Non aver paura dei social media

Gestire la rete, tenere al centro le relazioni. Comprendere che si è in presenza di un nuovo ambiente. Un approfondimento su La Voce del Popolo del 1 marzo

Parole chiave: social (37), internet (8), relazione (7), comunicazione (28)
Non aver paura dei social media

I social media – face book, twitter, etc. – hanno un peso sempre più significativo nella vita di ogni giorno e non pochi interrogativi pongono soprattutto nell’ambito dell’educazione, della tutela dei diritti delle persone più deboli e del nostro modo di relazionarci. Rispetto al rifiuto netto o all’accettazione acritica, privilegiamo un atteggiamento costruttivo e propositivo vedendo nei nuovi - ormai neppure così tanto - mezzi di comunicazione di massa una opportunità educativa, tanto per chi li utilizza come per chi è chiamato ad educare alla loro utilizzazione, minori, giovani ed adulti insieme.

I social media sono un mezzo nuovo che fa cose antiche, semplicemente in modo più veloce e più amplificato; d’altro canto essi hanno elementi di criticità come la dipendenza che generano, lo scollamento dalla realtà autentica, la potenziale ipertrofia dell’ego che isola la persona in un mondo immaginario ed inesistente. Una riflessione serena ed attenta su di essi deve avere alle spalle una riflessione altrettanto serena e veritativa dei nostri atteggiamenti e relazioni sociali ed educative. I mezzi di comunicazione, infatti, sono e devono rimanere mezzi: questa la prima fondamentale attenzione. Se rimangono mezzi e non diventano fini ne possiamo avere il controllo ed una sana gestione che ne permetta un uso sano sino a diventare efficaci veicoli di valori educativi e banco di prova di assunzione di responsabilità individuali e soprattutto collettive.

Come è stato fatto notare da più parti, il clima culturale odierno tende a privilegiare una visione del mondo e delle persone strumentale, oggettivante ed oggettivabile. Tutto rischia di avere un prezzo o di essere un mezzo per ricavarne un prezzo. Talora rischiamo la dittatura del desiderio materiale che la tecnica deve realizzare nel minor tempo possibile e che è ben contenta di realizzare nel minor tempo possibile. In questo modo, però, il mezzo diventa fine, scopo, desiderio, traguardo, con conseguenze dannose. Mettendo le persone al centro, soprattutto i giovani, i media possono essere co-generatori di legami, strumenti utili per superare le barriere generazionali e mezzi per aggiornare la nostra conoscenza dei mondi che i giovani abitano quotidianamente.

Quanto ai pericoli, reali e cogenti, a cui sono esposti giovani e minori in rete a poco serve semplicemente stigmatizzarli, più utile, oltre al contrasto istituzionale, è l’opera di educazione al discernimento, alla valutazione critica delle notizie e della realtà. Ed, infine, è necessaria una maggiore presa di coscienza da parte degli adulti che il mondo che corre in rete è uno specchio del mondo reale che noi stiamo costruendo, con delle storture, ma pur sempre in linea con quanto normalmente e tradizionalmente veicoliamo. Sembra ingenuo dar la colpa alla rete del decadimento di costumi o della presenza di pericoli: la rete risponde a logiche mercantili, se esiste un prodotto è perché esiste una domanda, cambiando la domanda cioè cambiando i nostri stili di vita, riprendendo una cultura dell’umano, la rete docilmente verrà dietro.

In conclusione ritengo che sia l’umano quanto ci debba stare a cuore, il valore dei legami, il peso che esso ha nelle nostre decisioni, il significato che ad esso diamo nel produrre e scambiare cultura. La rete ci aiuti a vedere meglio le storture, la rete ci aiuti a diffondere meglio ciò che è verità, bellezza, bontà.

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