La svolta importante del "Piano Periferie"

Dal Comune di Torino una proposta che si attiva grazie ai finanziamenti del Governo centrale

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La svolta importante del "Piano Periferie"

Pare beneagurante il «botto» sparato dal Comune di Torino alle prime incerte luci del 2017: l’annuncio che arriveranno da Roma 18 milioni di euro per il recupero delle periferie torinesi e che altri 20 milioni sono attesi nel giro di due anni da investitori pubblici e privati, compreso lo stesso Comune. Sono fondi per il recupero dei grandi quartieri dormitorio ove si concentra e sta crescendo il malessere sordo, la rabbia, il rancore e il livore di decine di migliaia di disoccupati, di anziani soli, di immigrati.

L’impegno finanziario del Governo Gentiloni è la risposta a 44 azioni proposte in estate dalla Giunta di Chiara Appendino e ad oltre 550 mila persone che vivono nelle nostre periferie. Ma è anche frutto delle scelte compiute l’altro ieri dalla Giunta Fassino che indicò la via, «ricominciamo dalle periferie». Hanno vinto i Cinquestelle e cominciano loro, ma comincia tutta la città. E la Chiesa di Torino, che con l’arcivescovo Cesare Nosiglia lo chiede da sempre, registra il segnale interessante. Ancora a Natale il Vescovo ha ricordato che «occorre rovesciare le linee strategiche di fondo dei programmi e delle risorse per la nostra città e puntare più decisamente su vie che privilegino le periferia. Servono investimenti mirati e puntuali che diano alla gente che vi abita il segno di un concreto e palpabile cambiamento di rotta».

C’è il primo passo: è un cambio di marcia. Sta diventando coscienza condivisa ciò che papa Francesco ripete dalla prima sera alla Chiesa, che vuole «in uscita», nelle periferie. La Chiesa nelle periferie c’è già con i parroci coraggiosi e temerari, i volontari, la Caritas. Solo nel centro d’ascolto «Le due tuniche» hanno bussato in un anno quasi 10 mila persone, contro i nemmeno mille dell’anno prima della crisi. E tutta la scala delle priorità delle comunità cattoliche è stata sovvertita: al primo posto ci sono i poveri, le persone senza casa, i disoccupati, gli impoveriti, gli immigrati. Tutte le persone in difficoltà stanno trovando nei progetti Caritas e della rete caritativa, che sono davvero la fantasia della misericordia, brandelli di speranza.

È apprezzabile il passo dell’Amministrazione; sono giuste e convergenti le scelte di finanziamento del Governo Gentiloni (ma già prima di Renzi): fatti concreti come risposta anche a molte ragioni della protesta che ha infoltito i «no» al referendum.

Certo, ora bisognerà sfogliare i progetti per i quali è stato chiesto l’intervento finanziario del Governo. Spiace – e molto – che tra questi non compaiano interventi per le palazzine ex Moi di via Giordano Bruno, luogo di ricorrenti tensioni e scontri sociali; spiace che non ci sia traccia di azioni per i campi Rom di via Germagnano. Arriveranno.

Occorrerà capire quale disegno complessivo lega gli interventi, se esiste già un disegno globale e se invece dev’essere ancora precisato. È importante rimettere in sesto strade, marciapiedi, aiuole (troppo spesso d’estate piene d’erba alta) e scuole. Ma ancora più importante è sostenere la partecipazione alla vita sociale, le relazioni sane, l’iniziativa economica, i centri di aggregazione, quelli di formazione professionale dei ragazzi e quelli d’ascolto.

Ecco, qui sta la questione di fondo: il disegno complessivo. Dev’essere una strategia a tappe per restituire dignità, vivibilità, protagonismo alle periferie. E forse bisognerà restituire «risorse» economiche alle Circoscrizioni, che negli ultimi anni (ma anche nei recentissimi mesi) se le sono viste tagliare. Soltanto allora potremo dire che davvero «si ricomincia» a creare un sistema, una rete di iniziative che sappiano riscoprire le identità e le anime della città della «camminare insieme» che, col tempo, sono state, forse, lasciate sottotono. «Il primo passo – ha scritto l’Arcivescovo-  è incontrare, parlare, vedere di persona le realtà nel loro vissuto di quartiere. Visite non occasionali, ma continue, concrete». È la via «buona», quella di tutti.

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