Sherlock Holmes e il mistero della tomba vuota/ Da Gerusalemme a Baker Street

Il racconto: per il tempo di Pasqua, una meditazione sul brano di Giovanni (20,1-9), con alcune incursioni sui racconti degli altri Vangeli caratterizzato dal dialogo e nell’interazione dei due protagonisti del romanzo di Chesterton con stile adeguato per una piacevole lettura che fa pensare. La seconda puntata  

Parole chiave: Chesteton (1), fede (42), resurrezione (9), vangelo (36)
Sherlock Holmes e il mistero della tomba vuota/ Da Gerusalemme a Baker Street

......“Ebbene, Holmes”, disse Watson con tono grave e professionale, “credo che stiate esagerando con i vostri esperimenti con la cocaina”.

“Errore, Watson”, replicò allegramente l’investigatore. “Non la tocco da giorni. Ma veramente non cogliete il nesso?”

“Il nesso con cosa?”

“Sono da poco passate le due del pomeriggio, alle due esatte voi guardavate dal bovindo, meditando, ne sono certo, sulla risposta da dare al mio quesito. Ora, alle due precise lo strillone del Times passa sotto casa nostra, e ho motivo di ritenere che l’autorevole quotidiano abbia dato oggi grande risalto al caso di cui ci siamo occupati in questi giorni: la scomparsa dal cimitero del feretro contenente il cadavere del capo della banda dei Docks, ucciso a tradimento dal sicario di una banda rivale. L’ispettore Lestrade è un gran brav’uomo e uno zelante poliziotto, ma coi giornalisti non sa tenere la bocca chiusa”.

Watson accolse con la rassegnazione dell’abitudine questo ennesimo sfoggio di logica deduttiva, e si limitò a dire:

“Esatto, come sempre. Il titolo del Times è ‘Il mistero della tomba vuota’”.

“Efficace, senza dubbio. Peccato che sia sbagliato: non c’è alcun mistero”.

A queste parole Watson sobbalzò:

“Come sarebbe? Eravamo presenti, Lestrade e noi due, all’inumazione nel loculo, e abbiamo visto il muratore del cimitero collocare la lastra di marmo e cementarla. Quando poi è arrivata la soffiata che nella bara non c’era il cadavere, ma il tesoro della banda, e siamo tornati al cimitero, la lastra era al suo posto e abbiamo visto che non era stata rimossa e poi ripiazzata. Ma la bara non c’era più”.

Sherlock Holmes pregustò l’incipit della sua replica:

“Elementare, Watson. Al momento dell’inumazione, per il buio del loculo nessuno di noi ha notato che mancava il divisorio col loculo opposto, evidentemente chiuso all’esterno perché non trapelasse la luce. Lì un complice appostato ha tirato indietro la bara e ha murato il divisorio, probabilmente con la complicità del muratore. Poi è stato facile rimuoverla dall’altra parte. Nessun mistero, appunto. Semmai un problema per Lestrade, cui adesso tocca una difficile caccia al tesoro”.

“E al cadavere”

“Credo non vi sia alcun cadavere. Probabilmente è stata una messa in scena per mettere al sicuro il capo e il tesoro in un momento difficile, per quelli dei Docks, nella guerra tra gang”.

“Ancora una volta, chapeau alla vostra logica, amico mio!”.

Per nulla impressionata, la signora Hudson si inserì con precisione sul finale di Watson e richiamò l’attenzione dei presenti sulla profanazione del guardaroba:

“Mr Holmes!”, esclamò puntando il dito sulle strisce di lino che giacevano sul pavimento, “che diamine significa questo?”.

“Mia cara signora Hudson”, disse Sherlock Holmes con il tono più falsamente cortese che gli riuscì di produrre, “questo è … il nesso. E spero mi perdonerà se invece della proverbiale camicia ho usato delle lenzuola”, aggiunse ridacchiando per il calembour. Anche a Watson venne da sorridere, ma si bloccò vedendo che lasciava del tutto indifferente la padrona di casa. La quale si ritirò indignata, ritenendo – non del tutto a torto – che la si prendesse in giro.

“Come si legge in quegli orribili feuilleton, finalmente soli, Watson. Ora, se vuole rivolgere la sua attenzione alla scena che ho ricostruito, spero che il famoso nesso le apparirà evidente”.

Lo sguardo di Watson si posò sulle strisce di lino ammucchiate sul pavimento, per poi passare al lenzuolo ben piegato sul tavolino e di lì alla chaise longue. Infine, guardò verso la porta, ricordando con quanta attenzione Holmes avesse spostato il divanetto proprio in rapporto all’ingresso del salotto. Nel tragitto, il suo sguardo intercettò la poltrona con la Bibbia aperta sul bracciolo. Fu quest’ultima a illuminarlo.

“Ma certo! La tomba vuota! Holmes, avete ricostruito il sepolcro di Cristo dopo la Risurrezione!”.

“Esatto, Watson. Lo squallido trucco da illusionisti della banda dei Docks mi ha fatto venire in mente una ben più nobile tomba vuota. E così ho pensato di riprodurla qui per coinvolgervi in una piccola, ma spero edificante per entrambi, investigazione pasquale. Ho portato il sepolcro da Gerusalemme a Londra, 22 di Baker Street. E per essere ancora più esatti”, proseguì Holmes dirigendosi verso la poltrona e prendendo in mano la Bibbia, “il sepolcro vuoto come lo descrive Giovanni nel suo Vangelo, capitolo 20, versetti da 1 a 9. Non dubito che voi, che al contrario di me frequentate la chiesa, conosciate a memoria questo passo. Nondimeno, conviene rileggerlo per avere ben presenti anche i dettagli”. E con voce impostata, come un lettore dall’ambone, cominciò:

“Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!". Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti”. 

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