Regione: la lunga attesa di Sergio Chiamparino

Il 9 luglio, l’udienza del Tar del Piemonte sulla vicenda delle "firme false"

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Regione: la lunga attesa di Sergio Chiamparino

É fissata per il 9 luglio, il prossimo giovedì, l’udienza del Tar Piemonte sulla vicenda delle cosiddette firme false nella presentazione delle liste regionali del Partito democratico a sostegno della candidatura di Sergio Chiamparino, uscito vincitore dalle elezioni del 2014. A seconda del pronunciamento del Tribunale amministrativo regionale, proseguirà o meno l’attuale consiliatura regionale, poiché Chiamparino ha esplicitamente affermato di «non volere ombre sul proprio mandato», cioè di non essere disponibile a rimanere in carica come presidente della Regione, qualora il Tar dovesse ritenere fondati i motivi del ricorso e proseguire nell’accertamento delle irregolarità commesse nella raccolta delle firme necessarie per creare le liste a sostegno della sua candidatura. A poco più di un anno dal termine della analoga vicenda, che aveva visto protagonista l’ex presidente della Regione, Roberto Cota (Lega Nord), Chiamparino non vuole ripetere l’iter della precedente consiliatura, costretta a lavorare in parallelo alla vicenda giudiziaria delle firme poi riconosciute irregolari.

Com’è noto, l’attuale vicenda giudiziaria parte dal ricorso presentato nel luglio 2014, esattamente un anno fa, dalla ex consigliera provinciale della Lega Nord, Patrizia Borgarello, che aveva sollevato al Tar motivi per annullare l’atto di proclamazione degli eletti delle consultazioni regionali dell’anno scorso. Il motivo principale del ricorso, e l’oggetto del contendere ancora oggi dopo il rigetto di alcuni dei motivi di impugnazione, è la validità delle firme delle liste a sostegno di Sergio Chiamparino e la loro autenticazione.

Qual è ora il compito del Tar? Pronunciarsi sull’autenticità delle firme e sulla autenticazione delle stesse sottoscrizioni operata da iscritti al Partito democratico. Per esaminare la questione i giudici hanno disposto l’acquisizione degli atti della procedura elettorale e delle «copie autentiche degli atti di raccolta delle firme contestate a Torino dal consigliere provinciale Pasquale Valente» (il quale ha disconosciuto una parte delle firme che gli vengono attribuite come autenticatore), cioè degli atti più controversi all’esame dei giudici amministrativi.

Secondo gli addetti ai lavori, gli scenari possibili il 9 luglio, con diversissimi gradi di probabilità, sono quattro. L’immediata piena ragione ai ricorrenti e il rinvio immediato alle urne è valutato solo come caso di scuola, impossibile a verificarsi nella realtà, mentre il più probabile tra i competenti osservatori della vicenda dal punto di vista tecnico è quella che il Tar rinvii la questione di qualche mese, per esaminare tutti i documenti ricevuti. I giudici potrebbero dare invece ragione al Partito democratico per inutilità del ricorso, nel caso che, anche alla luce della presenza di firme non regolari, il loro numero non sia sufficiente ad invalidare la presentazione corretta della lista, oppure disporre la querela di falso, cioè disporre gli atti per accertare le effettive irregolarità, anche ulteriori rispetto a quelle segnalate dai ricorrenti al Tar. Quest’ultima opzione è quella che spingerebbe Chiamparino alle dimissioni e al ritorno al voto, forse già nell’autunno di quest’anno, per evitare le secche (e gli inevitabili tempi lunghi) di una causa civile.

Si tratta di uno scenario poco desiderabile a detta di molti rappresentanti politici del Pd dopo solo un anno di governo regionale, nel quale la Giunta e il Consiglio hanno preso anche decisioni impopolari. Ma nel caso si ripresentasse alle nuove eventuali elezioni come candidato, secondo autorevoli consiglieri di palazzo Lascaris, Sergio Chiamparino sarebbe il candidato unico del Partito democratico, escludendo la paventata staffetta con il sindaco di Torino, Piero Fassino.

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