Francia: Macron vs Le Pen, un ballottaggio per l'Europa

Domenica si deciderà il destino di uno dei Paesi cardine dell'Europa

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Francia: Macron vs Le Pen, un ballottaggio per l'Europa

Dei sistemi elettorali a doppio turno, come nel caso francese, usa dire che la prima volta si vota con il cuore, la seconda con la testa. Un detto che, in questi tempi di nazional-populismi, andrebbe corretto con la pancia al posto del cuore. In Francia vale almeno per larghe fette di elettorato, in particolare quello delle ali estreme, l’estrema destra di Marine Le Pen e la sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon.

Nel caso delle presidenziali francesi, si potrebbe anche adottare come chiave di lettura quella di un voto oscillante tra la nostalgia del passato e la speranza nel futuro, rispettivamente rappresentato – in misura diversa – dagli elettori di François Fillon, destra, e Emmanuel Macron, centro(sinistra).

Queste due chiavi di lettura tuttavia, utili per semplificare, non rendono conto di una situazione molto più complessa, nella quale entra in gioco un’altra possibile lettura binaria: da una parte i rappresentanti della politica tradizionale e dall’altra i “nuovisti”, qui rappresentati rispettivamente dalla destra e dalla sinistra insieme e dall’emergenza di un’aggregazione inedita guidata da Macron.

Comunque la si voglia leggere, ne risulta un quadro complicato che rende difficile la previsione sull’esito del secondo turno delle elezioni presidenziali il prossimo 7 maggio.

E non solo perché è difficile prevedere in quali proporzioni si formerà il cocktail tra pancia e testa, tra passato e futuro e tra vecchio e nuovo, ma soprattutto perché sembra non esistere più quel “fronte repubblicano” che nel 2002 ricompattò provvisoriamente partiti di destra e di sinistra a sostegno di Jacques Chirac, vittorioso al ballottaggio contro Jean Marie Le Pen, padre di Marine, fermato allora sotto la soglia del 18%.

L’erosione, sicuramente importante, di quel tradizionale “fronte repubblicano” è la conseguenza, tra l’altro, del crollo dei partiti tradizionali, in particolare di quello socialista, ridotto nel primo turno  a percentuali di voti ad una sola cifra.

In questa situazione è difficile – e comunque azzardato – fare previsioni sull’esito del ballottaggio. E’ abbastanza probabile che la figlia Le Pen possa almeno raddoppiare il bottino elettorale del padre nel 2002, fino a raggiungere e forse a superare la soglia del 40% e di lì vedere il traguardo della presidenza, oltre il quale molto cambierebbe in Francia e in Europa.

La contrasta un personaggio inedito nel panorama politico tradizionale francese: il giovane (49 anni) Emmanuel Macron, ex ministro con Hollande, smarcatosi dal Presidente in tempo per non andare a fondo con il partito socialista e affacciatosi nella contesa presidenziale da appena un anno, senza un suo partito alle spalle e con un programma elastico, se non ambiguo, molto più al centro che non a sinistra, sempre che queste collocazioni abbiano ancora un senso.

Una vittoria di Macron, soprattutto se di misura, non assicurerebbe comunque alla Francia sicure condizioni di governabilità. Ne daranno probabilmente la prova le elezioni legislative di giugno, dalle quali dipenderanno le possibili maggioranze per il futuro inquilino dell’Eliseo.

Per l’Unione Europea una vittoria di Macron sarebbe senz’altro la benvenuta, ma non basterà. Anche perché molto dipenderà ancora dal voto tedesco a settembre e, per quello che può contare, dal voto non più molto lontano dell’Italia.  

 

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