Biennale Democrazia: lo spazio pubblico della religione

Vivace dibattito alla rassegna torinese quale ruolo per le religioni nella vita democratica? tra Tariq Ramadan e il filosofo Flores d'Arcais, moderati da Angela La Rotella

Parole chiave: biennale democrazia (3), religioni (31), rassegna (12), torino (730)
Biennale Democrazia: lo spazio pubblico della religione

 

Un dialogo molto serrato quello che ha visto confrontarsi nell’ultima giornata di Biennale Democrazia Paolo Flores d’Arcais (filosofo ateo) e Tariq Ramadan (accademico mussulmano) sulla posizione delle religioni all’interno delle democrazie. Il dibattito, moderato da Angela La Rotella, ha preso in considerazione tre aspetti fondamentali: la laicità dello Stato, la condizione della donna e le discriminazioni sessuali e infine l’educazione e la formazione.

 

Ramadan specifica subito che esistono varie interpretazioni della fede islamica in merito alla separazione tra autorità religiosa e politica e che la tradizione mussulmana effettua questa distinzione sin dall’ottavo secolo. Da una parte i salafiti e i wahabiti pensano che sia il Corano a dover produrre e determinare la legge mentre i riformisti (a cui si lega l’accademico) dicono che la legge si produce soltanto con la mediazione della razionalità umana. In poche parole secondo lo studioso mussulmano non c’è conflitto tra l’Islam e la separazione dei poteri e che piuttosto occorrerebbe “sottolineare chi fa veramente pressione sullo Stato, ovvero le lobby e le multinazionali, oltre a chi mette seriamente in pericolo la democrazia, manipolando i media e controllando i dati”. La risposta di d’Arcais mette subito in chiaro che “Uno stato democratico per definizione e laico ed esclude Dio dalla vita pubblica”. Secondo il filosofo non è possibile intrattenere un dialogo razionale sui temi eticamente sensibili per le religioni e di conseguenza dove interviene la fede diventa impossibile formulare leggi democratiche e laiche. “Pio XII –prosegue d’Arcais- con il suo radio-discorso trasmesso nel Natale del 1944, dice che i governanti devono realizzare una vera e sana democrazia, in cui si attua l’ordine voluto da Dio, questo presuppone che una democrazia è sana solo se Cristiana”. Il filosofo sottolinea poi le continue incursioni della Chiesa laddove la democrazia va in contrasto con le dottrine cattoliche. Infine d’Arcais lancia una frecciata a Ramadan, citando una frase che l’accademico disse dopo la strage di Charlie Hebdo “Ho detto che quell’umorismo era da vili, perciò sono d’accordo con la libertà di espressione, ma non nell’uso vigliacco, che va punito”.

 

A questo punto il dibattito dovrebbe spostarsi sul tema delle donne e delle discriminazioni sessuali, ma Ramadan decide di rispondere alle accuse rivoltegli da d’Arcais, spiegando che “Il dibattito pluralista deve esistere, se no sarebbe una razionalità fondamentalista. Su Charlie Hebdo mi da fastidio il fatto che critica chi ha meno possibilità di rispondere, ma ho sempre detto che ha il diritto di fare quello che fa”. Passando invece alla tematica relativa alle donne, l’accademico mussulmano spiega che occorre battersi per un femminismo islamico e che il velo non è un problema, ma piuttosto lo sono le scarse autonomie sociali della donna e la disparità di stipendi e di condizioni lavorative che non derivano dall’Islam. Arriva una risposta a stretto giro di d’Arcais, che sottolinea la totale libertà nelle scelte sessuali come presupposto fondamentale delle democrazie. Se il cattolicesimo ha preso le lettere di San Paolo sulla sottomissione femminile come frutto del suo tempo, ancora oggi esistono islamici che professano la totale sottomissione della donna all’uomo. Ramadan replica al filosofo spiegando che esistono varie traduzioni e interpretazioni. Sul tema della donna esistono interpretazioni Cristiane anche fondamentaliste, così come esiste una maggioranza di mussulmani riformisti.

 

L’Incontro si è concluso trattando il tema dell’educazione e della formazione. Tariq Ramadan ha parlato di un’istruzione senza discriminazione, in cui si seguano tutti gli insegnamenti. L’Accademico mussulmano specifica questa pluralità di insegnamenti, spiegando che vuole “Un’apertura oltre la tradizione greca e romana nell’istruzione in Europa. Bisogna aggiungere i pensieri intellettuali, vogliamo una formazione islamica europea arricchita dalla cultura del vecchio continente”. D’Arcais per una volta si trova completamente d’accordo con Ramadan sull’insegnamento di più pensieri intellettuali a partire dall’insegnamento di più religioni e della critica alle religioni. Sul velo islamico il filosofo esprime forti dubbi, perché a quel punto “Occorrerebbe accettare qualsiasi simbolo religioso e anti-religioso per garantire vera pluralità nei luoghi pubblici”. Il filosofo prosegue dicendo che vi sono scuole dove “Il darwinismo e il creazionismo sono messi sullo stesso piano e dove vi è resistenza all’educazione sessuale, per colpa di fondamentalismi religiosi all’interno delle istituzioni scolastiche”.

 

Il dibattito si è concluso forzatamente per mancanza di tempo, ma queste due ore di accesa discussione sono bastate per comprendere almeno in parte la profondità del tema e per incoraggiare un approfondimento individuale in merito.

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