Vita e opere di Leonardo Murialdo

Presentazione del secondo volume sull'esistenza del Santo, giovedì 18 giugno ale 18 al Collegio Artigianelli di Corso Palestro con Magni, Chiosso, Malerba e Roccia e l’autore

Parole chiave: murialdo (5), voce dell'operaio (1), voce del popolo (6), santi sociali (6)
Vita e opere di Leonardo Murialdo

Approdo di un lungo cammino

E’ merito dello storico don Giovenale Dotta, religioso giuseppino, cimentatosi  in questo  ultimo ventennio in varie pubblicazioni attinenti al suo fondatore, il Murialdo appunto, e al Movimento cattolico, in particolare quello piemontese-torinese. Ne ricordo tre, la prima edita da Piemme, di Casale Monferrato, le altre due da Effatà Editrice di Cantalupa, che costituiscono un apporto notevole alla conoscenza del movimento cattolico torinese: La nascita del movimento cattolico a Torino e l’Opera dei Congressi (1870-1891), 1999; «La Voce dell’Operaio». Un giornale torinese tra Chiesa e mondo del lavoro (1876-1933), 2006;  Chiesa e mondo del lavoro in età liberale. L’Unione Operaia Cattolica di Torino (1871-1923), 2008.

La biografia rappresenta l’approdo di una lunga, attenta e minuziosa ricerca bibliografico – archivistica, condotta dall’autore, puntualmente informato sulle pubblicazioni attinenti alla materia, preparata da studi settoriali (dell’autore e di altri studiosi), indispensabili per una biografia documentata.

L’autore era infatti ben consapevole della notevole difficoltà dell’impresa, dovuta da un lato alla necessità di conoscere bene le fonti e l’ambiente di vita del biografato e dall’altro alla mancanza di monografie critiche su alcuni aspetti relativi agli anni giovanili del Murialdo. Per questa ragione, non programmò una biografia e i relativi volumi, come si usa fare, ma affrontò lo studio del periodo della formazione (considerato essenziale) - trascurato dalla pur valida prima biografia, quella di don Eugenio Reffo, nel 1903 - e della prima attività pastorale, fino al 1866, anno della imprevista nomina a rettore degli Artigianelli, svolta esistenziale e pastorale. Non a caso nella conclusione del «primo volume» del 2011 l’autore scrive: «il presente studio non figura come “primo volume» di un’opera più ampia. Penso che abbia una sua ragion d’essere autonoma, come studio sulla giovinezza del Murialdo. I lavori del successivo cantiere non sono ancora iniziati, non ne esiste ancora il progetto».

Necessità di una biografia storica

Quella di Dotta si presenta cronologicamente come la terza biografia del Murialdo. La prima, già citata, fu quella di Eugenio Reffo del 1903, testimone oculare e primario collaboratore: T. Leonardo Murialdo Rettore degli Artigianelli di Torino e Fondatore della Pia Società di S. Giuseppe; pur lacunosa nel periodo della formazione, è rimasta la più attendibile. Negli anni 1966 e 1967 comparvero i due corposi volumi, Leonardo Murialdo, di don Armando  Castellani. Rimasta incompiuta per la prematura morte dell’autore, è la più nota, ma, purtroppo, la meno attendibile, per due difetti di fondo, rimarcati attentamente, con precisione ed equilibrio dallo stesso Dotta: taglio tendenzialmente agiografico (nonostante il ricco apparato di note e abbondanza di «documenti») orientato a maggiorare indebitamente l’opera del Murialdo nel movimento cattolico, e soprattutto «non sempre fedele nel riportare i testi e nel riprodurre i documenti» (p. 9), tradendo lo spirito del fondatore espresso dal motto Fare e tacere. Curiosamente, un lavoro mastodontico, che doveva costituire un passo storiografico in avanti rispetto alla biografia di Reffo, ma che in realtà rappresentò un passo indietro, sul piano della affidabilità: di qui lo sforzo notevole di Dotta  nel cercare di discernere il vero dal falso, per fare emergere nella sua «verità storica» la pur  grande figura del Murialdo, che esce dai due volumi di Dotta non ridimensionata, bensì liberata dagli orpelli agiografici.

