Venaria oltre la Reggia, il disagio delle periferie

Città Metropolitana/11 – ad ottobre i dieci anni della residenza sabauda, ma fari puntati anche sulla riqualificazione dei quartieri. Intervista al Sindaco, Roberto Falcone. Imponente il lavoro delle parrocchie di Venaria verso le periferie giovanili, in particolare i «Neet». 

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Venaria oltre la Reggia, il disagio delle periferie

di Davide Aimonetto 

Quando si parla di Venaria Reale, o meglio della «Reale», come sempre più spesso le cronache fanno riferimento, il pensiero corre a quello straordinario complesso sabaudo: la Reggia di Diana, residenza di caccia per i Savoia, oggi polo culturale e turistico che fa da quinta naturale ad un centro storico concepito e realizzato per secoli in funzione di questo luogo di piaceri e delizie. Un sito culturale, definito patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Visitato ogni anno dai 500 ai 700 mila turisti.

Ma Venaria non è solo questo, come sottolinea il sindaco della città, Roberto Falcone. Venaria è anche grandi quartieri periferici, cresciuti fra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. Caseggiati popolari che hanno finito per caratterizzare sul piano toponomastico alcuni territori come le Gescal, le case Snia. Insomma tante realtà, che faticano a convivere con quel centro barocco che ospita la residenza sabauda.

 

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Sindaco Falcone, le periferie come vivono il rapporto con il centro città? L’enorme flusso turistico che visita ogni anno la Reggia ha delle ricadute occupazionali sul territorio?

Noi abbiamo due grossi poli di attrazione turistica: il primo è la Reggia di Diana; l’altro è lo stadio della Juventus che, sebbene sia nel territorio di Torino, è confinante con Venaria. La Reggia di Venaria è vissuta quasi con un conflitto di amore-odio con il resto della città. Come succede per i siti di questo genere collocati in un contesto urbano. Mi riferisco, ad esempio, agli anziani che ancora definiscono la Reggia con il termine «Castello». Da giovani i ragazzi di Venaria sono cresciuti all’interno del Castello, quando era ancora accessibile perché diroccato, e quindi avevano scelto la Reggia per i loro giochi... Ad un certo punto, però, le cose sono cambiate. Nel 2006, quando sono iniziati i lavori di ristrutturazione, la Reggia si è completamente coperta di ponteggi. È sparita per ricomparire nel 2008 come un bellissimo ‘Castello di Cenerentola’. Però con un grande cancello in ferro e, quindi, inaccessibile. E da lì è nata questa parte di conflitto. La cittadinanza, che ha ancora avuto piacere di ‘viverla’ dall’interno, ha provato questo distacco, mentre per gli altri è vissuta con meraviglia e stupore. Indubbiamente il passaggio di questi 500-700 mila visitatori all’anno ha un impatto sulla città, ancora però molto limitato ad una parte del centro storico. Stiamo lavorando per creare un unicum fra Reggia, Parco della Mandria e tutto il centro storico.

Venaria non è solo Reggia e centro storico, ma anche le cosiddette case Gescal con il loro carico di disagio sociale e quartieri che si fondono senza soluzione di continuità con altri quartieri periferici di Torino. La sua amministrazione cosa fa per queste realtà?

Queste realtà abitative sono il frutto di una pianificazione che risale agli anni Settanta, tesa a dare delle risposte all’emergenza abitativa. Abbiamo addirittura case popolari che si affacciano sulla Reggia. Come amministrazione quello che stiamo cercando di fare, anche a seguito dei bandi per lo sviluppo delle periferie, è di portare e incrementare i livelli di sicurezza sulle periferie e di implementare i servizi, tipo i giochi per i bambini, gli interventi sulle scuole. Abbiamo previsto varchi elettronici per controllare l’afflusso nella città. Ed il recupero di aree verdi, di gioco per i bambini, con l’abbattimento delle barriere architettoniche per disabili. Saranno interessati cinque quartieri di Venaria: Centro storico, Salvo D’Acquisto, Gallo Praile e Rigola, ciascuno di questi sarà dotato di un’area gioco preminente su cui investiremo. E altre venti aree circa sparse sul territorio. L’obiettivo è quello di migliorare la qualità della vita quotidiana dei cittadini.

Quali politiche sociali e di assistenza ha messo in campo il Comune?

