Costruire cittadinanza in un nuovo progetto di città

In vista delle elezioni amministrative in molte grandi città, compresa Torino

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Costruire cittadinanza in un nuovo progetto di città

Domenica 5 giugno si svolgerà il primo turno delle elezioni amministrative. Un passaggio importante di bilancio e verifica per molte città e piccoli centri in tutta Italia. Si tratta di una consultazione elettorale che riguarderà città come Milano, Napoli, Bologna e Torino nella quale oltre a misurare il consenso per il Governo Renzi saranno giudicati i cinque anni di amministrazione pubblica delle comunità metropolitane.

A Torino la presenza di 18 candidati sindaco e oltre 38 liste collegate ad essi all’apparenza dovrebbe certificare una nuova primavera di partecipazione e consapevolezza civica, in realtà, questo pacifico esercito di cittadini conferma dati poco lusinghieri: si evidenzia, infatti, una  scomposizione del quadro politico, la sua parcellizzazione ed estrema fragilità. Il sistema  democratico invece di essere tutelato e salvaguardato come bene prezioso, diventa terreno di conquista di una moltitudine di nomi e volti, tutti degni e rispettabili, ma che rappresentano la certificazione plastica di un modello improvvisato di una politica ridotta spesso a selvaggia e ombrosa ricerca di consenso autoreferenziale. Leggendo proclami e slogan ad effetto, si consuma la logica dell’effimero e del pressapochismo, il disvalore dell’apparire piuttosto che la forza dell’essere.

Si fatica insomma a trovare le idee, i progetti, a comprendere chi sarà in grado di decidere e mediare come rappresentante del popolo, attraverso la capacità di tradurre in azione quei valori etici dei quali ogni partito politico afferma di voler essere paladino. Purtroppo però usciamo da decenni di desertificazione politica,  un periodo storico che ha divorato le ideologie e con esse gli ideali ed ha lasciato sul campo il nulla, l’utile e spesso l’inganno. Dov’è oggi la nuova classe dirigente? Dove nascono ed emergono nuove idee? Chi sono i maestri e i riferimenti personali e ideali ai quali il pensiero politico delle varie parti s’ispirano? Il popolo è disorientato e imbarazzato anche soltanto a parlare di politica.

  
L’opinione pubblica diffusa ed eterogenea, non segue i «think thank» accademici e neppure i residuali e inascoltati cenacoli intellettuali, oggi si esprime spesso solo attraverso l’emozione di un post o un tweet sulle reti digitali. Dove, dunque, si forma il pensiero critico e la capacità di scelta nei giovani e negli adulti? Ci stiamo interrogando seriamente come comunità ecclesiale su questo tema. La proposta della Scuola sociale e politica dell’Ufficio della Pastorale del lavoro va in questa direzione, ma i risultati si potranno avere solo in futuro.

Intanto siamo curiosi di conoscere quale sarà la percentuale di affluenza al voto il 5 e 19 giugno prossimi; solo allora scopriremo quale grado di maturazione o deterioramento ha raggiunto il nostro sistema democratico. Sulle elezioni di Torino intervisteremo i candidati sindaci, raccogliendo le loro idee e proposte; in questa sede penso possa essere interessante segnalare il passaggio storico in corso. Un ciclo (1993-2016) si è terminato, un tempo rappresentato dalla stagione dei sindaci provenienti dalla società civile, e dall’implosione dei vecchi partiti storici e di massa post-tangentopoli. Da allora si è affermato un rapporto diverso tra sindaco e cittadini che nella nostra città ha espresso tre personalità di rilievo del centrosinistra: Valentino Castellani, Sergio Chiamparino e Piero Fassino.

In questi anni Torino è cambiata profondamente, gli aspetti positivi sovrastano quelli negativi, anche perché sono stati anni difficili e la tenuta della società torinese rispetto alla furia della crisi strutturale che ha colpito, in varie fasi, la città nel suo contesto globale, va riconosciuta anche per l’impegno amministrativo. Inoltre va rilevato, senza reticenze e omissioni, che si è compiuto un ciclo storico. La città ha retto, con molte ferite e lacerazioni, l’urto della trasformazione industriale, economica e quindi  sociale, ed ora la classe politica e non solo essa hanno la responsabilità di indicare sfide e orizzonti di un nuovo progetto strategico e di lungo periodo. Torino è una comunità diversa, plurale, multiculturale, interreligiosa nella quale andrebbe sostenuta, con forza e coraggio, una visione inclusiva che parte dal basso, da quelle persone, donne e uomini, bambini e anziani, famiglie che sono più fragili e vulnerabili. Tutto questo per evitare l’allargamento delle disuguaglianze sociali e il permanere della presenza delle due città: una ricca e con molte opportunità, l’altra povera e con un futuro compromesso.

Il partire dalle periferie per la definizione di una città policentrica è un segnale positivo che concretamente dovrebbe corrispondere ad un’aggressione progettuale per combattere lo stato di povertà ed indigenza che tocca ormai quasi 100mila torinesi e dia prospettive, con investimenti e una nuova strategia industriale e di nuova economia dei servizi, della cultura e del turismo, della ricerca e dell’innovazione al mondo giovanile che in Piemonte subisce la più alta percentuale di disoccupazione dell' Italia settentrionale. Casa, lavoro, nuovo welfare, servizi di prossimità, comunità e famiglia, ecco le priorità per il nuovo Sindaco, la Giunta e l’Assemblea comunale. Terminata la campagna elettorale, dopo la sbornia di manifesti, santini, messaggi digitali, la parola passa al popolo che darà il suo giudizio. Serve pensiero, progetto, visione, moralità, un approccio di concretezza e realismo;  una politica diversa e per certi versi antica, più incisiva rispetto al passato, sicuramente creativa e giovane per essere in grado di cogliere le sfide del futuro. Servono ponti, non steccati ideologici e nostalgie conservatrici; soprattutto un’alleanza, che come indicato nel percorso dell’Agorà del Sociale, sia aperta a tutti e non arroccata sui privilegi di alcuni.

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