SCELTE CHE PESANO 

Appendino vende un pezzo di Iren

Azioni Iren in vendita per pagare i debiti, l'allarme delle opposizioni

Parole chiave: Iren (3), debiti (1), azioni (1), Torino (730), Appendino (13)
Appendino vende un pezzo di Iren
comune torino

Dunque Iren, la multiutility dell’energia, comincia ad andarsene… La sindaca Appendino ha deciso di cedere il 5% delle quote condivise con il Comune di Genova. Un’operazione che frutterà all’Amministrazione torinese circa 70 milioni di euro, per tamponare una parte dei notissimi debiti municipali. La cessione delle quote Iren rientra in un quadro più generale di dismissioni delle società (oltre una quarantina, alcune in liquidazione) partecipate direttamente e indirettamente da Palazzo Civico secondo il censimento del 2016.

Il 7 settembre la Giunta Appendino ha deliberato l’alienazione delle quote delle società partecipate, nei limiti consentiti dalla legge Madia. Vari osservatori stanno commentando con preoccupazione la rinuncia ai «gioielli di famiglia» della Città, venduti per rimediare alle falle contabili.

L’operazione Iren merita particolare riflessione per le modalità con cui si va dispiegando. Fra due anni, alla scadenza del patto fra i soci, la mano pubblica rischia di uscire dalla stanza dei bottoni. L’indebitata Torino resisterà infatti alla tentazione di vendere il restante 16,5% delle quote? Secondo molti commentatori, no. Vorrebbe dire rinunciare a decisioni che investono aspetti fondamentali per la vita della collettività: dalla gestione dell’energia, strettamente intesa, al controllo di sottosistemi energetici, quali dighe e termovalorizzatore e ultimo, ma non meno importante, al controllo di Amiat, l’azienda rifiuti con cui l’ente pubblico ha un contratto da 180 milioni l’anno.

Come abbiamo detto, dalla collocazione delle azioni in borsa il Comune otterrà 70 milioni e il divorzio da Genova… Ma dalla cifra si dovranno depurare gli oneri che spettano a Unicredit per l’intermediazione, bisognerà anche stornarne una quota ad Intesa-San Paolo, che vanta un debito di 150 milioni. Qual è allora l’utile strategico sotto il profilo finanziario di questo spezzatino? Perché di questo si tratta: una cessione a piccole dosi, se non a rate, per assolvere l’ambivalenza che circola nel Movimento Cinque Stelle o, se si preferisce, per non irritare i militanti, dinanzi al sacrificio della cosa pubblica. Con cifre così modeste si rischia di tamponare e non di costruire una processo di lungo respiro su ciò che si ritiene prioritario per gli interessi della collettività, come per esempio Gtt, azienda leader nel settore trasporti, tutt’altro che decotta, ma alle soglie del baratro per mancanza di liquidità.

Insomma, l’Amministrazione Appendino è ad un bivio e, cifre alla mano, il parziale sacrificio di Iren dà la sensazione di non offrire sufficiente ossigeno per restituire al Comune un minimo di autonomia finanziaria. In una fase così complessa per la vita del Comune la vendita in blocco dell'azienda energetica oggi potrebbe garantire almeno 600 milioni di euro. Una liquidità con cui fissare almeno alcuni criteri di intervento sulle società in sofferenza, ma sane, come Gtt appunto, con la quasi certezza di centrare l'obiettivo del risanamento. All'opposto, l'amministrazione è destinata ad una lenta agonia che, come ha dimostrato la vicenda dei ritardi nel preliminare della linea 2 Metro, contagia anche le sue capacità progettuali. Ed è ciò che da un’altra prospettiva contesta la consigliera comunale del Pd Monica Canalis. Nella ricognizione straordinaria delle partecipate – ha denunciato la Canalis insieme al senatore Stefano Lepri - la Giunta sembra voler perseguire unicamente come scopo un aumento di cassa. Traduzione corrente: arrivare alla scadenza del 30 settembre e mettersi in regola con le richieste della Corte dei Conti che ha bocciato il Bilancio di assestamento della Città. Secondo Monica Canalis, il piano di dismissioni, generico e superficiale, non analizza i reali bisogni della città, per perdere così di vista che cosa è davvero strategico da ciò che non lo è.

L’accusa della consigliera dem punta direttamente al settore della ricerca, dove si evidenzia la contraddizione tra enunciazione e prassi della sindaca Appendino. Con la ricognizione straordinaria – dice Canalis . -  spariranno due incubatori di ricerca, uno del Politecnico, l’altro dell’Università, che finora avevano dato buoni risultati. Non un buon viatico per una Città che dichiara di scommettere sugli Atenei.

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