Momenti significativi della formazione del Murialdo

Del lungo periodo formativo esposto nel «primo volume» di Dotta e  che si chiuse  di fatto nel 1866, mette conto sottolineare, alcuni momenti e aspetti. La famiglia benestante (il padre era agente di cambio e sensale di commercio) offrì al giovane Leonardo quanto di meglio si potesse desiderare a livello formativo in quegli anni. Dal 1836 al 1843 fu (con il fratello Ernesto), cioè dagli otto ai quindici anni, allievo interno del Collegio degli Scolopi in Savona. Il loro progetto educativo - scolastico, rispetto a quello dei Gesuiti, privilegiava lo studio delle scienze, della matematica, della storia e delle letterature moderne. Nonostante la grave crisi adolescenziale, psicologica  e morale, sofferta  nel 1842-43, egli “conservò un buon ricordo dei suoi educatori e fu loro sempre grato della educazione che vi aveva acquisito» (p. 55). Dotta, tentando di cogliere quanto di importante e duraturo poté aver lasciato nel Murialdo l’educazione scolopica, sottolinea questi elementi: «confermò in lui quei tratti di gentilezza e di signorilità che già gli erano propri  per temperamento e per educazione familiare»; l’ambiente abbastanza aperto probabilmente lo aiutò ad acquisire sensibilità ai tempi nuovi e forse anche a suscitare la passione per i viaggi e l’apertura a esperienze educative nuove.

Nulla di singolare invece nel fatto che negli anni 1843-1850 Leonardo abbia frequentato i corsi di filosofia e  di teologia nell’Università di Torino:  era normale che i rampolli delle famiglie benestanti che intraprendevano la «carriera» ecclesiastica frequentassero i corsi di teologia nella facoltà teologica dell’Università conseguendo la laurea (da parte del Murialdo nel 1850) e non fossero allievi del seminario e neppure del Convitto Ecclesiastico di S. Francesco: per questo, diversamente da don Bosco, egli non fu allievo del Cafasso. In contrasto con Castellani, Dotta ritiene poi, prove archivistiche alla mano, che circa il pensiero di Murialdo sugli avvenimenti risorgimentali le fonti siano quasi nulle.

Determinanti per la sua formazione pastorale  e per l’affinamento  della sensibilità sociale fu prima la collaborazione prestata nell’oratorio dell’Angelo Custode, fondato da don Cocchi, poi la lunga direzione dell’oratorio di San Luigi, affidatagli da don Bosco. Ma fondamentale per la sua formazione umana, spirituale e pastorale, e in parte teologica, fu l’anno 1865-1866 trascorso a Parigi nel Seminario di S. Sulpizio, che attirava seminaristi da tutta la Francia, per il metodo  elaborato dal fondatore abate Olier (1608-1657), ispirato alla spiritualità dell’abate Bérulle (1575-1629); secondo l’abate Icard, direttore al tempo del Murialdo,  «i tre distintivi» spirituali che i Sulpiziani avevano ricevuto dall’Olier erano: «amore a Gesù Cristo, confidente devozione a Maria, umiltà» (p. 251). Il soggiorno parigino-sulpiziano, una specie di «anno sabbatico», fu importante anche  per l’esperienza indiretta e diretta del vivace cattolicesimo sociale francese, che influenzerà notevolmente l’impegno del Murialdo nel movimento cattolico. Diversamente dagli altri santi sociali «torinesi», l’esperienza parigina, come nel caso del coetaneo beato Francesco Faà di Bruno negli anni 1849-1856 alla Sorbona, connotò in senso europeo la formazione della personalità del Murialdo.

Rettore degli Artigianelli  e protagonista del Movimento cattolico.

Prima del tempo immaginato dallo stesso autore, è da poco uscito il secondo volume della biografia del Murialdo, che copre la seconda parte della sua vita, gli anni 1866-1900, dalla nomina a rettore degli Artigianelli alla morte. Per scelta, di questo arco di tempo tuttavia manca nel volume un aspetto fondamentale: «Murialdo come fondatore e guida della Congregazione di San Giuseppe da lui iniziata nel 1873», cui Dotta intende infatti dedicare  il terzo volume.

Precisando che si tratta di una biografia più tematica che cronologica, nella Introduzione l’autore scrive: «Sembra infatti che la seconda parte della vita del Murialdo (1866-1900) non possa essere distinta in diversi brevi segmenti, ma debba essere considerata nell’intero suo arco, sul quale si tendono, come frecce, iniziative, opere, fondazioni, interessi che devono essere accompagnati compiutamente nel loro evolversi, ma senza dimenticare la loro reciproca interazione e il quadro d’insieme, costituito dalla Torino e dall’Italia del secondo Ottocento, dalla Chiesa di Pio IX e di Leone XIII, da quel composito ma unitario sistema di opere che irraggiavano dal Collegio degli Artigianelli e anche dal variegato mondo di sacerdoti, religiosi e laici che si dedicavano, con il Murialdo, all’accoglienza e all’educazione scolastica, professionale e cristiana della gioventù povera e abbandonata» (p. 10). Così è detto della struttura e del contenuto del secondo volume, specificato sinteticamente dal sottotitolo: L’apostolato educativo e sociale.

