La conoscenza reciproca è la chiave che apre le porte ad ogni tipo di dialogo

Una riflessione sui percorsi di confronto nella città plurale

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La conoscenza reciproca è la chiave che apre le porte ad ogni tipo di dialogo

Parlare, con il senno del poi, di quanto è successo in Barriera di Milano, è quanto mai naturale per il nostro modo di affrontare questioni così delicate e piene di rischi, in questo momento di grande fatica nel distinguere cosa accade in questa nostra società plurale. Da pellegrino che ha vissuto alla “Spera” gli anni più belli della sua giovinezza, quella “Spera” che ti entrata nel cuore e non ti lascia più, ricordandoti che la speranza deve sempre, in qualsiasi momento della vita, essere la tua compagna di viaggio; una compagna di viaggio che guida i tuoi passi anche nelle oscurità della vita. In quella chiesa grigia e fredda, abbiamo pregato; in quel cortile hanno operato figure come l’indimenticabile don Franco Peradotto, che per noi giovani di allora, era una guida sicura.  Gli anni cinquanta - sessanta non erano anni facili per dei giovani che sognavano già una chiesa aperta che incontrasse tutti, per offrire a ciascuno il messaggio salvifico di Cristo.

Progettare cose nuove, specialmente nella sfera del “sociale” si faceva molta fatica, ad ogni pie sospinto si rischiava di essere etichettati come “Comunisti” in fondo si cercava solo di approfondire l’Enciclica “Rerum Novarum” ma quando si parlava dello sfruttamento dei lavoratori e della loro dignità di persone, allora, qualche oracolo  Mirafiorense, ci metteva in guardia  di non lasciarsi trasportare emotivamente da quelle parole forti, ma di ponderarle bene, e leggerle nel contesto in cui sono state scritte; il fine ottocento.  In quegli anni  non c’erano ancora i musulmani; ma i “Comunisti” e in Barriera di Milano erano una stragrande maggioranza e dai quali bisognava stare lontani, evitando di essere contaminati da una ideologia che aveva per “lessico” la lotta di classe.

Don Franco Peradotto, ci diceva sempre” Per dialogare bisogna che tu conosca l’altro e che l’altro conosca te.  Incontri densi, coinvolgenti pieni di fascino. Il testo “Mille Ragioni per Vivere” del grande Vescovo “dom Helder Camara” era stato un punto di riferimento per le nostre riflessioni. Quelle meditazioni avevano per noi già il profumo del Concilio: “Se allacci un bottone ad un asola di una serie che non è la sua diventa impossibile abbottonare tutti gli altri” recitava una delle tante, forse la più inerente delle meditazioni.In quel tempo, come anche oggi, il pericolo di sbagliare asola e sempre in agguato. (Mi viene spontanea una domanda: Forse, inconsciamente, quella Marcia della Pace non è stata infilata nell’asola sbagliata?) Certo che il “Comunismo non era solo una filosofia, ma si voleva capire quali sono state le ragioni, non solo sociali, che lo hanno fatto proliferare con tanta virulenza nel mondo operaio e non solo. Se  volevamo aprire un dialogo con loro, “Comunisti” ovviamente,  dovevamo conoscere quanto più possibile, della loro ideologia per attivare un serio dialogo, mantenendo sempre salda la nostra identità. Così fu.

Dice un proverbio, “La volpe perde il pelo ma non il vizio” E la vecchia volpe speranzina,  oggi, lancia una nuova sfida, in un contesto diverso da quello degli anni cinquanta – sessanta, con soggetti diversi, ma con  uguali atteggiamenti. Ieri il pericolo erano i “Comunisti” oggi sono i “Musulmani. In fondo la vecchia “Spera” vuol solo farci comprendere che stiamo lentamente perdendo quella soggettività che è nell’essere per l’altro, accogliendolo, assumendone la diversità. Oggi si fa molta fatica ad uscire dalle secche della crisi di umanizzazione delle nostre relazioni.

Papa Francesco va ha pregare nella moschea durante il suo viaggio apostolico in Africa, getta ponti a tutti gli uomini di buona volontà, credenti e non credenti, ciascuno con la propria identità, con il proprio bagaglio di esperienza, insieme, perche questo nostro mondo diventi un mondo umanamente più vivibile. 

Quel che è successo alla Barriera di Milano, proprio alla vigilia dell’apertura della Porta Santa, e nella ricorrenza del cinquantesimo anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II. Al di là delle polemiche, meravigliosamente strumentalizzate dai media, passatemela, non è stato un bell’esempio. Una certa ironia è circolata: Vedete papa Francesco, in fatto di dialogo con “l’altro” non solo parla, ma fa gesti concreti. Ma nelle periferie ha lui tanto care si fa tutto il contrario.

Non entro nel merito dei perchè e dei per come delle scelte fatte in occasione della “Marcia della Pace” Credo che questo serva per capire che solo attraverso l’educazione alla conoscenza dell’altro, della sua identità religiosa e culturale  possiamo spazzare via dalle nostre Comunità, falsi populismi e luoghi comuni sull’Islam e i suoi fedeli.  Il Centro Peirone e il Meic, sono i punti di riferimento per un progetto da calarsi nelle nostre periferie. Un occasione da non perdere!   

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