La memoria della Sindone e il venerabile Adolfo Barberis

Giovedì 4 maggio alle 18, la messa in Duomo per la festa della Sindone

Parole chiave: barberis (3), sindone (73), festa (30), venerabile (5)
La memoria della Sindone e il venerabile Adolfo Barberis

«Un amore veramente grande non soltanto ha bisogno di dare ma dà a tutti senza aspettare nulla. Amare sempre, perdonare tutto, risparmiare agli altri il più possibile, sostenere i più deboli. Ti amo, Signore Gesù».                                                                   

C’è un posto d’onore per il venerabile Adolfo Barberis e per alcune sue frasi nella galleria dei santi subalpini – dal beato Sebastiano Valfré (1626-1710) alla beata Chiara «Luce» Badano (1961-1990) – ritratti lungo il cammino percorso da milioni di pellegrini dell’ostensione (19 aprile-24 giugno 2015) nel bicentenario della nascita di Giovanni Bosco (1815-16 agosto-2015). Ci sono Giuseppe Benedetto Cottolengo, Giuseppe Cafasso, Leonardo Murialdo, Pier Giorgio Frassati fino all’ultimo beato proclamato il 2 maggio 2015 fratel Luigi della Consolata Andrea Bordino.  

                                                                                 

Particolare è il suo rapporto con la Sindone. Adolfo Barberis nasce il 1° giugno 1884. Nel maggio-ottobre 1898 si svolge l’Esposizione generale italiana e l’Esposizione di arte sacra. Il 20 maggio 1897 muore l’arcivescovo Davide Riccardi e il 26 luglio 1897 gli succede Agostino Richelmy che celebra i grandi eventi ricevuti in eredità dal predecessore: il terzo Congresso Mariano nazionale nella chiesa-santuario Sacro Cuore di Maria (4-8 settembre); l’Esposizione di arte sacra antica e moderna, Missioni, Opere cattoliche, Musica sacra, Conferenze al Valentino (aprile-ottobre).    

                                                                

L’ostensione 25 maggio-2 giugno 1898 solennizza il matrimonio dei principi Vittorio Emanuele III ed Elena Petrovich Niegos di Montenegro ed entra nella storia per le prime fotografie scattate dall’avvocato Secondo Pia. Tra gli 800 mila pellegrini c’è il 14enne Adolfo Barberis.                                                                                     

Divenuto nel 1906 segretario del cardinale Richelmy e sacerdote nel 1907, don Berberis riceve dall’arcivescovo la delega per tutto quanto riguarda la Sindone. Un incarico particolarmente delicato è trovare un luogo sicuro dove ripararla nel primo conflitto mondiale (1914-1918). Per espressa volontà di Vittorio Emanuele III la Sindonenon lascia Palazzo Reale ma trova rifugio al secondo piano interrato.   

                  

L’Ostensione 3-24 maggio 1931 avviene per il matrimonio tra Umberto II di Savoia e Maria José di Brabante. Don Barberis è presente ad alcuni eventi, come le riprese fotografiche di Giuseppe Enrie, quando rimane a lungo di fronte alla Sindone. Pensa di esaminare il retro coperto dal telo d’Olanda, e ne avanza richiesta all’arcivescovo Maurilio Fossati, ma la proposta non ha seguito. Scrive in terza persona: «Nell’ostensione del 1931 fu quasi automaticamente introdotto nel piccolo gruppo di studiosi della Sindone che ebbero la ventura di averla tra le mani durante la notte. Fu l’unico a pensare di rilevare le misure delle divine impronte. Scrisse la guida popolare per i visitatori e tenne trenta conferenze a vari ceti di uditori, numerose meditazioni e spiegazioni in Cattedrale, notevole l’ultima notte di adorazione e l’ultimo saluto alla Sindone prima della reposizione. Di singolare interesse l’aver convinto della autenticità della Sindone o almeno della serietà degli argomenti in favore, un inviato "in incognito" della Congregazione dei Riti, fino ad allora quasi ostile».       