Chi viene a parlarmi ogni giorno in Comune mi prospetta problemi sociali, derivanti sostanzialmente dalla carenza di lavoro. La mancanza di lavoro genera e innesca tutti gli altri processi, che sono l’emergenza abitativa, le bollette inevase. Su questo noi ci siamo mossi mettendo sul bilancio circa 2 milioni di euro a favore delle politiche sociali e attivando tutti i servizi per consentire alle piccole imprese di aprire delle realtà occupazionali, attraverso il microcredito. Fondamentale, in questo senso, la collaborazione con la Fondazione Operti. Come Amministrazione possiamo tamponare questi problemi in modo molto limitato. Però monitoriamo attentamente le problematiche presenti sul territorio attraverso il consorzio socio-assistenziale. Ad esempio attraverso forti riduzioni sulle bollette dei rifiuti per le classi sociali più disagiate.

Venaria a livello parrocchiale presenta un’Unità pastorale molto coesa, caratterizzata da molte iniziative promosse dalle realtà salesiane, come sono i rapporti fra Comune e parrocchie?

Devo dire che sono ottimi. Abbiamo un rapporto costante, soprattutto con le parrocchie del centro città. È molto presente il Cav, la Caritas che ci dà una grossa mano per aiutare le famiglie più bisognose attraverso le buste della spesa. Le suore Vincenziane danno un contributo di sussidio a chi non riesce ad arrivare a fine mese. Ognuno cerca di fare la propria parte, siamo in costante dialogo.

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Oratori in campo per i "Neet"

di Stefano Di Lullo

È imponente il lavoro delle parrocchie di Venaria verso le periferie giovanili, in particolare i «Neet». Il fenomeno dei «ragazzi parcheggiati» che né studiano né lavorano è particolarmente urgente nella città a Nord-ovest di Torino.

Ed ecco che proprio dagli oratori, i cui cortili sono spalancati ogni giorno all’accoglienza dei ragazzi e dei giovani più in difficoltà, si sono attivati progetti specifici a contrasto del fenomeno in sinergia con Comune e fondazioni bancarie.

Gli oratori Santa Maria (parrocchia Natività di Maria Vergine), in centro città (piazza Annunziata), e San Lorenzo in frazione Altessano (via San Marchese) dallo scorso gennaio hanno attivato due sportelli di ascolto e un percorso di accompagnamento, rivolti propri ai «Neet» che abitano a Venaria.

«Project Vitae» è il titolo del progetto che i due oratori portano avanti con la Città e la Fondazione Crt, che prevede due sportelli gestiti da educatori professionali e volontari delle due parrocchie aperti martedì e mercoledì dalle 15 alle 17 a Santa Maria e giovedì e venerdì dalle 15 alle 17 a San Lorenzo. «Negli ultimi anni», afferma il parroco delle due comunità don Martin Botero Gomez, «abbiamo analizzato il nostro territorio accorgendoci che la periferia più ampia è rappresentata da tanti ragazzi sfiduciati che smettono da subito di cercare lavoro e non sono più inseriti in percorsi formativi. Molti di essi non frequentano nemmeno l’oratorio. Ed ecco allora un modo concreto per accompagnarli a riprendere in mano la propria vita».

Stessa attenzione presso l’oratorio salesiano della parrocchia San Francesco d’Assisi che poche settimane fa ha festeggiato i vent’anni dall’arrivo dei Salesiani nella comunità.

Completamente ristrutturato nel 2014, l’oratorio è punto di riferimento per il quartiere. In particolare il «Centro diurno» offre un sostegno nell’aiuto scolastico ai ragazzi dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 16.30, e per i bambini delle elementari dalle 18 alle 19. «L’oratorio è la modalità con cui don Bosco ha proposto ai ragazzi l’esperienza di Chiesa», afferma il parroco don Giovanni Di Maggio, «è la porta della Chiesa aperta sul pianeta giovani, perché possano crescere ‘buoni cristiani e onesti cittadini’».

Molto attivo anche l’oratorio di Santa Gianna Berretta Molla, associato alla Noi Torino, dove fervono i preparativi per le attività estive.

Le quattro parrocchie (Up 39) lavorano in rete anche nella gestione dei servizi caritativi. «Grazie ai contributi dell’8 per mille», spiega don Igino Golzio, parroco di Santa Gianna e moderatore dell’Up 39,  sono state finanziate alcune borse lavoro in aziende cittadine che mirano all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate».

A Santa Maria è attiva l’associazione «Pranzo della fratellanza» che affianca il servizio della Caritas parrocchiale organizzando momenti di convivialità e, appunto, pranzi aperti a tutta la comunità soprattutto a chi vive momenti di difficoltà con l’obiettivo di contrastare solitudine e isolamento. 

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