La terra dei fuochi? La causa non è al Sud

Don Patriciello sull'Enciclica Laudato Sii negli incontri dell'ottobre missionario della Diocesi di Torino a Santa Rita 

Parole chiave: terra dei fuochi (2), campania (2), patriciello (1)
La terra dei fuochi? La causa non è al Sud

Noi torinesi, anche se ormai sono pochi sotto la Mole a vantare antenati venuti alla luce al di qua del Po, non siamo abituati a sentirci dire in modo diretto, colorito da gestualità e battute in vernacolo napoletano che la causa dei mali del Sud Italia siamo anche noi. Se poi a spiattellarci queste verità è un prete di frontiera come don Maurizio Patriciello, che ogni giorno rischia letteralmente la vita perché ha smascherato le origini del malaffare che governa il fenomeno della «Terra dei fuochi» allora siamo ancora più spiazzati. È accaduto giovedì 22 ottobre, presso l’affollato teatro della parrocchia Santa Rita da Cascia: il parroco di Caivano, paesone dell’entroterra napoletano, al centro delle cronache per i roghi di rifiuti tossici (i «fuochi»)  che ammorbano il territorio e fanno schizzare in alto i livelli di mortalità delle popolazioni, è stato invitato dal Centro missionario diocesano a portare la testimonianza nell’ambito del ciclo di incontri su  «Una Chiesa dalla parte dei poveri».

E l’incontro, sul tema dell’enciclica di papa Francesco Laudato Si’, non poteva avere protagonista più azzeccato. «Non sono mai stato un’ambientalista militante – ha detto don Patriciello - introducendo la sua lettura all’Enciclica -  ma credo che non ci siano due crisi separate, una ambientale e l’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale e papa Francesco nella Laudato Si’  ci illustra come Dio è amante della vita e che è sempre presente nella natura: per quello ognuno di noi, e soprattutto noi credenti, dobbiamo sentirci responsabili della natura». Di qui l’impegno di don Patriciello, venuto all’onore delle cronache per la sua denuncia dell’illegalità dietro la gestione dei rifiuti nel nostro Paese che non riguarda solo il Sud Italia.  Ed ecco quello che fa don Maurizio nella terra dei fuochi: aiuta la sua gente a prendere coscienza che lottare per una vita migliore, per salvaguardare il creato significa anche controllare il potere politico per contrastare i danni ambientali. Il pensiero di don Maurizio si può seguire su facebook e sui suoi apprezzati articoli su Avvenire. «Non possiamo permettere a nessuno di continuare a ingannare la nostra gente - Occorre che prenda coscienza che non è normale vivere in una terra che è diventata una discarica nazionale:  e la Chiesa, noi preti, dobbiamo essere stimolo perché con le armi della ragione e della volontà, dell’ onestà e della trasparenza si dica no all’illegalità, a coloro che dall’alto sfruttano la camorra. Per questo chiamo a raccolta i buoni, i disperati, gli  ammalati di cancro e di leucemia. Gli ‘orfani’ di genitori, figli, fratelli, amici morti perché viviamo tra i rifiuti. Basti pensare che i nostri ospedali hanno dovuto attrezzare  ludoteche per i bimbi che hanno entrambi i genitori malati e non hanno nessuno a casa che possa badare a loro…».

E allora ha proseguito don Patriciello – rispondendo al vivace dibattito – le direttrici che suggerisce papa Francesco  per la soluzione della tutela del nostro pianeta richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura. La protezione dell’ambiente dovrà costituire parte integrante del processo di sviluppo e non potrà considerarsi in maniera isolata».

Ma poiché questa enciclica - come è stata definita da più parti sia interne alla Chiesa, che nel mondo laico - è un manuale, un trattato di ecologia integrale e in alcune parti pure difficile ha bisogno ha bisogno uomini e donne che traducano ciò che dice il papa in «buone pratiche». Ed ecco l’opera di coscientizzazione di don Maurizio, l’opera educativa delle nuove generazioni a dire no all’illegalità: «buone pratiche» in un ambiente devastato e invivibile come quello dove si trova la sua parrocchia che sorge in una zona degradata  di Caivano – sembra quasi una beffa – che si chiama Parco Verde».

«La società – ha continuato don Patriciello parafrasando la Laudato Si’ - attraverso organismi non governativi e associazioni intermedie, deve obbligare i governi a sviluppare normative, procedure e controlli più rigorosi: se i cittadini non controllano il potere politico nazionale regionale, municipale neppure è possibile un contrasto dei danni ambientali. C’è bisogno di sincerità e verità nelle discussioni scientifiche e politiche, senza limitarsi a considerare che cosa sia permesso o meno dalla legislazione. Basti pensare che fino ad un anno fa i reati ambientali non erano ‘penali’ ma venivano sanzionati solo con contravvenzioni». Ed è proprio grazie anche all’azione di «disturbo» e di denuncia messo in atto dal movimento spontaneo sorto attorno a don Patriciello che ora chi commette un reato ambientale (come ad esempio interrare fusti di rifiuti tossici) finisce in galera. Anche se il quadro illustrato da don Maurizio sulle infiltrazioni della malavita nel traffico dei rifiuti del nostro paese lascia sgomenti anche per le connivenze tra potere e mafie. Che fare allora? Arrendersi? Far finta di non vedere finchè  la terra dei fuochi non si estende fino alla pianura Padana? 

«Non tutto è perduto - incoraggia don Maurizio - perché gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all’estremo, possono anche superarsi, ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi, al di là di qualsiasi condizionamento psicologico e sociale che venga loro imposto. Sono capaci di guardare a se stessi con onestà, di far emergere il proprio disgusto, di intraprendere nuove strade verso la vera libertà. Ma non devono essere solo i camorristi a pentirsi perché il sistema di illegalità nel nostro Paese venga sconfitto».

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