Don Carrón: oggi è il tempo della «bellezza disarmata»

Intervista al presidente della Fraternità a Torino per la presentazione del suo ultimo libro

Parole chiave: Carron (2), Comunione e liberazione (2), torino (730), incontro (27)
Carron con Calabresi e Bardazzi

«Prima battaglia, ridestare tutta la potenza del desiderio umano». Seconda, accogliere da don Giussani, da papa Benedetto XVI e papa Francesco «la testimonianza di Cristo come l’Unico che conosce veramente il cuore dell’uomo e non lo delude». Invito ai ciellini ad avere «il mondo intero» come «orizzonte della propria fede». Don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, spiega a che cosa serve un movimento come quello che guida da oltre dieci anni, dopo esser stato scelto da don Giussani come suo successore. E come lo guida.

Don Carrón, nel suo primo libro italiano, «La bellezza disarmata», presentato di recente anche a Torino, colpisce una preoccupazione costante rispetto a come si vive oggi in Occidente: lei parla di riduzione dell’uomo e del suo desiderio. Dove individua queste «riduzioni»?

Proprio nel tentativo di ridurre tutta l’ampiezza del desiderio dell’uomo per poter ‘governare’ più facilmente le persone. Ciascuno di noi nasce con un desiderio di verità, bellezza, giustizia, amore, felicità. E tutti i nostri tentativi sono per trovare una risposta a queste domande che ci costituiscono e che nessun surrogato può soddisfare. Il tempo in cui viviamo offre costantemente dei «falsi infiniti», come ha detto Benedetto XVI, che sembrano riempire la vita, ma lo fanno solo per qualche istante e poi lasciano più soli e scettici.

Un’altra costante del suo pensiero è che siamo nel pieno di un «crollo delle evidenze». A che cosa si riferisce?

Al fatto che alcune grandi parole, che solo fino a qualche decennio fa sembravano incrollabili, come vita, persona, amore, libertà, oggi non hanno più un significato così evidente. Il tentativo illuministico di staccare questi valori dalla loro origine storica, cioè dal cristianesimo, è fallito e con esso è andato in crisi l’uomo in quanto tale; a rischio, infatti, mi sembra proprio l’uomo, la ragione e la libertà: don Giussani sottolineava che il pericolo più grave non è tanto la distruzione dei popoli, ma il progetto del potere di distruggere l’umano.

Ridestare l’uomo e la donna nella loro vita quotidiana; rilanciare i giovani, specie nella scuola e nell’università, a un interesse vero verso sè stessi. Lei sente fortemente queste urgenze. Perché?

Proprio per quello che ho appena detto. Se è in gioco l’uomo, il suo desiderio, la sua ragione e la sua libertà, allora la prima battaglia è ridestare tutta la potenza del desiderio umano davanti a qualunque potere. Oggi tutti parlano di «emergenza educativa», che riguarda certamente la scuola e l’università, ma anche ogni uomo e donna che si trova a vivere in un cambio d’epoca in cui la realtà più bistrattata è proprio l’io umano. Per questo occorre un impegno educativo per sconfiggere quel torpore che afferra i giovani e anche gli adulti, per cui nulla sembra più interessare e tutto diviene indifferente. Ecco perché ridestare un interesse vero per la vita è il primo compito educativo: ritrovare un’apertura positiva verso la realtà, con lo stupore del bambino davanti a una cosa bella.

Lei invita a riscoprire il gusto per l’incontro con l’altro (da qui anche l’apertura totale sul tema dei migranti). Soprattutto invita a lasciarsi provocare da ciò che succede. Lei propone questo modo di vivere a tutti, ma lo raccomanda in particolare ai cristiani…

È così, perché non c’è altro modo per ridestare un interesse vero se non attraverso un incontro. Basta pensare a che cosa succede quando una persona si innamora. L’altro non è qualcuno da cui difendersi, un ostacolo, un nemico da combattere; l’altro è essenziale per il mio cammino. Ce lo ricorda sempre papa Francesco, come ha scritto anche nel suo messaggio al Meeting di Rimini: «Aprirci agli altri non impoverisce il nostro sguardo, ma ci rende più ricchi perché ci fa riconoscere la verità dell’altro. In questo modo può iniziare quel dialogo che fa avanzare nel cammino verso nuove sintesi che arricchiscono l’uno e l’altro. Questa è la sfida davanti alla quale si trovano tutti gli uomini di buona volontà». Non c’è altra strada per non soccombere nel mondo globale di oggi. Questo lo possono capire molto bene i cristiani, per i quali l’altro per eccellenza, il Mistero che fa tutte le cose, è diventato carne per rendersi incontrabile dall’uomo. Da allora la Verità è una relazione, un rapporto vivente.

