L'Arcivescovo: "Tre tappe con e per i nostri giovani"

"Maestro dove abiti?", frutto di un percorso di discernimento diocesano avviato cinque anni fa. Sul sito della Diocesi la lettera Pastorale in distribuzione nella Parrocchie e in Curia

Parole chiave: giovani (205), lettera (17), pastorale (60), chiesa (665), sinodo (46)
L'Arcivescovo: "Tre tappe con e per i nostri giovani"

Papa Francesco ha annunciato che nell’ottobre 2018 si celebrerà il Sinodo dei Vescovi sul tema «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale» e ha voluto che i giovani siano al centro dell’attenzione della vita della Chiesa. La nostra diocesi si inserisce con gioia ed entusiasmo nel percorso di discernimento di tutta la Chiesa, attingendo non solo alla sua ricca tradizione educativa, ma anche al lungo discernimento di questi cinque anni sulla pastorale giovanile diocesana. Si tratta di un articolato cammino avviato dal Sinodo dei giovani (2012-2014), benedetto dalla visita di Papa Francesco a Torino nel suo incontro con gli oratori e i giovani (giugno 2015), sintetizzato nella bozza di Orientamenti Destare la vita (ottobre 2015) e ulteriormente allargato alla fascia degli adolescenti (2016-2017).

La conclusione del cammino di riflessione sulla pastorale giovanile di questi cinque anni, con l’esigenza di presentare alla diocesi un progetto educativo, è stata oggetto dell’Assemblea  diocesana dello scorso maggio-giugno, con la partecipazione di numerosi giovani ed educatori. È stata una preziosa occasione per verificare il cammino di questi anni, per affrontare le questioni ancora aperte e per compiere insieme quelle scelte che sono più urgenti ed opportune nel servizio pastorale con e per i giovani.

Da tutto questo è nata la lettera pastorale Maestro, dove abiti?, che riassume il percorso fatto e indica vie più precise e «normative» su cui insistere. L’obiettivo è quello di integrare sempre meglio, nel territorio e negli ambiti di vita della Chiesa, il «cammino verso i giovani e con i giovani» che la nostra Diocesi sta compiendo. Voglio sottolineare, ad esempio, l’importanza che viene data alla formazione in tutte le sue dimensioni: personale e professionale, civile ed ecclesiale. Crescere nella fede deve far parte, per i giovani, di una «educazione» complessiva ad essere donne e uomini capaci di affrontare le sfide dell’oggi: è quel progetto di «umanesimo in Cristo» consolidato dal recente Convegno nazionale di Firenze del 2015. In questo contesto emerge l’indicazione precisa circa le attività in oratorio o nei gruppi giovanili, che non vanno mai separati dalla vita della comunità educante, la quale rappresenta il grembo che ha generato ciascun giovane nel Battesimo e lo nutre e sostiene nella propria crescita.

La lettera aiuta una riflessione seria e approfondita sul tema della fede in rapporto alla vita e all’appartenenza attiva e responsabile alla realtà e alla missione della comunità ecclesiale, ma anche sul tema del lavoro in rapporto alla formazione e alla professione, su quello dell’affettività e sessualità, sul servizio ai poveri, sul tempo libero, sulla comunicazione e i suoi strumenti, sullo «sballo», sulla cittadinanza. «La formazione alla vita di fede unisce strettamente fede e cultura, perché non c’è separatezza tra l’impegno di approfondire la fede e la concreta esperienza del vissuto fatto di situazioni esistenziali che orientano profondamente le scelte di ogni persona» (cfr. n. 32).

Ma vediamo ora la Lettera nel suo sviluppo: essa si snoda in tre tappe di un percorso sulla scia della chiamata dei discepoli Giovanni e Andrea, secondo il Vangelo di Giovanni (1,35-42a). La prima tappa è incentrata sul tema della ricerca («Che cosa cercate?»: Gv 1,38), propria del mondo giovanile, e del conseguente invito del Signore a seguirlo («Venite e vedrete»: Gv 1,39).

