Api: nuove reti di impresa e più ricerca

Parla il presidente Corrado Alberto. L’alleanza con la scuola e l’università è strategica, come la sinergia e la valorizzare dei distretti industriali e la capacità creativa del Piemonte

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Api: nuove reti di impresa e più ricerca

Corrado Alberto sposato, padre di due figli, ha 49 anni e da due guida l’Associazione Piccole e Medie Imprese di Torino e Provincia. Legale rappresentante, con il socio Valerio Anzola della Taurocaf di Caselle Torinese – attiva nel settore della torrefazione dal 1961 –, in precedenza aveva ricoperto il ruolo di Presidente delle Pmi alimentari aderenti ad Api Torino. Lo abbiamo incontrato e intervistato.  Le Pmi sono considerate l’architrave su cui poggia il sistema economico produttivo dell’Italia. Ciononostante si sentono nella migliore delle ipotesi inascoltate. Il più delle volte bistrattate da un fisco eccessivamente gravoso, da una burocrazia soffocante e da un sistema bancario che non sempre si dimostra incline a sostenere l’economia reale. Sono le piccole e micro imprese, quelle che rappresentano oltre l’80% delle aziende nazionali e che spesso sono il vero termometro della condizione di salute del Paese.

Presidente Alberto Corrado, l’Api Torino rappresenta un numero significativo di queste attività economiche. Dal suo osservatorio come valuta la condizione dell’economia locale?

E’ innegabile che gli ultimi 8 anni hanno rappresentato livelli di sofferenza aziendale mai raggiunti dal secondo dopoguerra ad oggi. Al netto dei flussi in entrata e uscita, tra chiusure e fallimenti l’organizzazione che guido è passata dalle 3 mila imprese associate di qualche anno fa alle 2 mila attuali. Un numero impressionante! Significa che il tessuto imprenditoriale si è impoverito, ha perso un ricchezza materiale e immateriale dal valore inestimabile. Quando chiude un’impresa non si perdono solo produzione e posti di lavoro, ma va in fumo un sapere che per certi versi si può paragonare a quello contenuto in una biblioteca.

L’Italia dalla primavera del 2015 è uscita tecnicamente dalla recessione. A fine anno il pil nazionale è cresciuto del +0,6%. Come valuta questo risultato?

Direi che entusiasmarsi per uno 0,6% di crescita dopo che per anni la recessione ha fatto crollare la produzione, ridurre i consumi e aumentare il numero di disoccupati sarebbe a da irresponsabili. L’Api indubbiamente nelle proprie indagini congiunturali registra un ritorno della fiducia tra le imprese, ma la grande crisi ha scosso così in profondità la tenuta del sistema economico che oggi si ha la consapevolezza di non poter tornare rapidamente ai livelli economici di una decina di anni fa. E forse non sarebbe neanche auspicabile, visti gli scompensi che un determinato tipo di capitalismo ha generato. Anche tra gli imprenditori è sempre più diffusa la convinzione di dover abbracciare un nuovo modello di sviluppo che, ad esempio, si curi del Pianeta invece di sfruttarlo senza remore.

In concreto per Torino e per il Piemonte questo nuovo modello di sviluppo in cosa si traduce?

Storicamente questo territorio ha sempre saputo cogliere i segni dei tempi ed interpretarli in maniera pionieristica. Oggi per vincere la sfida bisogna proseguire con maggiore incisività su una via in parte già imboccata: favorire le reti d’impresa, valorizzare i distretti industriali e spingere sempre più Università e Politecnico ad una maggiore interazione con le aziende. Infatti, ricerca e sviluppo sono asset che le singole pmi difficilmente potrebbero implementare da sole. Anche sostenere il passaggio da un’economia quasi esclusivamente manifatturiera ad un’economia policentrica fatta di servizi, cultura e turismo rappresenta la strada giusta.

Spesso si dice che l’Italia non è un Paese amico dell’impresa. Negli ultimi anni però sono stati adottati provvedimenti come il jobs act, la decontribuzione per i nuovi assunti e la deducibilità, ai fini Irap, del costo del lavoro per i dipendenti a tempo indeterminato. Il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, paventa per il 2017 una riduzione dell’aliquota Ires dal 27,5% al 24%. Sta cambiando davvero qualcosa per le imprese?

Innanzitutto una riduzione dell’Ires era già stata promessa per il 2016. Ma lo voglio dire con estrema chiarezza: per noi la priorità resta l’abolizione dell’Irap, una tassa ingiusta che non ha eguali in Europa. Sicuramente negli ultimi anni qualcosa è stato fatto. Ma oggi, ad esempio, acquistando un capannone, il terreno su cui è stato edificato sarebbe ancora indeducibile per l’impresa. In Italia per aprire una srl semplificata bisogna ancora andare dal notaio, mentre a Londra basterebbe 1 pound. Jobs act e altri provvedimenti stanno portando a un reddito disponibile più certo. Anche l’occupazione è migliorata e questo sta avendo effetti sulla domanda interna, ma ancora non basta. Le imprese possono avere bisogno di un mercato del lavoro più semplice e flessibile, ma soprattutto le piccole necessitano di essere sostenute con maggiore incisività sui mercati esteri, di supporto nell’accesso ai finanziamenti europei e di condizioni migliori nel reperimento delle risorse finanziarie.

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Un’altra novità recente riguarda il rapporto scuola-impresa. Sembra che anche l’Italia abbia optato per il sistema duale e dell’alternanza. Una scelta del genere può avere ricadute positive?

Finalmente l’educazione al lavoro passa concretamente tra i banchi di scuola anche in maniera proattiva. Gli studenti oltre ad apprendere nozioni in classe, potranno fare esperienza di lavoro e di impresa direttamente in azienda. L’intuizione è felice ma va perfezionata. Mancano ancora progetti chiari e ben definiti, ma associazioni di categoria, tra cui l’api, e sistema scolastico regionale stanno già realizzando in sinergia piani che sostanziano le 300 ore di tirocinio previste dalla normativa. Però, un successo completo di questa nuova impostazione passa anche da un maggior coinvolgimento delle famiglie.

Nei prossimi anni, circa 1 miliardo di risorse fresche arriveranno in regione tramite i fondi europei. Anche questo nuovo periodo di programmazione potrebbe rappresentare n’opportunità L’Api cosa si aspetta a riguardo?

Sono risorse importanti a cui si guarda con interesse. Con l’attuale Giunta regionale ci sono stati già degli incontri. Ora dalla fase interlocutoria bisogna passare a quella più operativa. E’ necessario accelerare e muoversi rapidamente. L’auspicio è che questo denaro sia impiegato in maniera più incisiva e che possa generare quell’effetto moltiplicatore in grado assicurare uno sviluppo economico più stabile e duraturo.

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