Lei afferma che per ricostruire l’umano «occorre che venga qualcuno dal di fuori dei nostri pensieri, della nostra capacità ridotta di guardare». Che cosa intende dire? E’ per questo che lei dice che Cristo è venuto per risvegliare l’uomo?

Certamente. Non lo invento io, tutta la storia del popolo di Israele è la documentazione della iniziativa di Dio verso l’uomo, che dopo il peccato si era perduto a causa della pretesa di fare da sé. E solo la pietà di Dio per il nostro niente è stata all’origine di quel cammino che è culminato nell’Incarnazione: Dio si è curvato su di noi, ha deciso di scendere al nostro livello per ricostituire tutto il nostro io, per allargare il nostro cuore, ragione e affettività, e consentirci così di vivere all’altezza dei nostri desideri.

La proposta che lei fa ai suoi di CL, e a tutti attraverso questo libro, appare come un mix del magistero di don Giussani e di papa Francesco, senza dimenticare Benedetto XVI. E’ così? Che cosa c’è che lega questi tre giganti della fede e che lei ingloba nel suo modo di guidare il Movimento di CL?

La loro testimonianza di Cristo come l’Unico che conosce veramente il cuore dell’uomo e non lo delude. Ma non un Cristo del passato, un’idea o un pensiero religioso, bensì una Persona viva, capace di suscitare quella curiosità e quel desiderio per cui i primi due che Lo incontrarono sulle rive del Giordano gli domandarono: «Dove abiti?», andarono e tornarono alle loro case pieni di entusiasmo per l’incontro con quell’uomo eccezionale che era Gesù. Questo mi stupisce dei padri che la misericordia del Padre ci ha dato per rivivere la stessa esperienza di Giovanni e Andrea. Non ho altro da offrire ai miei amici se non quello che ho imparato da don Giussani: la sua passione per Cristo che lo ha fatto scoprire uomo e la sua fedeltà al Papa nel quale sta la sicurezza per la nostra vita di fede dentro l’alveo della Chiesa. Per questo ogni parola dei due Papi che ha citato è per noi un dono che Dio ci fa per indicarci la strada, correggerci e accompagnarci nel cammino.

Con questo libro lei sembra segnare uno spartiacque definitivo tra CL e le opere sociali realizzate da ciellini e tra CL e l’impegno politico di ciellini. E’ così?

Per nulla. Non ho mai invitato i miei amici del movimento a ritirarsi dal mondo, per chi ha incontrato Cristo l’orizzonte della fede è il mondo intero, ma a scoprire la ragione profonda di ogni impegno: una passione per Cristo e per i fratelli uomini, che è all’origine di ogni tentativo, sebbene sempre limitato e approssimativo, di rendere migliore, cioè più umana, la vita sociale, offrendo il proprio contributo al bene di tutti.

Chiudiamo con il titolo del libro. Perché puntare sulla bellezza? A quale bellezza si riferisce? E perché deve proporsi oggi come «disarmata»?

Perché non c’è altra modalità per comunicare il vero. È stata una grande conquista del Concilio Vaticano II: riconoscere, secondo l’insegnamento di Cristo, che non c’è altro accesso alla verità che non passi attraverso la libertà. La verità cristiana non ha bisogno di una qualche forza esteriore alla verità stessa per convincere le persone: pensiamo agli incontri di Gesù. Solo l’attrattiva della verità può suscitare l’interesse per la fede e muovere la libertà delle persone fino al riconoscimento di Cristo presente e vivo nella Chiesa. Come ha detto pochi giorni fa papa Francesco, durante il Giubileo dei catechisti, «è amando che si annuncia Dio-Amore: non a forza di convincere, mai imponendo la verità, nemmeno irrigidendosi attorno a qualche obbligo religioso o morale. Dio si annuncia incontrando le persone, con attenzione alla loro storia e al loro cammino. Perché il Signore non è un’idea, ma una Persona viva: il suo messaggio passa con la testimonianza semplice e vera, con l’ascolto e l’accoglienza, con la gioia che si irradia». In questo senso ho parlato di «bellezza disarmata». «I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile. La Chiesa non cresce per proselitismo ma “per attrazione”» (Evangelii gaudium, 14). Per questo sento come rivolta innanzitutto a me una domanda che posi dopo gli attentati di Parigi: ma noi cristiani crediamo ancora nella capacità della fede che abbiamo ricevuto di esercitare un’attrattiva su coloro che incontriamo e nel fascino vincente della sua bellezza disarmata?

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