L'Islam con noi. Riflessioni sulla realtà torinese

Quale stile di dialogo in una società multiculturale e religiosa: esperienze di conoscenza, rispetto, reciprocità, differenze vissute come ricchezza e non separazione

Parole chiave: islam (60), cattolici (72), chiesa (665), torino (730), comunità (43)
L'Islam con noi. Riflessioni sulla realtà torinese

Il tema del dialogo nella società plurale si pone come una sfida dalla quale non ci si può sottrarre. Identità culturali, religiose, tradizioni e idealità nella società plurale devono confrontarsi. Le differenze che ci sono e non vanno negate, anzitutto nell’ambito delle fedi, possono e devono, lo dice la Parola di Dio e la tradizione della Chiesa, con particolare riferimento al Concilio Vaticano II, che oggi festeggia i suoi primi cinquant’anni. La testimonianza di Cristo morto e Risorto non ci è data come scudo e terreno di scontro o di difesa, ma come segno distintivo d’amore. Troppo semplice e facile camminare con le certezze e le paure dell’Altro, più difficile e cristiano proporre al mondo prassi di speranza e bontà.

Per questo il mondo plurale, dove possono e devono convivere religioni diverse, professioni di fede differenti, richiami a Dio distanti ci devono interrogare tutti: credenti, non credenti, cristiani e donne e uomini di altre confessioni religiose. Restare indifferenti o avulsi dal contesto nel quale si vive, oppure opporsi a ogni contatto con l’altro sono posizioni destinate al fallimento,  soprattutto molto pericolose nel lungo periodo, perché danneggiano tutti e non danno risalto o fanno riemergere le tipicità dell’identità culturale europea, nella sua tradizione e radice cristiana e nella sua dimensione di accoglienza, progresso, capacità di esaltare e promuovere l’umano. Religioni, civiltà, tradizioni culturali devono conoscersi, valorizzare le differenze, cogliendole e dando strumenti per codificarle e costruire, insieme, un futuro non di tolleranza, ma di condivisione. Ripartire dalle buone pratiche non è un segno di superficialità, ma la sostanza di un’urgenza concreta che ci chiama alla costruzione di una società capace di valorizzare le differenze e promotrice di reciprocità e condivisioni, che sono esperienze ben più profonde della semplice tolleranza e attenzione plurale. Ci sono esperienze nel dialogo islam e cristinaesimo nella nostra città. Evocate in questi giorni da preti e laici cattolici ne indichiamo due importanti e significative che andrebbero valorizzate, conosciute, apprezzate.

La prima è quella che fa capo a don Tino Negri, responsabile per la Diocesi, nell’ambito dei rapporti tra islam e chiesa cattolica: un centro studi intitolato a Federico Peirone, dove si studia, ci si forma e si predispone ad un dialogo autentico e consapevole e dal quale ha preso forma una rivista bimestrale «Il dialogo Al Hiwar» che dovrebbe essere strumento di approfondimento per tutta la comunità non solo ecclesiale. La seconda esperienza è quella promossa quasi venti anni da dal Movimento Ecclesiale di Impegno culturale che ha sempre agito in collaborazione con enti e realtà pubbliche e private realizzando, quindici anni fa, il  Progetto «Torino - la mia città»,  al fine di accompagnare e assistere le donne provenienti da paesi di cultura arabo-islamica in un percorso di adattamento e partecipazione attiva nella società italiana, pur nel rispetto della cultura di origine. In questi anni ha coinvolto migliaia di donne, bambini e famiglie. Il suo principale scopo è mettersi in relazione e soprattutto fornire gli strumenti culturali per farlo. Allora ecco l’importanza dei corsi di alfabetizzazione, coordinati dall’opera instancabile e competente della prof.ssa Maria Adele Roggero, realizzati insieme, nel cuore dei quartieri, con le parrocchie e le istituzioni territoriali formative - ad esempio le circoscrizioni Borgo San Paolo, Borgo San Donato, Barriera Milano e Lingotto.

Le attività progettuali sono svolte insegnanti, volontarie, tirocinanti universitarie, mediatrici culturali arabofone e baby sitter, in orari compatibili con gli impegni famigliari e con gli orari scolastici dei figli, assicurando il servizio di assistenza dei bambini da 0 a 3 anni, e la presenza costante di mediatrici culturali arabofone. Il 19 agosto 1985 allo Stadio di Casablanca, san Giovanni Paolo II, ai giovani musulmani pronunciò queste parole: «Cristiani e musulmani, abbiamo molte cose in comune, come credenti e come uomini. Viviamo nello stesso mondo, solcato da numerosi segni di speranza, ma anche da molteplici segni di angoscia. Abramo è per noi uno stesso modello di fede in Dio, di sottomissione alla sua volontà e di fiducia nella sua bontà. Noi crediamo nello stesso Dio, l’unico Dio, il Dio vivente, il Dio che crea i mondi e porta le sue creature alla loro perfezione». Ripartiamo da qui, anche noi.

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