PASTORALE GIOVANILE

Musulmani in oratorio, parte il confronto

In viale Thovez dibattito tra don Tino Negri del Centro Peirone per il dialogo con l'Islam, sacerdoti ed educatori sull'integrazione culturale e religiosa nei centri oratoriani. Il confronto proseguirà in maniera strutturata da ottobre

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«Uno dei luoghi che più di tutti mi faceva sentire a casa, nella mia infanzia, è stato l’oratorio, punto di riferimento di accoglienza, spazio per il dialogo e il confronto, dove al centro si poneva proprio la valorizzazione delle diversità». Ad affermarlo è Fatima, giovane musulmana cresciuta all’oratorio della parrocchia San Gioacchino a Porta Palazzo.

Gli oratori nella diocesi subalpina stanno diventando veri e propri laboratori interculturali dove ogni giorno si accolgono ragazzi stranieri, soprattutto musulmani, nelle diverse attività.

In alcune zone della città ci sono oratori dove la maggior parte dei bambini e ragazzi accolti appartengono a famiglie di religione islamica: Porta Palazzo, San Salvario, Barriera di Milano, per esempio.

Tra sacerdoti, responsabili ed educatori di oratorio si aprono dunque interrogativi sulla comunità educante e l’integrazione culturale e religiosa negli oratori.

Giovedì 8 giugno presso il Centro di Pastorale giovanile in viale Thovez 45 a Torino si è tenuto un confronto fra don Tino Negri, direttore del Centro per il dialogo interreligioso Federico Peirone (via Mercanti 10 a Torino), e alcuni parroci ed educatori della diocesi, in particolare di parrocchie di quartieri multietnici.

«Durante la Settimana permanente del Clero», spiega don Luca Ramello, direttore della Pastorale giovanile diocesana, «alcuni preti hanno chiesto di condividere e confrontarsi sull’esperienza degli oratori che accolgono, durante tutto l’anno o nel periodo estivo, bambini, ragazzi e giovani musulmani».

Alcuni ragazzi che frequentano gli oratori decidono di intraprendere insieme ai propri coetanei il percorso di formazione all’animazione per diventare animatori nei centri estivi o nei gruppi formativi. Si pone dunque la  possibilità che alcuni di essi possano diventare educatori dei più piccoli. Ed ecco dunque il nodo di riflessione posto dai parroci: «come affidare a giovani musulmani l’educazione alla fede cristiana in oratorio?»

«L’oratorio», sottolinea don Tino Negri, «rappresenta da una parte uno stile educativo che prepara alla vita adulta. Nei Paesi musulmani non esistono centri di aggregazione simili, oltre alle scuole coraniche, e neanche nelle comunità islamiche torinesi. L’oratorio come luogo di frontiera è quanto mai aperto a tutti il punto di partenza per impostare un percorso di condivisione e crescita verso la vita adulta, superando barriere di sorta».

Dai sacerdoti presenti è emerso come sia fondamentale garantire un’identità forte che accoglie ma che trasmette l’annuncio del Vangelo.

È giusto, dunque, interrogarsi sui cammini di formazione di animatori, educatori e responsabili di oratori in grado di condurre insieme ai sacerdoti la comunità educante.

«Ritengo», sottolinea don Negri, «che sia possibile vivere insieme fra culture al di là dell’aspetto teologico. Se i ragazzi condividono valori come la pace, la giustizia e la libertà  in modo disinteressato è possibile affidargli alcuni servizi e mansioni all’interno della comunità lasciando ad altre figure di curare l’aspetto spirituale e di crescita vocazionale».

«È quanto mai necessario», concordano i sacerdoti presenti, «lavorare in Unità pastorali investendo tutte le energie possibili sulla Pastorale giovanile e sulle famiglie per formare gli educatori e gli operatori pastorali di domani».

Il dibattito proseguirà in maniera strutturata da ottobre con confronto fra diverse esperienze e buone prassi che sono già in atto in diocesi per strutturare linee comuni.

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