La seconda tappa è quella della dimora, dove Gesù abita oggi in mezzo a noi (ha posto la sue tende nel nostro accampamento, che è il vissuto quotidiano). Il tema della dimora (e non solo «casa») vuole sottolineare che anche oggi è possibile incontrare Gesù e stabilire con lui una relazione vera e gioiosa nella sua Chiesa. La Chiesa è dimora del Signore, perché vive l’unione a Cristo («dove sono due o tre uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro»: Mt 18,20) e la fraternità tra quanti sono suoi discepoli («amatevi come io vi ho amato»: Gv 13,34). Nella sua dimora, Gesù continua a insegnarci la via e la verità del Vangelo e ci dona la stessa vita nella Comunione eucaristica. Si affronta dunque uno dei nodi della pastorale giovanile: la partecipazione all’Eucaristia, connessa con la Parola di Dio e l’esistenza di ogni giorno nella carità. È lì che l’unione col Signore diventa unione tra quanti lo accolgono e si cibano della sua Parola e del suo Pane, diventando un corpo solo con lui e tra loro.

La terza tappa è quella dell’annuncio missionario, compito fondamentale di ogni discepolo, che deve comunicare agli altri la propria gioia per la fede in Gesù e l’appartenenza alla sua comunità. La missione fa scoprire e sperimentare ai giovani che la dimora di Gesù tra noi è anche nelle molteplici esperienze e negli ambienti della loro vita quotidiana. È lì che incontrano il Signore e debbono rivelarlo con la loro fede e testimonianza a tutti. Così, la missione è parte integrante dell’esperienza  cristiana, fin dal principio, perché ne rappresenta il Dna della fede, sia personale che collettiva come popolo di Dio. Il discepolo-missionario di cui ci parla la Evangelii gaudium è dunque costitutivo dell’essere cristiano, non un «di più» opzionale. E lo è per ciascuno e non solo per chi, in modo diretto e visibile, lo compie con le proprie scelte di vita e opere.

La Lettera ricalca poi in ogni sua tappa uno schema che aiuta a inquadrare bene il discorso e ad affrontare le scelte concrete che da esso scaturiscono. Abbiamo anzitutto la voce dei giovani stessi, con una serie di email inviate al vescovo in questi anni. Segue la risposta, che affronta i problemi o le proposte emerse e allarga il discorso al tema proprio della tappa. In questo modo, la Lettera è stata costruita a partire dai giovani stessi e dai loro reali problemi di fede e di vita. Dopo questi primi due passaggi, c’è un breve mio messaggio ai giovani e agli educatori, che li invita ad assumersi le proprie responsabilità nella comunità ecclesiale e civile. Infine, si aggiungono le conclusione emerse in questi anni dal Sinodo e soprattutto dall’Assemblea di maggio-giugno scorsi. Conclusioni che sono anche concrete proposte di lavoro nelle realtà giovanili e riguardano: i giovani in rapporto alla comunità (educatori) nella prima tappa; i giovani e la formazione alla fede e al servizio nella Chiesa (nella seconda tappa); i giovani e l’impegno missionario negli ambiti e ambienti di vita (nella terza tappa).

Ora, tocca a tutti noi fare uso della Lettera con saggezza e gradualità. Le lettere pastorali non sono un vademecum e un testo da leggere di seguito come un romanzo, ma uno strumento di lavoro pastorale con cui occorre confrontarsi e operare poi insieme secondo le loro indicazioni. Per questo, la Lettera va considerata un punto di riferimento dei prossimi anni pastorali e non può essere esaurita in questo primo. I tre capitoli vanno perciò letti e approfonditi insieme ai giovani e agli educatori, in modo che, con gradualità, si possa comprenderne i contenuti e via via attuarli nella concreta prassi pastorale.

L’Ufficio di pastorale giovanile promuoverà specifici incontri nelle Unità pastorali per la presentazione della Lettera ai giovani e per incentivare in particolare le «cabine di regia» in ogni Unità pastorale. Dopo la Lettera, si procederà all’elaborazione del progetto diocesano di pastorale giovanile, che indicherà di anno in anno gli obiettivi e i contenuti comuni su cui impostare i percorsi degli adolescenti e dei giovani.

Buon lavoro, dunque, insieme e con animo aperto al nuovo e alla speranza che lo Spirito suggerisce alla nostra Chiesa in questo momento.

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