Al Mao di Torino, le magie dell'Oriente

"Dall'antica alla nuova via della seta", una mostra a Torino fino al 2 luglio

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Al Mao di Torino, le magie dell'Oriente

Un nastro lungo-perché si snoda dall' Asia orientale al Piemonte-, intrecciato- perché ha incontrato civiltà millenarie ed epoche diverse-, è stato tagliato il 31 marzo per l’inaugurazione della mostra "Dall'antica alla nuova via della seta", già ospitata a Roma al Quirinale. Promossa dalla Presidenza della Repubblica e dal Mao- Fondazione Torino musei, è allestita a Torino presso la sede del museo, in Via San Domenico 11, una "finestra sull'affascinante e complesso mondo delle culture dell'Asia".

Ed è pertanto approdo coerente di un percorso che nell'immaginario collettivo evoca carovane di mercanti in viaggio dall'est, cariche di preziosità: dalle stoffe alle statue,  dall'oro alle pietre pregiate, da sontuose suppellettili a  raffinati utensili quotidiani. Ma la rotta era seguita anche da ambasciatori, esploratori, avventurieri, monaci e missionari. Diventava quindi incontro e confronto, accoglienza e scambio, oltreché di merci, di pensieri, di credenze, fedi e usanze. Non stupisce quindi che testimonianze e reperti siano sparsi in Europa. Tra le 70 opere esposte, pregnanti di storia, civiltà e cultura, alcune provengono infatti da importanti musei italiani ed europei. Hanno collaborato,ad esempio, il Musée du Louvre e il Musée Guimet di Parigi, il Museum für Byzantinische Kunst di Berlino, Museo delle Civiltà/Museo Nazionale d’Arte Orientale ‘Giuseppe Tucci’ di Roma, la Biblioteca Apostolica Vaticana, il Museo Nazionale del Bargello di Firenze.

Non stupisce quindi che, giunte da centri rinomati, siano opere altamente significative, fonti e sintesi di  civiltà o fasi diverse. Così, ad esempio, attrae per dimensioni- supera il metro d'altezza- il "Cavallo con ciuffo e corta criniera" del III sec., proveniente dalla Cina sud occidentale, in terracotta rossa con invetriatura colorata. Sempre del III sec., rimanda alla gloriosa città di Palmira, in Siria, il rilievo funerario in pietra calcarea. E' un reperto ancor più raro oggi, di fronte alle macerie causate dall'Isis. Rientra tra i corredi funerari, ampiamente documentati in steli e statuette. Custodita al Louvre, è del VI sec. in Iran la tavoletta in argilla. La scritta, a caratteri cuneiformi, testimonia un fiorente commercio con Egitto e occidente di prodotti alimentari e pietre preziose. Una coppa in lapislazzuli proveniente dall'Afganistan ricorda una lavorazione avviata già nel periodo neolitico. Monete in oro, dai fini bassorilievi, e usate anche come monili, richiamano varie dinastie.

Una sezione particolare è dedicata agli scopritori e   narratori italiani  della poliedrica e millenaria civiltà dell'Asia orientale. Sono il veneziano Marco Polo, i gesuiti Matteo Ricci e Martino Martini. Grazie alla Biblioteca Nazionale di Venezia, si scrutano carte o incunaboli, mappamondi o mappe, ammirando conoscenze, intuizioni e desideri di riprodurre la realtà. Si tratta di lasciti preziosi, non meno dell'esposto "Testamento" di Marco Polo.

Spiegato, campeggia, e per la prima volta offerto al pubblico, il "parato" di Papa Benedetto XI, morto a Perugia nel 1304. Si tratta di piviale, stola, dalmatica e calzari, di recente abilmente restaurati. Di probabile  appartenenza al tesoro pontificio, custodito tra Perugia e Assisi all'inizio del'300, sono confezionati in panno tartarico a piccoli motivi vegetali aurei. Ma nella stola compaiono nei ricami figure di Santi e nella dalmatica inserti successivi. Questi particolari diventano importanti tracce storiche. Infatti i panni tartarici, preziose stoffe realizzate nell'impero mongolo da tessitori islamici, cinesi e dell'Asia centrale tra la metà dei secoli XIII e XIV, erano ambiti nelle più alte cerimonie (incoronazioni, riti funebri, feste di regnanti). Entrarono anche alla corte papale, come dono diplomatico o merce suntuaria. Però, nell'apparato cristiano subirono trasformazioni profonde   che contrastarono il gusto orientale conquistando il mercato europeo con produzioni tessili nostrane. Sono quindi un intreccio di civiltà che si riannoda e si espande in altre forme.

Ed ecco il profilarsi di una possibile, nuova via della seta, indicata in vigilia  di apertura della mostra. Come ha spiegato il curatore Louis Godart, si innesca sul vasto continente euroasiatico, con continui interscambi e marcate rotte commerciali e culturali. Da inserire nel Patrimonio dell'umanità, secondo il progetto del Presidente Xi Jinping, diventa elemento di equilibrio  di fronte al rafforzarsi della posizione statunitense nelle relazioni internazionali. David Gosset (fondatore del Forum Europa- Cina e delle Nuove iniziative sulla Via della Seta) rimarca che "l'Italia e la Cina, nella loro qualità di superpotenze culturali, hanno un ruolo importante da recitare nell'ambito delle relazioni sino- europee e nella creazione di un villaggio globale più armonioso". Ancora il curatore Maurizio Scarpari ribadisce che il nuovo progetto cinese di politiche economiche e diplomatiche sta modificando il mondo intero.

Per scandagliare questa nuova via della seta, nella città viene proposto un fitto calendario di appuntamenti, in diverse sedi, dal 4 aprile al 20 giugno. Alcuni sono a cura del Politecnico di Torino, da anni in collaborazione crescente con i Paesi dell'Asia centrale e Cina.

Il primo passo è però l'ingresso al Mao per questa imperdibile mostra, che chiuderà il 2 luglio. (Orario: martedì-venerdì ore 10- 18; sabato-domenica ore 11- 19; lunedì chiuso. Aperture staordinarie: Pasqua, Pasquetta, 24 e 25 aprile, 1 maggio, 2 e 24 giugno 2017)

Per informazioni: tel 011.4436927, mail mao@fondazionetorinomusei.it, sito www.maotorino.it

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