Viaggio a Roma, pellegrini in cerca di Misericordia

Il racconto dell'apertura dell'Anno Santo della Misericordia di un insegnante di Religione con i suoi allievi

Parole chiave: misericordia (105), anno santo (13)
Viaggio a Roma, pellegrini in cerca di Misericordia

Per poter descrivere al meglio le emozioni che ho provato in occasione dell’apertura dell’anno giubilare e della apertura della Porta Santa occorre fare un passo indietro.  Anno accademico 2014-2015, ISSR-polo teologico torinese. Ultimo anno, quinto, essendomi immatricolato nel 2015. Fine primavera inizio estate. Bisognava ultimare 5 esami e la tesi da consegnare entro il 31 maggio.

Tutto sembrava difficile. Il passaggio da quelle scadenze una porta stretta. Il riferimento alla Porta Santa è legato al Salmo 101, 19-20: nel passo infatti si lega il simobolo della porta al concetto di giustizia, declinato sia nella forma del perdono sia nella misericordia, e quello che Papa Francesco ha appena indetto è straordinario e della Misericordia.  “Apritemi le porte della giustizia; voglio entrarvi e rendere grazie al Signore. E’ questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti.  Ma il passo che forse gioca un ruolo maggiore all’interno di questo evento straordinario, come degli altri ordinari, è forse il passo del Vangelo di Giovanni, 10,9 :”Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarò salvo”. Mi piace nelle spiegazioni parlare di riti e di porte e in questo caso, del rito, della Porta Santa, o aurea come la chiama Burcardo. Mi servo del termine porta per spiegare ai ragazzi quale è la Porta dell’Antico Testamento (il Pentateuco) e quale del Nuovo Testamento (i quattro Vangeli più gli Atti degli Apostoli), e in tempo di “storia delle religioni” parlare dei cinque pilastri dell’ Islam. Una mano, cinque dita. Fargliela disegnare su di un foglio e raccontare loro di Isaia, versetto 49-16. “Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato, le tue mura sono sempre davanti a me”. 

Per poi fare ritorno, alla porta. Ma ora, spieghiamone brevemente come capita con i ragazzi il significato: un vero passaggio, di natura spirituale. Chi la attraversa ottiene l’indulgenza plenaria concessa dal Papa. Ovviamente con una riconciliazione, con sè stesso e con altri. Il tema mi permette inoltre di affondare anche in aspetti storici, ovviamente, riportando le lancette dell’orologio della storia al primo Giubileo della storia, nel 1300 quando Bonifacio VIII ritenne di poter concedere l’indulgenza plenaria a coloro che avrebbero visitato entro l’anno le maggiori Basiliche di Roma, San Pietro e San Paolo. Di questo mi piace raccontare, munito di fotografia e disegno, il quadro attribuito a Giotto in San Giovanni in Laterano. Tornando alla Porta Santa, appena aperta, l’8 di dicembre 2015, dopo 347 giorni verrà chiusa, precisamente il 20 novembre 2016. Per la chiusura, il riferimento è a Daniele, 6,17: “Poi fu portata una pietra e fu messa sull’apertura della fossa”.  8 Dicembre 2015.

Fermata Colli Albani, Roma. E’ prestissimo. Un gruppo di taxisti inganna l’attesa di una chiamata recuperando un pallone. Alcuni autisti di bus osservano la scena. C’è da immaginare che nei loro pensieri avrebbero piacere a mandare in scena un derby Roma-Lazio. Ma il palcoscenico, in mondovisione, è su Piazza San Pietro. Osservo i loro movimenti e decido di godermi quei momenti in superficie, aspettando l’autobus, quello per Termini. Scarto la Metro, pensando già piena, pur essendo mattina. Do’ un’occhiata al cielo, all’alba, pensando di scorgervi almeno un frammento di luna. Niente. E’ lattiginoso, e i frammenti sono ricordi, di memoria, di altri anni, altro Giubileo, altri occhi. Ecco il bus. Qualcuno del gruppo ha segnato, un passaggio ben calibrato da un compagno di viaggio e rete. Tripudio. Identico, immagino, a Piazza San Pietro. Trovo un bus, è vuoto, mi siedo e faccio posto ai pensieri, al significato di “attraversare” la Porta Santa, mentre attraverso una buona fetta di Roma. In poco tempo arrivo a Termini. Poi, altro bus, il 64, e sono a San Pietro.