                                                                                                                     

Nella Confraternita del Sudario prendono corpo i «Cultores Sacrae Sindonis» e il 25 giugno 1935 si riuniscono «le personalità dedite a questi studi»: mons. Luigi Benna, canonico Adolfo Barberis, don Alberto Caviglia, don Antonio Tonelli, don Antonio Cojazzi, don Giuseppe Angrisani, avv. Felice Masera, conte Carlo Lovera di Castiglione. Il 12 maggio 1938, a seguito di una discussione sollecitata da una lettera dello studioso ceco Rudolph Hynek, si propone un congresso nazionale per fare il punto sugli studi. Alle riunioni preparatorie è presente Barberis che interviene al primo congresso nazionale di sindonologia svolto a Torino nel maggio 1939 con la relazione «Le altre Sindoni».                                                                                        

Durante la seconda guerra mondiale (1939-1945) la reliquia è riparata in segreto per sette anni nel santuario di Montevergine (Avellino). Al ritorno a Torino, il canonico è tra coloro che la accolgono a Porta Nuova. Nel dopoguerra si impegna nell’organizzare il primo convegno internazionale del 1950 (1°-4 maggio a Roma, 5-6 maggio a Torino) e tiene la relazione «La devozione al Volto Santo nella storia». Nel 1959 nasce il «Centro internazionale di sindonologia» in sostituzione dei «Cultores»: anche qui Barberis gioca un ruolo decisivo, come avviene nel rinnovamento del Museo della Sindone. Partecipa alla fondazione della rivista «Sindon» e il suo nome compare sul frontespizio tra i promotori ma i suoi scritti sono piuttosto limitati. Importantissimo è il suo contributo alla divulgazione attraverso le conferenze con un’esposizione piana, lineare, essenziale, accattivante. Nella guida «Come si guarda la Sindone» suggerisce:                                                                                         

«Consigli tecnici - Per non poi rimpiangere di non aver guardato bene ci si proponga di guardare: 1) La tela: colore e grana del tessuto; 2) La figura: se ne osservi il colore generale e il colore delle singole parti, specialmente sul volto, entro la piega del gomito sinistro, sul polso, sui piedi. Guardate a lungo i negativi fotografici di persone molto conosciute: se non vi esercitate così, non riuscirete a indovinare quasi nulla. Comincerete a discernere la figura di un corpo umano; poi ne cercherete il contorno del capo, con la massa dei capelli schiacciata contro il volto. Sulla fronte distinguerete una grossa macchia che sembra colare giù. Nella parte posteriore del capo noterete le macchie fitte e più scure che girano attorno alla nuca. Sul dorso troverete tante macchiette brune: fitte sulle spalle, vanno diradandosi scendendo verso la piega del ginocchio. Una gamba è meno impressionata dell’altra, i piedi sono slogati. L’immagine è quella di un uomo che ha ricevuto tali ferite quali si leggono solamente di Cristo. Ferite alla fronte e alla nuca, prodotte dal cerchio di spine. Gonfiori al volto causati dalle percosse. Ferita grossa al fianco destro, quello della lancia. Ferite al pugnetto, non nel palmo della mano.

 

«Consigli ascetici – Sarebbe ben poca cosa guardarla con occhio di critico o con la curiosità con cui si visitano gli oggetti di un museo che destano la curiosità ma lasciano indifferente il cuore.La Sindone, dopo l’Eucaristia, è il documento più prezioso della passione. Anzi sotto l’aspetto sensibile è il monumento più impressionante».                                                                                                                                  

Dopo aver accoltola Sindone nel 1946, scrive alle suore: «Alla stazione fui così privilegiato da prendere sulle spalle la cassa che conteneva la reliquia e portarla dal treno all’automobile dell’arcivescovo assieme a tre amici. Mi si rinnovò più intensa l’emozione provata quando nel 1915 la portai via dalla Cappella per metterla al sicuro dai pericoli. Vi ebbi tutte presenti in quei momenti preziosi e, come immaginavo me al posto di Nicodemo e degli altri che portavano Gesù al sepolcro, così pensavo a voi come alle pie donne. Sapete quanto amola Sindone. Vogliatele bene anche voi e abbiatele grande devozione».                                                                                              

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