Vittime
Una riflessione ad una settimana dalla strage di Parigi
Chi sono le vittime dell’attentato di Parigi? Innanzitutto i morti. Persone innocenti, colpevoli solo di vivere e di essere lì a quell’ora.
Seconda vittima è il nostro senso di sicurezza. Dobbiamo fare i conti non con la paura, che ha sempre un oggetto determinato che la suscita, ma con l’angoscia, che sorge come diffuso stato di inquietudine di fronte a una minaccia di origine indefinita.
Terza vittima è il modello di integrazione francese, che proclama uguaglianza e marginalizza i meno agiati, che pretende di uniformare nell’indistinzione, senza tenere conto della necessità psicologica e culturale del principio di individuazione e della sua indispensabilità in un autentico dialogo. La maggior parte dei terroristi era di cittadinanza francese o belga.
Quarta vittima sono le migliaia di musulmani che nulla hanno a che fare con l’Isis. I nostri vicini di casa che pregano Allah, e lavorano e faticano per mandare a scuola i figli. Che fare ora? (In riferimento all’elenco precedente). Riguardo i morti è necessario accettare un tempo di lutto collettivo; inventare iniziative che rendano onore alla loro memoria; e per chi è credente aggiungere la preghiera.
Secondo: non implodere, fare i conti con l’angoscia. Un percorso di crescita post-traumatica, direbbe Frankl. Terzo: ripensare i modelli di integrazione, considerando che il principio di individuazione (in sé positivo), se esasperato dal risentimento, può diventare principio di contrapposizione e distruzione. Continueremo a proclamare eguaglianza e instaurare disuguaglianze e marginalizzazione coltivando il risentimento?
Quarto: in questi giorni c’è un eccessivo entusiasmo, ormonale, a parlare di guerra. È una parola pesante, gravida di conseguenze. Dovrebbe bruciare in bocca. Si vis pacem para bellum, dicevano. Forse è così. Non si è mai vista, però, una guerra, in assenza di strategia e visione complessiva, risolvere un solo problema storico. Anzi. Prudenza con le parole. Così come prudenti devono essere i giornali. Libero, sabato 14, titolava in prima pagina «bastardi islamici». Dispiace rilevare che il titolista di prima non sappia l’Italiano. Islamici è differente da islamisti e non è indifferente o senza conseguenze la scelta della parola. Così facendo o si aumenta il numero della quarta vittima; o si coltiva il risentimento.
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