Qui scendo e vedo via della Conciliazione. Mi incammino incolonnato tra gruppi di fedeli. Le radio dei vigili  gracchiano. E’ ancora presto, per l’apertura. Famiglie, papà con bimbi in braccio, giovani coppie, mano nella mano, sono già in cammino, in anticipo, come caparra, di un altro cammino: si dirigono verso il grande complesso del Bernini, la piazza, la Porta, da attraversare, dopo l’Angelus. Non sono un “contabile” e non saprei quantificare quanti potrebbero essere qui, in attesa del “passaggio”. I colori, però, questi si, sono tanti. Un arcobaleno ideale, che unisce forze dell’ordine, volontari, civili. E canti. Parecchi. Alle 9.30 tutto è ormai pronto. Vedo da lontano una lunghissima fila di vesti bianche, sul sagrato. Poi, quando gli occhi proprio non riescono a focalizzare la scena li alzo e li volgo verso i grandi visori posizionati qui, sulla piazza, appena ieri “sezionata” centimetro per centimetro per i ragazzi, per domani, per le lezioni future.

E’ una emozione. Rito, rituale, liturgia, tempi, spazi, letture, Antico, Nuovo, porte, Porta. Tutto in un momento. Pare una poesia di Dino Campana, e invece è realtà. Non che quella non lo sia. Anzi. E mi piace parecchio, quel viaggio chiamato amore. Ma anche questo, è un viaggio, d’amore. Lungo un Anno Santo, e forse una vita. E’ l’ora del passaggio, sotto la porta. Molto è cronaca, il resto è personale, devozione. La osservo, la passo. Era del 2000, l’ultimo passaggio. Ormai sono dentro San Pietro. Ci sono stato anche ieri. Riconosco che sopra di me si trova insieme a molti fondatori delle Congregazioni anche don Bosco. Alzo il viso, come a salutarlo. Oggi, nella giornata che lui ha voluto di festa. Penso ai ragazzi, alle ragazze, che chissà ora dove saranno. Non importa. Hanno vissuto una esperienza straordinaria. Nell’anno santo della Misericordia.

Avevo il desiderio di terminare, nell’anno delle celebrazioni,  da poco concluse,  del duecentesimo della nascita di don Bosco, della Sindone e dell’anno del Giubileo. Desideravo varcarla, quella porta, strettissima, lasciapassare per  l’accesso all’insegnamento.  E così, con una tesi su don Bosco “La formazione al lavoro nell’esperienza di don Bosco e dei Salesiani”, il 9 luglio ottenni, a tempo di record, il lasciapassare per l’insegnamento.   In seguito a quella, le porte del Giulio, Istituto Professionale Statale di Torino, a settembre si aprirono: Prof. di religione, cattedra completa. Con il passare dei giorni ho imparato quanto sia difficile questo mestiere:  i ragazzi sono sensibili, volubili, bisognosi di attenzioni. Basta pochissimo per  far saltare le lezioni Preparate accuratamente il giorno prima.

Ma sapevo anche che sull’esempio di don Bosco, i ragazzi e le ragazze da far “salire sulla barca” son quelli più bisognosi. Nell’ambito delle spiegazioni mi sono imbattuto nei concetti di Giubileo, della Porta Santa, del suo significato, delle Basiliche quali San Pietro, San Paolo Fuori le Mura, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore. Poi, dell’arte Bizantina e della Caritas, e il suo servizio svolto al servizio dei più bisognosi:  500 pasti serviti dalle 17.30 alle 20.00 circa a persone dalle esigenze e bisogni diversissimi tra loro.  Un servizio che avevo già avuto modo di svolgere altre volte, a partire dal Giubileo del 2000. Probabilmente le mie lezioni devono essere state davvero interessanti se hanno lasciato  un segno, una emozione in   una classe intera, la 4 g, che ha chiesto come poteva adoperarsi  per svolgere il volontariato alla Caritas. E così, dopo aver preso contatti con il responsabile della Caritas, della foresteria presi quante informazioni possibili da restituire nella classe. Chiesi le condizioni, le liberatorie. Portai ogni informazione a scuola, alla Preside. Il tutto, insieme a tanto entusiasmo.

La Caritas  mette a disposizione una foresteria ‘er quanti provengono da fuori Roma e decidono di dedicare del tempo al servizio del prossimo, del bisogno, dei bisogni, dei bisognosi.  Fare volontariato, alla Caritas, a Roma, potrebbe essere un modo per affinare quelle competenze che in un istituto professionale, sociale, si dovrebbero maturare e insieme,  un modo come un altro per visitare  Roma, con le sue bellezze artistiche. L’arte cristiana, da queste parti, è davvero una miniera.  A ridosso dell’Immacolata, festa nella festa per i salesiani, decido di mantenere fede al mio desiderio: passare sotto la Porta Santa approfittando dei giorni di festa. Ricordandomi che qualche ragazz* avrebbe voluto fare volontariato presso la Caritas e non essendoci posto presso la foresteria ho chiesto ai Salesiani di Roma di fare una “forzatura” nell’ospitalità, sulla base di una lunghissima mia conoscenza. In via del tutto eccezionale, siamo stati ospitati presso i Salesiani di Roma. “E allora, pronti? Via!”.

