Se la scienza è una branca (eretica) del cristianesimo

Una riflessione sul dibattito sempre più ampio e misterioso che avvolge la nostra esistenza

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Se la scienza è una branca (eretica) del cristianesimo

 

Scienza, religione e magia

 

La “teoria dei numeri” è la branca della matematica che studia le proprietà dei numeri naturali. André Weil fu un matematico francese che diede contributi fondamentali alla teoria dei numeri e scrisse un testo dall'omonimo titolo, tradotto anche in italiano. Chiedendo alla commessa di una nota libreria del centro di Torino, mi fu risposto di provare a guardare nel reparto “esoterismo”. Ed effettivamente lì lo trovai. Un libro esoterico. Un libro di magia. Che però conteneva solo formule e teoremi. Meditando sull'accaduto pensai che James Frazer, padre dell'antropologia moderna, aveva già intuito la parentela tra scienza e magia. Quest'ultima era “la sorella bastarda”. La terza sorella, non si sa se legittima o meno, era la religione. Scienza, magia e religione sono i modi con cui l'uomo cerca di stabilire connessioni tra i fenomeni naturali e le proprie azioni. Tre modi per conoscere e possibilmente controllare la natura. Senza distinzioni tra naturale e soprannaturale.

Tra le religioni il cristianesimo ha una relazione speciale con la scienza perché ha rappresentato l'ambiente culturale in cui la scienza ha mosso i primi passi con Galileo e Newton, ma ne ha immediatamente preso le distanze, come lo stesso scienziato pisano ebbe a sperimentare. 

I punti di contrapposizione tra esperienza scientifica ed esperienza religiosa sono almeno due: l'oggetto della conoscenza, ovvero la distinzione tra il mondo naturale indagato dalla scienza e quello soprannaturale indagato dalla teologia, e il metodo per raggiungere tale conoscenza, ovvero la distinzione tra verità scientifica e verità rivelata. 

 

Categorie di pensiero a confronto

 

Riuscire a inserirsi in questo dibattito non è facile, ma si può provare. Per farlo, conviene partire dal secondo punto ovvero dalla differenza tra metodo scientifico e argomentazione teologica. La teologia cristiana ha assunto fin dall'inizio del suo sviluppo il linguaggio della filosofia greca come suo linguaggio proprio. La scienza si è sviluppata indipendentemente a partire dai lavori di Galileo e Newton, costruendo i propri paradigmi concettuali e le proprie categorie di pensiero. Emerge allora la domanda circa la possibilità di utilizzare le nuove categorie di pensiero nate in ambito scientifico per parlare di Dio. In particolare la scienza del XX secolo ha introdotto nuovi paradigmi concettuali che hanno avuto un riflesso anche in altre discipline come l'arte o la letteratura. Ma è possibile parlare anche di Dio con le parole della scienza? O al contrario, è possibile che i concetti teologici si arricchiscano di nuove suggestioni alla luce della comprensione che la scienza ha di queste realtà? La risposta credo sia affermativa e ne propongo un esempio.

Il fisico Anton Zeilinger realizzò a partire dagli anni '80 nel suo laboratorio a Vienna alcuni degli esperimenti più significativi in cui si mettevano in luce le caratteristiche più sorprendenti della meccanica quantistica, ovvero la teoria di riferimento per lo studio del mondo microscopico (atomico e subatomico). Una di queste caratteristiche è il fatto che non possono essere assegnate proprietà oggettive alla realtà prima di effettuare la misura del sistema fisico. Questo significa che ad esempio un elettrone non ha una posizione definita nello spazio finché non la misuriamo. Zeilinger esordì qualche anno fa alla conferenza ESOF di Torino dicendo che “nemmeno Dio conosce in anticipo il risultato della misura di un sistema quantistico”. Non era l'ennesima dichiarazione irridente verso le credenze religiose. Era l'inevitabile conclusione del risultato dei suoi esperimenti, a loro volta perfettamente in accordo con la teoria iniziata ormai un secolo fa da Bohr, Heisenberg e Schroedinger. Era un'affermazione quasi imbarazzata. Dio non può conoscere il risultato in anticipo, perché non esiste nessun risultato “pre-esistente”; il processo di misura quantistico “costruisce” e oggettiva la realtà. Che cosa significa allora dire che Dio è onnisciente? Ecco una formidabile questione per la teologia e per la scienza.

 

Naturale e soprannaturale

 

Che cosa possiamo dire invece rispetto all'oggetto della conoscenza, ovvero alla contrapposizione tra ordine naturale e ordine soprannaturale? Uscito dalla libreria con il mio manuale di matematica (o esoterismo?), pensai a che cosa avrebbe pensato a sua volta il suo geniale autore André Weil a trovarsi in compagnia di oroscopi, rune celtiche e pratiche divinatorie varie. Forse ricordandosi della lezione di Frazer non l'avrebbe presa così male. O forse ne avrebbe parlato con la sorella Simone che, da filosofa, a proposito di ordine naturale e soprannaturale, ragionava in questo modo: “Il problema dei miracoli crea delle difficoltà tra la religione e la scienza solo perché è mal posto. Per porlo correttamente bisognerebbe definire il miracolo. Dicendo che è un fatto contrario alle leggi della natura si dice qualcosa che è assolutamente privo di senso. Noi non conosciamo le leggi della natura. Possiamo appena supporle. Se quelle che noi supponiamo sono in contraddizione con i fatti, vuol dire che la nostra supposizione era più o meno erronea. Altrettanto assurdo è affermare che un miracolo è l’effetto di una particolare volontà di Dio. Non abbiamo nessuna ragione di affermare che, fra quanti avvenimenti si compiono, solo questi invece di questi altri procedano dalla volontà di Dio” (Simone Weil, La prima radice, 1943).

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