Per 11 siriani il futuro riparte da Torino

E' giunta dal Libano la famiglia ospitata al Filo d'erba di Rivalta

Parole chiave: siria (29), chiesa (665), diocesi (138), torino (730), rifugiati (30)
Per 11 siriani il futuro riparte da Torino

Mentre andiamo in stampa, un papà e una mamma siriani con i loro 9 figli stanno lasciando in pullman il campo profughi di Tel Abbas in Libano dove hanno vissuto per un anno e 3 mesi (in fuga dal 2013): prima destinazione Beirut.  Da qui con un volo dei «corridoi umanitari» promossi da Sant’Egidio, Tavola Valdese, Comunità Papa Giovanni XXIII, partiranno per Roma con altri 120 profughi. Nella  capitale, questo giovedì mattina, ad attenderli tre volontari che – espletate le pratiche burocratiche - li accompagneranno a Rivalta, presso la comunità del Filo d’Erba del Gruppo Abele dove le 6 parrocchie dell’Unità pastorale 9 – Sant’Alfonso (Torino) hanno trovato appoggio e collaborazione per poter avviare il progetto di accoglienza.

«Un progetto», spiega don Davide Chiaussa, moderatore dell’Up «che abbiamo chiamato ‘Per chi ama le sfide’ perché è nato così: una sfida all’accoglienza lanciata una sera da alcuni parrocchiani che erano stati nel campo libanese. Una sfida che dopo soltanto due riunioni di verifica e un appello lanciato una domenica a Messa nelle comunità, si è trasformata in impegno concreto che vede coinvolte a vario titolo circa 150 persone che ora aspettano di conoscere la famiglia di Abu Abdallah e di proseguire nel percorso per  aiutarli a costruirsi qui un nuovo futuro, lontano dalla guerra e dalle violenze subite».  

Era il 19 gennaio scorso quando il Polo Culturale dell’Up 9 proponeva una serata sul tema dell’accoglienza dei profughi, facendo intervenire il direttore della pastorale migranti Sergio Durando e i referenti di esperienze di accoglienza di profughi da Leinì e da Lanzo. L’esperienza di Leinì in particolare riguardava un nucleo famigliare siriano, 10 persone, accolto nel marzo  2016 dalla parrocchia e provenienti dal Libano dove per un mese Tommaso Panero e Andrea Gallo avevano condiviso l’esperienza dei volontari di Operazione Colomba.

«Quell’esperienza diretta di Tommaso e Andrea», prosegue don Chiaussa, «ci ha provocato, non potevamo restare indifferenti, e così abbiamo deciso di verificare se avevamo le possibilità per accogliere queste 11 persone che con il corridoio umanitario avrebbero potuto arrivare in sicurezza Italia; un nucleo che proprio perché così numeroso aveva già perso tante opportunità di lasciare il campo». «Abbiamo valutato», prosegue, «le forze economiche necessarie e lanciato un questionario per valutare le disponibilità, non solo economiche. In pochi giorni il numero minimo per procedere era raggiunto, restava solo il nodo della casa che stiamo ancora cercando».

Gli undici siriani grazie infatti alla collaborazione con il Gruppo Abele saranno ospiti per un periodo nella comunità di Rivalta in attesa di trovare un alloggio in affitto in Torino, dove i parrocchiani delle 6 comunità possano più agevolmente accompagnarli per i due anni previsti dal progetto nel percorso di integrazione e autonomia.

Un percorso scandito in vari passaggi che il gruppo di «Chi ama le sfide» in questi mesi ha cercato di individuare, organizzando specifiche équipes di lavoro, cercando collaborazioni con associazioni, cooperative, contatti anche con le parrocchie di Rivalta dove i più piccoli se lo vorranno potranno frequentare l’estate ragazzi… C’è il gruppo scuola che si attiverà per l’inserimento scolastico, ci sono i medici che seguiranno le pratiche sanitarie, chi si attiverà per i vari permessi e documenti. Poi l’insegnamento dell’italiano, il recupero di quando necessario per la casa…. Ci sono state due serate di formazione per conoscere meglio la situazione da cui provengono e per riflettere sul significato dell’accoglienza e ci saranno due momenti di benvenuto, a Rivalta e a Sant’Alfonso per far incontrare la famiglia, per avviare quei legami che sono alla base dell’integrazione.

«In tanti si sono resi disponibili per questa iniziativa», conclude don Chiaussa «ed è un bel segno che la disponibilità ad accogliere c’è, ma al di la del sostegno economico questa è soprattutto una sfida sul piano delle relazioni che vengono messe in gioco, dell’aiuto che passerà attraverso la vicinanza, l’amicizia, la condivisione».

Parla don Chiaussa, mentre arrivano le prime foto dei bambini e dei genitori partiti sul pullman, volti sorridenti curiosi, volti segnati anche dalle lacrime per gli affetti lasciati nel campo, per quel viaggio pieno di incognite che stanno vivendo, volti che girano già sul gruppo Whatsapp di ‘Chi ama le sfide’ in attesa degli abbracci dei prossimi giorni...

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