Affinità e comune impegno tra Francesco e Sergio Mattarella

Incontro tra il Presidente della Repubblica e il pontefice

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Affinità e comune impegno tra Francesco e Sergio Mattarella

Alleanza per il lavoro; politiche per la famiglia; sfida dell’immigrazione e del terrorismo. Sono i temi cruciali indicati da Papa Francesco nella visita al Quirinale, il 10 giugno 2017, a Sergio Mattarella, presidente della Repubblica. Ricambia così  la visita in Vaticano di Mattarella il 18 aprile 2015.

Guarda con fiducia all’Italia, nonostante i problemi. Francesco rivolge «una memoria grata» verso padri e nonni - che «sono anche i miei» - che hanno creduto nei valori fondanti della Costituzione: la persona, la famiglia, il lavoro. Il lavoro stabile e dignitoso è l’emergenza sottolineata sia da Mattarella e sia da Bergoglio, che ribadisce l’«appello a generare e accompagnare processi che diano luogo a nuove opportunità di lavoro dignitoso. Il disagio giovanile, le sacche di povertà, la difficoltà che i giovani incontrano nel formare una famiglia e nel mettere al mondo figli, trovano un denominatore comune nell’insufficienza dell’offerta di lavoro, talmente precario o poco retribuito da non consentire una seria progettualità». Serve un’alleanza di sinergie e iniziative: «Il lavoro stabile, insieme a una politica impegnata in favore della famiglia, primo e principale luogo in cui si forma la persona-in-relazione, sono le condizioni dell’autentico sviluppo sostenibile e della crescita armoniosa».

Bergoglio elogia l’Italia perché trasforma la sfida dell’immigrazione in un’occasione di crescita, «accogliendo i profughi, salvandoli con le sue navi nel Mediterraneo e con l’impegno di volontari, parrocchie e associazioni ecclesiali. La Chiesa in Italia è una realtà vitale che vive gioie e dolori del Paese». L’ispirazione è nella «Gaudium et spes» (1965), il più importante documento del Concilio Vaticano II, che auspica collaborazione fra le comunità ecclesiale e politica. Il «nuovo» Concordato, firmato il 18 febbraio 1984, ha promosso «una peculiare forma di laicità, non ostile ma amichevole e collaborativa. Una laicità che Benedetto XVI definì “positiva”. È eccellente la collaborazione tra Chiesa e Stato in Italia, con vantaggio per i singoli e l’intera comunità nazionale. Ringrazio l’Italia per la collaborazione al Giubileo straordinario della misericordia».

Il presidente Mattarella auspica «un fronte comune» verso terrorismo e fanatismo e per il rispetto dell’ambiente: «Sappiamo di trovare nella Chiesa un valido e utile sostegno, nella consapevolezza che la reciproca autonomia non fa venir meno ma esalta la comune responsabilità». Il Quirinale reca i segni dell’attività «dei suoi predecessori». Il palazzo è divenuto sempre più in questi anni la «Casa degli italiani».

Nella delegazione vaticana ci sono i cardinali Pietro Parolin segretario di Stato, Agostino Vallini vicario di Roma, Gualtiero Bassetti presidente della Cei. La delegazione italiana è composta dal governo al completo con il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Un'icona raffigurante gli apostoli Pietro e Paolo e un fermaglio di piviale in argento sono i doni scambiati tra Bergoglio e Mattarella.

All’ufficialità cede il passo, nel cortile e nei giardini del Quirinale, la spontaneità di 300 ragazzi dalle zone terremotate. Francesco li incoraggia dopo i difficili momenti del terremoto: «Grazie di essere qui. Grazie per il vostro canto e per il vostro coraggio. Andate avanti con coraggio, sempre su, sempre su. È un’arte salire sempre. È vero che nella vita ci sono difficoltà, voi avete sofferto tanto per il terremoto. Ci sono cadute, ma mi viene in mente la bella canzone che cantano gli Alpini: “Nell’arte di salire il successo sta non nel non cadere ma nel non rimanere caduto”. Sempre su, sempre quella parola “alzati” e su!».

Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia, è colpito dalla sottolineatura della «centralità del lavoro, delle speranze per i giovani e di come la politica debba considerarlo come l’obiettivo principale. Il governo è impegnato a tutto campo». Il neo-presidente della Cei card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, osserva: «Mi sarebbe difficile immaginare un battesimo migliore con cui iniziare il servizio di presidente della Conferenza episcopale. Sono rimasto colpito dalla simmetria e complementarietà dei due discorsi a riprova di quanto, nella giusta distinzione delle rispettive competenze, ci sia uno spazio enorme di collaborazione cordiale e proficua per il bene del Paese».

Il Quirinale è la sede dei Papi fino al 20 settembre 1870 quando, attraverso la «breccia di Porta Pia» i Bersaglieri e le truppe italiane entrano in Roma, la restituiscono come naturale capitale del Regno d’Italia, pongono fine al potere temporale dei Papi. Pio IX si rifugia in Vaticano. Si apre così la «Questione romana» positivamente conclusa 59 anni dopo con la firma, l’11 febbraio 1929, dei Patti lateranensi e della Conciliazione fra Stato e Chiesa. Il 7 giugno 1929 re Vittorio Emanuele III e la regina Elena vanno in Vaticano da Pio XI a suggellare gli accordi del Laterano. Ma Pio XI non si reca mai al Quirinale.

Va sottolineata la ferrea avversione di Pio XI al nazismo. Quando il 3 maggio 1938 Adolfo Hitler è in visita a Roma, Papa Ratti si rifugia a Castelgandolfo. Prima fa spegnere le luci in Vaticano, chiudere le tapparelle delle finestre del Palazzo Apostolico, serrare i Musei Vaticani, sbarrare gli accessi alla basilica di San Pietro. Al nunzio apostolico in Italia ordina di non partecipare alle feste al Quirinale e  ai vescovi italiani proibisce di recarsi ai ricevimenti: «Qualora, in occasione della venuta del cancelliere, i vescovi ricevessero inviti per intervenire a cerimonie in suo onore, il Papa desidera che si astengano dall'accettarli».

Il primo Papa che va al Quirinale è Pio XII, eletto il 3 marzo 1939. Assente Benito Mussolini, il 28 dicembre 1939 Papa Pacelli restituisce la visita che Vittorio Emanuele aveva fatto in Vaticano il 21 dicembre. Dalla nascita della Repubblica italiana nel 1946, vanno al Quirinale i Papi Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e ora Francesco.

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