A Biella il Sefer Torah più antico d'Europa

Intervista con Amedeo Spagnoletto che ha guidato il restauro delle pergamene databili tra il 1250 e il 1271. Il rotolo con i cinque libri dell'Antico Testamento è tornato nella sinagoga della città

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È il rotolo di salmi e preghiere più antico d’Europa. E torna nella minuscola e settecentesca sinagoga di Biella come rinato. Una Torah composta da un Sefer o scriba tra il 1250 e il 1271. Tra le pieghe c’è il respiro di ottocento anni di fede. Pagine di grafia ashkenazita testimoni di gioia e sofferenze, delle fughe, delle persecuzioni, della Shoah. Pagine che trasudano momenti belli e drammi laceranti degli ebrei cresciuti nella città dei tessitori e dei lanifici. Il rotolo con i primi cinque libri dell’Antico Testamento, riavvolto su due bastoni, sembra quasi, mentre viene srotolato, la sintesi di storia e storie, di canti e lamenti: specchio di un popolo in cammino. Amedeo Spagnoletto, straordinario amanuense, ha guidato il restauro delle pergamene, la cucitura degli strappi, la sostituzione dei rattoppi, la chiusura dei fori dei tarli. Un lavoro splendido su un simbolo che ora l’analisi del Carbonio 14 dell’Università dell’Illinois consacra come forse il più antico del mondo. «Appena mi sono imbattuto nel Sefer Torah ho capito subito che poteva avere un grande valore, ma neanche io avrei mai immaginato che potesse risalire alla metà del 1200. Ho accettato il lavoro e deciso che meritava di essere sottoposto all’esame del Carbonio 14: i risultati mi hanno dato ragione».

«Quando l’ho visto, ho trovato una Torah praticamente perfetta, integra. Dopo 800 anni aveva ancora tutte le pergamene originali e intatte. La perfezione dell’inchiostro è la chiave del mantenimento. Ho accettato questo lavoro proprio perché sapevo che, dopo il restauro, il volume poteva tornare ad essere utilizzato, a differenza di quello trovato a Bologna che ha una datazione simile, ma è incompleto e inutilizzabile». E nei lunghi giorni trascorsi a restaurare cos’ha provato? «Una grande emozione. Ma dovevo usare una cautela assoluta, perché maneggiavo qualcosa di preziosissimo, anche a livello religioso. Ci sono delle prescrizioni precise e non puoi sbagliare. Il manoscritto deve essere ricollocato nella sua destinazione originale, non va modificato. Non ho riscritto nulla, ho riparato alcune lettere o imperfezioni. Questo è il mio lavoro». 

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