagliata nei particolari, sulla Ostensione della Sindone che avvenne a Torino il 21 maggio di 200 anni fa, con alcune considerazioni personali dell'estensore di questo singolare “verbale”, che si firma “Bessone per la G. Cancellaria”.

 

Quella domenica 21 maggio 1815 fu un grande giorno di festa per la Reale Casa di Savoia e per i suoi “fedeli sudditi” accorsi nella “Capitale”, “lietissimi per la venuta quasi improvvisa del Sommo Pontefice”.

Spiega il Bessone in apertura del suo racconto: “I Reali Principi della Casa di Savoia, che da quattro secoli a un di presso posseggono la preziosissima reliquia della Santissima Sindone, ebbero in costume di farla esporre alla pubblica adorazione ne' più fausti avvenimenti del Regno. Quindi allorchè riportavano segnalate vittorie, o quando Essi, o i loro Primogeniti contraevano solenni nozze, affinchè si mettesse il colmo all'allegrezza, di cui ogni petto era ripieno, soddisfacevano in questa guisa alla divozione non solo de' loro fedeli sudditi, ma altresì a quella delle straniere religiose persone, che in folla accorrevano per godere di sì commovente spettacolo”.

 

C'erano state negli anni precedenti (1804 e 1814) altre Ostensioni private della “pregiata reliquia”, ma l'ultima di una certa risonanza pubblica risaliva ormai a quarant'anni prima, il 15 ottobre 1775, in occasione del matrimonio tra Carlo Emanuele Ferdinando Maria, Principe di Piemonte e futuro re Carlo Emanuele IV, con Maria Adelaide Clotilde Saveria, Principessa di Francia.

 

Quel 21 maggio di duecento anni fa si doveva dunque tornare finalmente a festeggiare, oltre alla visita di Papa Pio VII (di passaggio a Torino durante il periodo dei “Cento giorni” di Napoleone, fuggito a febbraio dall'esilio dell'Elba), “l'anniversario del ritorno di un Re tanto sospirato”. E allora “i due Sovrani, affinchè niun giorno spuntasse più lieto sul nostro orizzonte - commenta il Bessone - determinarono di esporre alla pubblica venerazione la Sindone, in cui il Re del Cielo, dopo avere la salute del mondo operata, fu certamente involto”.

 

Il seguito del libretto è una fedele verbalizzazione dello svolgimento della giornata, un crescendo di movimenti corali ed emozioni che, come in un racconto scenografico, porta i protagonisti della giornata (la casa reale e i suoi più illustri rappresentanti, con tutto il loro corteo di truppe e guardie, autorità civili, religiose e militari) al centro dell'attenzione ed evidenzia in primo piano il “Lino Santissimo, monumento autentico e singolare - lo definisce il Bessone -  di quanto volle il Divin Redentore patire pel genere umano... Oggetto della pietà e della devozione de' nostri Sovrani, e della venerazione e dell'ammirazione de' popoli soggetti, e delle nazioni straniere”.

 

Rimane sullo sfondo, pressochè impercettibile e comunque silenziosa, la presenza del popolo e dei fedeli, “sudditi” anche in questa circostanza, insieme alla folla di “straniere religiose persone” accorse per partecipare a un “sì commovente spettacolo”. Ma nel racconto di questa ostensione non si fa alcun cenno alle modalità della partecipazione del popolo. Sembra quasi che vi debba assistere da lontano, senza disturbare o pretendere di avvicinarsi troppo a qualcosa che non gli appartiene, partecipando in silenzio e con la “ammirazione dei popoli soggetti” alla grande festa per questo “oggetto della pietà e della devozione de' nostri Sovrani”.

 

La solenne giornata dell'ostensione si svolge dunque tutta all'interno del maestoso palcoscenico della Piazza Castello, Piazza Reale e “Piazza detta di Madama”. A una prima lettura del resoconto dell'epoca, sembrerebbe più una parata militare: anche la piantina allegata al libretto localizza le posizioni di battaglioni e reggimenti, guardie del corpo e Dragoni del Re. Descrive il susseguirsi dei trombettieri, poi i seminaristi e i sacerdoti, la Corte nobile e i parroci della città, i Canonici della SS. Trinità e quelli del Capitolo metropolitano, i musici della Reale Cappella e la croce papale.

 

Il corteo si chiude con la Corte Pontificia, i Vescovi e gli Arcivescovi, il Sommo Pontefice “con mitra bianca ed abiti pontifici” che precede la Sacra Urna, “ai quattro lati della quale portavano le aste del baldacchino Sua Maestà, il Principe di Carignano, il Barone De la Tour maresciallo di Savoia, e il Conte di Roburent Grande Scudiere del Re”.

Si pervenne per tal modo - continua la descrizione del Bessone – sino al così detto Salone della guardia Svizzera...e successivamente sino al posto antico del Reale Padiglione...seguirono con torce accese l'Urna Santissima e procedettero così sino al gran salone del Reale Castello di Madama”.

 

Intanto sulla piazza sono schierate “in bell'ordine simmetrico” le truppe di Sua Maestà: le due compagnie delle Guardie del Corpo “di fronte alle due gran Logge”; ai quattro lati della piazza le truppe dei reggimenti di Torino, Susa, Pinerolo e Genova; ai lati della processione i Dragoni del Re, la Reale Cavalleria, i Granatieri di Torino, i Cacciatori della Regina.

 

Ed ecco gli occhi di tutti avidamente diretti e divotamente raccolti verso la Reliquia adorata - continua il racconto – e 'l Supremo Pastore della Chiesa, il quale, guarentito dai raggi del sole colla rossa ombrella... compartiva a tutti la celeste benedizione”.

 

E venne infine il momento dell'ostensione: pochi minuti ma di intensa solennità ed emozione, quasi a voler racchiudere in pochi attimi una lunga attesa e forse una altrettanto lunga pausa successiva. Ecco come è descritta nel racconto: “Baciò il Sovrano Pontefice la Santissima Sindone, la quale fu poi baciata da Sua Maestà, da S.A.S. il Signor Principe di Carignano e dai Vescovi. Dopo del che fu essa dal Santo Padre e dai Vescovi Romani e Piemontesi trasportata con solennissima pompa alle due logge della Piazza Castello, e baciata reverentemente da tutti coloro che si trovarono sul suo passaggio. Venne la Sacra Reliquia adorata da tutti e venerata con timoroso e riverente affetto, al rimbombo del cannone ed al suono di tutte le campane, e fu poi diligentissimamente ripiegata e riposta nell'urna, e suggellata nuovamente per mano di Sua Santità e di Sua Maestà”.

 

Il corteo quindi riparte e ripercorre il tragitto inverso per riportare l'urna con la Sindone nella Cappella Reale a lei dedicata; qui viene di nuovo depositata e richiusa “fra le azioni di grazie rendute all'Altissimo con un solenne Te Deum”.

 

L'estensore del racconto ha terminato il suo “verbale” di una giornata memorabile. Una giornata che, immagina nella sua fantasia, si farà ricordare a lungo. Tanto che gli viene spontaneo formulare un augurio finale che (un po' per simpatia un po' per solidarietà) sentiamo rivolto anche a noi: “I nostri posteri - afferma con sicurezza - all'udire che noi godemmo di sì raro e divoto Spettacolo, ci porteranno una dolce invidia: noi auguriamo loro cordialmente d'essere un giorno altrettanto fortunati”.

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