Accingendosi al lavoro, l’autore si è trovato davanti non un deserto ma una foresta, nel senso che dell’opera educativa e sociale del Murialdo, diversamente dalla formazione, si era scritto molto, in particolare dal Castellani (quantunque  incompleto  e soprattutto inaffidabile specie nei temi dei  viaggi  e del movimento cattolico) e dallo stesso Dotta nei testi già citati, ma anche nel senso dell’abbondanza della documentazione archivistica, a cominciare dall’Archivio Storico degli Artigianelli di Torino e dall’Archivio Centrale Giuseppino di Roma, consultati attentamente e scrupolosamente, per completare l’informazione e correggere quanto scritto in modo errato.

Sfrondata da ridondanze non fondate, ne emerge, nitida e grande, la personalità di apostolo dell’educazione giovanile operaia (partendo dagli Artigianelli) e di protagonista del movimento cattolico, specialmente a livello  locale, ma in una rete di collegamento con i movimenti cattolici europei, anche tramite frequenti viaggi con incontri personali e la partecipazione a convegni: in Francia, Belgio e Inghilterra. Del Murialdo, già di formazione europea, si impone quindi anche  l’orizzonte europeo di un intenso impegno sociale.

Tra molti, mi limito a segnalare due settori del suo impegno sociale. In Italia mancava ancora un minimo di normativa del lavoro femminile e minorile, a cominciare  dai limiti di età (si lavorava in fabbrica anche al di sotto dei nove anni) e dall’orario (fino a 14 ore anche nei giorni festivi). A questo fine egli condusse una lunga e, purtroppo, infruttuosa battaglia. Nel 1879, quando il sindaco di Torino, Ferraris, su invito del Presidente del Consiglio Cairoli, chiese il parere al Murialdo (insieme a vari imprenditori) in quanto direttore degli Artigianelli, su un progetto di legge sul lavoro dei fanciulli, fu il solo, con un altro sacerdote, rettore del Regio Albergo di Virtù, a sostenere la necessità della legge, che rimase lettera morta per decenni; infatti ancora nella Conferenza di Berlino del 1890, l’Italia fu tra i pochi stati che votarono contro le proposte di miglioramento del lavoro femminile.

Murialdo era convinto dell’importanza della stampa. Non a caso quindi all’interno del   Comitato regionale piemontese dell’Opera dei Congressi fu il principale animatore della fondazione dell’Associazione per la Buona Stampa nel 1883. Si è anche abitualmente scritto che il Murialdo sia stato il fondatore o almeno l’ispiratore della testata che anticipò prima «La Voce dell’Operaio«» e poi l’attuale «La Voce del Popolo». Anche per questo aspetto, Dotta ha operato un chiarimento definitivo. Come il teologo Murialdo non era stato né il fondatore né l’ispiratore della Unione Operaia Cattolica nel 1871, così non lo fu nei confronti  del suo mensile, uscito nel giugno 1876 con il titolo «Unioni Operaie Cattoliche», per iniziativa di Domenico Giraud, segretario contabile in un’industria conciaria: tuttavia il Murialdo, che ne frequentava l’ambiente, sostenne l’una e l’altro. Fu poi tra gli «illuminati personaggi» che suggerirono il cambiamento della testata nel 1883 in «La Voce dell’Operaio».  Senza contare che dal 1876 al 1927 le due testate furono stampate nella tipografia del Collegio Artigianelli e poi  nella tipografia «La Salute». Dal 1901, anno della morte del Giraud, i Giuseppini ne divennero proprietari, come lo sono tuttora, pur avendo ceduto gratuitamente nel 1947 alla diocesi di Torino direzione e amministrazione.  Si deve essere  grati a don Dotta per questa bella biografia, che gli è costata tanta fatica. Essa non soltanto restituisce nitidamente alla verità storica una delle più belle e insigni figure di santi sociali torinesi, ma costituisce un interessante e documentato panorama della Torino (ma non solo) del secondo Ottocento, specialmente sotto gli aspetti ecclesiale e sociale.

 

GIOVENALE DOTTA,  Leonardo Murialdo.  Infanzia, giovinezza e primi ministeri sacerdotali (1828-1866), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2011, 346 pp.; Leonardo Murialdo, L’apostolato educativo e sociale (1866-1900), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2015, 486 pp.

 

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