Riforma Costituzionale, la svolta e i dubbi

Nei giorni del Referendum sulle Trivelle e la scomparsa del leader carismatico del Movimento Cinque Stelle Casaleggio, l'approvazione della riforma da confermare o bocciare in autunno

Parole chiave: parlamento (19), democrazia (17), costituzione (22), politica (133), italia (221)
Riforma Costituzionale, la svolta e i dubbi

Saranno mesi di fuoco quelli che ci porteranno alla data di ottobre che sarà scelta per convocare alle urne gli italiani per il referendum confermativo della Riforma della Costituzione approvata il 12 aprile scorso. Per quanti appelli si possano fare all'equilibrio (né una svolta «epocale», né «un attentato alla democrazia») i fronti contrapposti per il «Si» e per il «No», che da tempo scaldano i motori (per non parlar di armi) hanno tutta l'intenzione di giocare una partita molto importante: ossia quella che vede la legittimazione politica del leader assurto a ruoli apicali di potere senza passare dalla prova massima delle elezioni.

Non dovrebbe essere questa la posta in gioco (la riforma del nostro impianto istituzionale è comunque di grande portata, e sull'oggetto bisognerebbe mantenere la discussione), ma è così. Renzi ha forzato, ha voluto a tutti i costi questa riforma che porta in dote: stravolgimento e riduzione di ruolo e composizione del Senato con attribuzione della funzione di rappresentanza delle autonomie territoriali, e sottrazione di potestà legislativa e di indirizzo sull'operato del governo (fine del bicameralismo paritario); riequilibrio nei rapporti tra competenze regionali e statuali; abolizione province e Cnel; alcune modifiche a referendum e iniziativa di legge popolare.

E questo è – in estrema sintesi - il merito della questione (oltre alla riforma elettorale, l’Italicum, ad essa indirettamente – ma non troppo – connessa). Ma la questione politica generale, con toni ultimativi, rimarrà sullo sfondo. Perché in fondo è vero: come ha scritto Ezio Mauro su «Repubblica» del 12 aprile, il referendum ha il compito (sia quello confermativo, per il quale non v'è bisogno di quorum per l'approvazione e quello abrogativo che invece lo ha) di «verificare la saldatura tra il popolo e la sua rappresentanza parlamentare» (citando il costituente Costantino Mortati). Ma la verifica, nei prossimi mesi, sarà ancora più grande: quella di capire se i cittadini italiani hanno ancora a cuore le istituzioni del proprio paese.

Ergo, la democrazia. Per questo sarebbe un grande risultato – a prescindere, si potrebbe dire – se associazioni, circoli, sezioni, gruppi attivassero un vasto processo di discussione, di informazione, di conoscenza e di dibattito che costituirebbe «un'integrazione dell'offerta politica e dei processi decisionali, che in tempi di disaffezione non è poco» (Mauro). Sì, anche correndo qualche rischio di tensioni in famiglia, qualche inimicizia postuma, qualche incomprensione: perché sarebbe un grande effetto indotto di riforma che - se fatto con serietà - favorirebbe l'impresa più difficile di riabilitazione in questi tempi: quella della politica. Avremo tempo di parlare nel dettaglio, sul se e sul come.

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