Chiesa in cammino nel mondo per un nuovo umanesimo in Gesù Cristo

Al termine del V convegno Firenze 9-13 novembre 2015, le sintesi delle vie e le prospettive presentate dal cardinale presidente Angelo Bagnasco 

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Chiesa in cammino nel mondo per un nuovo umanesimo in Gesù Cristo

La Chiesa italiana distribuisce ogni anno 6 milioni di pasti; 500 mila poveri – «io preferisco chiamarle “solitudini» –ogni giorno si rivolgono alle Caritas parrocchiali e ai centri di ascolto per le famiglie; sparse per la Penisola operano più di 115 mila iniziative in favore di «vecchi e nuovi poveri».    

 Lo ricorda, quasi con sofferenza e improvvisando, il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale, concludendo i lavori alla Fortezza da Basso di Firenze del quinto convegno nazionale della Chiesa italiana che il 9-13 novembre 2015 ha lavorato sul tema «In Gesù Cristo il nuovo umanesimo».                                                                                                                     

 Il riferimento è fatto non per raccogliere elogi o medaglie ma per dire l’incarnazione della Chiesa italiana sulle frontiere della povertà. Bagnasco richiama «le tante povertà che caratterizzano il contesto sociale e vanno a incidere sul vissuto concreto delle persone, lasciandole ferite ai bordi della strada. L’uomo è spesso vittima delle sue fragilità spirituali e della disarmonia. È estremamente diffuso un profondo senso di solitudine e abbandono. Tanti sono spinti ad accettare come verità assolute e incontestabili che “il tempo è denaro”, con la conseguenza che non ne rimane per stare vicino agli ammalati e agli anziani; che “il valore della persona è legato alla sua efficienza”, con l’effetto di scartare o sopprimere la vita imperfetta e improduttiva; che “la qualità della vita dipende dai beni materiali”. Se manca il collante della fiducia che tiene unita la società si genera una sofferenza profonda e inespressa». 

                                                           

Il presidente Cei traccia alcune prospettive per il cammino futuro dopo le sintesi e le proposte scaturite dai 200 tavoli di lavoro dei 2.200 delegati: 10 delegati per tavolo. Bagnasco è un sostenitore convinto della via sinodale: «La Chiesa italiana ha scelto di assumere il percorso del convegno e di mettersi in gioco. Quello fatto è un cammino sinodale che ci ha fatto sperimentare la bellezza e la forza di essere parte viva del popolo di Dio». È il cammino che la Chiesa italiana ha compiuto in questi cinquant’anni successivi al Concilio Vaticano II, segnati dai convegni decennali: Roma 1976 «Evangelizzazione e promozione umana»; Loreto 1985 «Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini»; Palermo 1995 «Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia»; Verona 2006 «Testimoni di Gesù Cristo, speranza del mondo»; Firenze 2015 «In Gesù Cristo il nuovo umanesimo».                                    

Infatti il «convenire» è «divenuto preziosa tradizione di confronto e discernimento, ci aiuta a recepire le istanze conciliari, a rafforzare la testimonianza di fede e a contribuire al bene comune del Paese». Il convegno di Firenze è «un nuovo punto di partenza». Si è scelto l percorso sinodale «per mettersi in gioco in un impegno di conversione al Vangelo».                                                                                             

Papa Francesco, nel discorso rivolto martedì 10 novembre all’assemblea – considera Bagnasco - «ci ha mostrato lo spirito e le coordinate fondamentali che si attende dalla nostra Chiesa. Ci ha chiesto autenticità e gratuità, spirito di servizio, attenzione ai poveri, capacità di dialogo e di accoglienza; ci ha esortati a prendere il largo con coraggio e a innovare in compagnia di tutti coloro che sono animati da buona volontà».                                                                                                                    

Il convegno è frutto di una lunga preparazione, durata oltre due anni, e il presidente prevede che venga ripreso nelle diocesi e nelle parrocchie, negli organismi consultivi e nei gruppi, nei movimenti e nelle associazioni». Ricorda che Francesco parla di «stile sinodale» riassunto nel «camminare insieme»: «Il fondo del nostro popolo italiano è la bontà ed è l’eroismo delle nostre famiglie. Da questa consapevolezza muove il progetto educativo in questo decennio e le “cinque vie” tracciano la strada missionaria per portare a tutti il Vangelo e per ricostruire un tessuto sociale più vivibile e solidale».     

 Agli «stati generali» riuniti nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore, Papa Francesco ha ricordato: «Possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla centralità di Gesù. Solo se riconosciamo Gesù, saremo in grado di guardare la verità della nostra condizione umana». Esemplifica il presidente Cei:«Al mondo esposto al rischio dell’autosufficienza o alla tentazione di ridurre Dio ad astratta ideologia, Gesù mostra come vivere senza disperare e come reagire alle provocazioni con la forza della verità e del perdono». Le 5 vie sono «Uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare».

Sull’«uscire» il presidente spiega: «Non basta essere accoglienti, dobbiamo per primi muoverci verso l’altro perché il prossimo da amare non è colui che ci chiede aiuto ma colui del quale ci siamo fatti prossimi» sull’onda di Papa Francesco che dice: «Desidero una Chiesa lieta con il volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza».

Sull’«annunciare» chiarisce che per portare efficacemente la Parola di Dio bisogna esserne uditori attenti»: da qui scaturisce uno sguardo evangelico sulla realtà; si diviene capaci di relazioni vere, di incontro, partecipazione e condivisione».                         

 Il termine «abitare» richiama una presenza dei credenti sul territorio e nella società con stile di cittadinanza. Scandisce: «Ribadiamo che l’impegno del cattolico nella sfera pubblica deve testimoniare coerenza e trasparenza». Alla domanda di un giornalista, non nega che la Cei possa riprendere e rilanciare il trittico di documenti sociali degli Anni Novanta: «Educare alla legalità» (1991), «Stato sociale ed educazione alla socialità» (1995, «Educare alla pace» (1998). L’«educare» non è un’iniziativa sporadica ma una virtù e un’abitudine della Chiesa: «È una famiglia ed è una comunità quella che educa».                                              

Infine «trasfigurare» le relazioni interpersonali e sociali: «Il messaggio evangelico, se accolto e fatto proprio dalle diverse realtà umane, trasfigura e scardina le strutture di peccato e di oppressione, rendendoci compagni di viaggio e amici dei poveri e dei sofferenti».                                                                                                                  

Rivolgendosi alla platea dei 2.200 delegati di 25 mila parrocchie e di 226 diocesi il vertice dell’episcopato dice: «In voi vediamo il volto delle comunità cristiane disseminate nel nostro amato Paese».                                                                                        

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