Il tramonto dei nipotini di Gramsci e Gobetti

Radiografia del capoluogo subalpino dopo l’annuncio della visita di papa Francesco, il prossimo 21 giugno 2015: l’attuale riqualificazione urbanistica e culturale

Parole chiave: Torino (730), cultura (48), gramsci (1), gobetti (1), intellettuali (1)
Torino dall'alto

«Monocultura», questo il termine utilizzato per lungo tempo parlando di Torino: una città in cui si è affermata la presenza dominante della Fiat, la quale ha sicuramente costituito, per certi aspetti, un modello di sistema industriale, ma ha soprattutto determinato la scansione dei tempi della vita, un principio di organizzazione gerarchica, una visione dominante dei problemi sociali, urbanistici, ambientali della città e del territorio. 

Ci si chiede come sia cambiata Torino, nella sua dimensione culturale, negli ultimi decenni, se è ancora dominata dalla visione laicista, del Partito d’Azione, del liberalismo di sinistra oppure se si è prodotto un certo pluralismo se non addirittura un avvicendamento dal punto di vista ideologico o dei valori. Preferisco pensare a questa città, che da cinquant’anni è diventata anche la mia, compiendo una sorta di switch mentale. Non sono un abitante di Torino, ma un turista, anzi un visitatore, la attraverso facendomi sollecitare da qualche punto di attrazione: sono nel centro storico e in pochi colpi d’occhio passo dal Museo Egizio al Teatro Regio, dall’Università al Museo del Cinema alla sede Rai, dal Museo di Arte orientale al Cottolengo all’Arsenale della pace, dal Duomo al polo archeologico. Ho sicuramente delle impressioni molto favorevoli.

Molto davvero è cambiato da quando il libro aveva incontrastata centralità e a Torino, accanto a Giulio Einaudi Editore, si presentavano case editrici scolastiche come Sei, Paravia, Lattes. Per me è inevitabile ricordare che il giovane autore di «San Francesco, il lupo, i segni», il sottoscritto, veniva accolto nello staff dell’«Enciclopedia» diretta da Ruggiero Romano e nelle memorabili riunioni del mercoledì insieme a protagonisti intellettuali e a dirigenti di alto profilo, tutti o quasi tutti espressioni di un’altra «monocultura», quella del pensiero gobettiano e gramsciano, rivitalizzato dall’opera di scrittori immaginifici come Italo Calvino. 

La perfetta corrispondenza, l’incontestabile equivalenza della cultura con le appartenenze religiose, politiche o filosofiche può risultare persino mortificante. Chi è persona davvero libera e consapevole si deve augurare che la cultura e l’educazione, sviluppate in ambito cattolico, non siano costrette alla difensiva, che siano còlte nella forza del loro impegno, nella chiarezza della loro ispirazione, senza fraintendimenti strumentali.

leggi l'articolo integrale sull'edizione de Il nostro tempo del 16 novembre 2014

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Cultura e società

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