Venerdì 4 le ragazze erano già in movimento, verso Roma. Io, dovevo aspettare il termine delle mie lezioni. E così,  venerdì 4 alle 16.25 ero sul  FrecciaRossa, Torino Porta Susa-Roma. Dopo aver lasciato alle spalle Milano nelle sue “declinazioni”, Bologna sotterranea e Firenze Santa Maria Novella, alle 20: 50 ero a Roma. Alla stazione della capitale mi aggregai subito a don Giovanni  D’Andrea, un salesiano che tutti i venerdì, insieme ad altri volontari, distribuisce panini, torte, thè ai bisognosi che si danno appuntamento li nei pressi.  Poi recuperai la mia stanza, incontrai le ragazze che  le seppi bene e pronte per il volontariato. Nei giorni seguenti, mi dedicai , guide alla mano, a quante più Basiliche potevo. Nel frattempo non è mai mancata la disponibilità dei romani, quando cercavo di informarmi sul come, quando, cosa. Ho saputo trovare  persone disponibili che mi hanno guidato alla scoperta dei numerosi tesori d’arte cristiana. E in alcune occasioni, non mancavano le ragazze del mio Istituto  al seguito di questo viaggio nello studio dell’arte cristiana. Poi, verso pomeriggio, si partiva tutti e tre insieme.

Metro, bus, trenino, direzione Caritas. Alle 17.30-18.00 (la Caritas in qusto periodo è in via Casilina, e non in via Marsala, in via di ristrutturazione,  un po’ distante da dove alloggiavamo noi) eravamo pronti per il nostro servizio. Quasi 500 pasti serviti nel giro di tre ore da numerosissimi volontari. Asciugare, servire pasti, portare vassoi, parlare, ascoltare. Nulla di particolare. Durante il periodo ho imparato quanto siamo davvero fortunati ad avere un tetto, le nostre comodità, il nostro  pane quotidiano, qualcuno, qualcuna con cui parlare. Diamo sempre per scontato tutto e invece intorno a noi in molti erano sprovvisti,  del tutto: persone costrette a passare la notte sui bus per non sapere dove andare, trovare un posto dove potersi lavare, cambiare.

Tra i tanti, cominciai a scambiare qualche parola in più con Vittorio che mi rendeva partecipe della sua vita. La sua casa e’ un garage ma probabilmente dovrà lasciarla perché il suo affitto è per deposito e non per condominio. “Dovrò lasciarla” e intanto mi mostrava la mappa dei bus notturni che di li a poco sarebbero diventati la sua casa itinerante. Abbiamo passato quei giorni intensamente, ognuno di noi tre coltivando spazi autonomi.  Questo fino all’8 dicembre, poco sopra raccontato.  Il mio pensiero era a Torino  Valdocco, ma anche al giorno della  mia laurea, alla Porta Aperta per questa Porta Santa. L’anno liturgico è appena cominciato. L’anno giubilare stava per cominciare, l’anno scolastico era cominciato a settembre. Pensavo alla barca di don Bosco, quel quadro dell’Ausiliatrice apposto  all’entrata. Qui eravamo in tre. La Messa, l’Angelus e la Porta Santa. Varcata. E’ l’inizio. Misericordia.

L’ultimo pomeriggio era stato relegato allo svago, prima del volontariato. In realtà ne ho approfittato per andare a Trastevere: volevo buttare ancora un occhio a Santa Maria in Trastevere e i suoi mosaici. In quelle strade ho incontrato anche molto  passato, strade, corsi, piazze, il Fontanone, manifestazioni, scioperi, amori e altro ancora.Poi, un salto al Gianicolo.  In lontananza, da quell’altura una luce catturava la mia attenzione: seppi in seguito che alcune figure erano proiettate su San Pietro. Il tempo correva velocemente, si contraeva, lasciando poco spazio. Dovevo rientrare. L’indomani alle 7.05 avevo il treno per Torino. Alle 12: 17 cominciavano le lezione. Fino alle 18.

Così sì è stato e così è  andata. Un passaggio per  una bellissima esperienza. Da condividere. Nell’anno della Misericordia. In un passo dell’ultimo libro appena letto “La ferocia” ho sottolineato: “Bisogna ricevere del bene per separarlo da ciò che non lo è”. 

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