La Sindone e i malati

Nella storia contemporanea dell'Ostensione, il volto della sofferenza di migliaia di donne e uomini pellegrini

Parole chiave: sofferenza (3), sindone (73), malati (12), ostensione (31)
La Sindone e i malati

Una vicenda particolarmen­te commovente nella millenaria storia della Sindone. Sessant’anni fa alle quat­tro del pomeriggio del 7 lu­glio 1955, una bambi­na inglese, Josephine Woo­lam, figlia di operai di Glou­cester, affetta da osteomie­lite, venne condotta alla Cappella di Guarino Guarini che ospitava la Sindone. La accompagnavano il cardinale arcivescovo di Torino Maurilio Fos­sati e il capitano  della Royal Air Force (Raf) Leonard Cheshire, che vide gli orrori della bomba atomica su Nagasaki e si convertì al Cattolicesimo votandosi alla causa della pace e della cooperazione tra i po­poli.

La bimba era gravemente inferma. All’inizio del maggio 1955, mentre era convalescente a casa, Josie ebbe dal padre una copia del settima­nale «Picture Post», che recava un articolo sulla Sindo­ne scritto proprio da Cheshire. Il testo era corredato da una foto del volto della Sindone. Raccontò successivamente la Woolam: «Io allora non sapevo né leggere né scrivere, e guar­davo solo le figure. Ma quel­la immagine mi colpì in mo­do speciale e chiesi a mio padre di leggermi l'articolo. Mi venne questa idea: se avessi potuto toccare anche solo per un istante la Sindo­ne, questo lenzuolo che ve­rosimilmente ha avvolto il corpo di Cristo, subito sarei guarita».

La madre di Josie scrisse una lettera ac­corata all’eroe della Raf pregandolo di interessarsi del grande desiderio della figlia. Leonard Cheshire andò a tro­vare la piccola e le propose di intraprendere con lui il pellegrinaggio alla volta dell'Italia e di Torino. C'erano grandi difficoltà da superare, ma la fiducia della bimba e il coraggio del pilota non furono mai incrinate. Fu interessato Pio XII; otten­nero il consenso della Santa Sede; andarono a Cascais in Portogallo dove l’ex-re d'Italia Umberto II viveva in esilio: era il proprietario della reliquia. II 6 luglio 1955 erano a Torino e il 7 la bimba, che aveva 11 anni, fu accompagnata nella Cappella del Guarini.

Era stato predisposto un tavolo coperto da una tova­glia bianca. Il cardinale Fossati sedette e fece accomodare Josie accanto a sé. C'erano il capitano, i cappellani palatini, allora «custo­di» della Sindone, e alcune Missionarie della Consolata che ospitavano la bambina. Le due porte esterne del forziere, dove era custodita la cassetta della Sindone, furono aperte. Con tre chiavi diverse fu aperta la porta interna e la cassetta istoriata venne presa e deposta sul tavolo. Ci fu un momento di raccoglimento e di preghie­ra, poi la cassetta venne de­posta in grembo a Josie, alla quale fu consentito di toc­carla. Con gli occhi lucidi di lacrime la piccola inglese chiese al cardinale se non era proprio possibile aprire la cassetta. Fossati disse ai

«custodi» di sol­levare il coperchio ma senza rompere i sigilli in modo che la bimba potesse far passare la mano. Ma i sigilli erano fissati stretti. Allora il cardinale si fece portare un paio di forbici, tagliò i sigilli e la bambina poté toccare l’involucro della Sindone, che allora conservata arrotolata. 

La signora Woolam tornò a Torino – accompagnata da Cheshire, ormai colonnello in pensione - giovedì 14 settembre 1978 durante l’ostensione: in Duomo passò davanti alla Sindone e ritornò in Cattedrale alla sera per la Concelebrazione presieduta dall’arcivescovo Anastasio Alberto Ballestrero. Mi raccontò l’intensa emozione che aveva vissuto 23 anni prima: «La Sindone è avvolta in un ro­tolo di seta rossa. Mi permisero di reggerlo e anche di spingere la mano nella custodia. Di più, disse il cardi­nale Fossati, non era proprio possibile fare. Poi i "custo­di" riposero il rotolo nella cassetta e que­sta, chiusa con i sigilli, fu rimessa nel forziere».

Il miracolo della guarigio­ne non avvenne. Ma era felice: «Apparentemente non accadde nien­te. Ma io non ero assolutamente delusa. Dopo, quando tornai nel Gloucestershire, mi resi conto che quest'e­sperienza mi aveva rasserenata e mi aveva dato la pace interiore». Una pace ed una forza d’animo che le consentirono di superare le difficoltà della malattia, di costruirsi una fami­glia e di avere un figlio.

Una pace interiore che consentì al colonnello Cheshire (1917-1992) di diventare apostolo di pace e di solidarietà: due anni dopo la morte la San Paolo pubblicò «C’è Dio in tutto questo?» un libro-intervista al pilota di bombardieri con oltre cento missioni all’attivo, eroe di guerra e testimone di uno dei più tremendi eventi del XX secolo: il lancio della bomba atomica su Nagasaki.

Nell’ostensione 1933 vi fu una «giorna­ta per i malati». Nel 1978 sin dal primo annuncio si disse che «i malati sono i beniamini dell’ostensione». E da allora nei mercoledì pomeriggio l'acces­so al Duomo e la visita alla Sindone sono riservati a infermi, handicappati (oggi si dice disabili), non autosufficienti e in qualunque modo «im­pediti». L’iniziativa si doveva anche all’impegno di don Mario Veronese, un benemerito sacerdote che praticamente ha creato la pastorale della sanità in diocesi di Torino. Nel 1978 passarono davanti alla Sindone quasi 15 mila infermi, che furono i «beniamini della Sindone» anche nelle ostensioni successive 1998, 2000, 2010 e nell’attuale.

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