Una nuova scuola per il futuro, coltivare talenti e dare prospettive

Intervista a Andrea Gavosto Direttore della Fondazione Giovanni Agnelli

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Una nuova scuola per il futuro, coltivare talenti e dare prospettive

Dove va la scuola in Italia oggi. Riforma "Buona Scuola", rapporto tra istruzione e lavoro, un suo quadro d’insieme della realtà nazionale

 

La  scuola italiana oggi non ha ancora risolto i due grandi problemi storici, che in questi decenni ne hanno limitato la qualità e le hanno impedito di recuperare il ritardo che la separa dai migliori sistemi d’istruzione in Europa e nel mondo.  Il primo problema è quello della sua efficacia, che – semplificando -  si valuta innanzitutto dalla qualità degli apprendimenti che gli studenti acquisiscono lungo i percorsi di studi primario, secondario e terziario. Quando penso ad apprendimenti di qualità penso naturalmente a tutto quanto può servire allo studente per costruirsi l’insieme delle competenze utili a un inserimento di successo nel lavoro e nella vita civile contemporanea. Con in più un’adeguata capacità di “stare al passo” con un mercato del lavoro, una società, un orizzonte tecnologico in continuo e rapido mutamento: avere apprendimenti di qualità nella scuola oggi significa anche essere capaci a rinnovare i propri saperi e le proprie competenze domani. Certamente, in alcune aree del Paese – in particolare al Nord – abbiamo realtà scolastiche che garantiscono un’ottima qualità degli apprendimenti. Ma vi sono purtroppo realtà – segnatamente in alcune regioni del Meridione – dove i livelli degli apprendimenti e delle competenze sono oggi così bassi da rendere più di un terzo degli studenti di quelle aree – come certificano ad esempio le indagini Ocse Pisa – inadeguati a una partecipazione attiva al lavoro e alla comunità democratica. Anche per la scuola o - forse meglio sarebbe dire - proprio a partire dalla scuola, l’Italia appare segnata da un profondissimo divario, come se fosse spaccata in due. Analogo ragionamento si può fare per il secondo problema della nostra scuola, la sua equità. Sappiamo bene che il successo scolastico continua a dipendere in modo rilevante dall’origine socioculturale dello studente. Questo naturalmente non è un problema solo italiano, più o meno è così dappertutto. Ma in Italia il fenomeno è più accentuato che altrove. Molte ricerche – incluse quelle della Fondazione Agnelli – mostrano come nel nostro Paese soltanto la scuola primaria riesca a contenere i divari sociali d’origine. Ma già dalla scuola media questi divari legati al background di ciascuno studente esplodono e portano a differenze nei livelli di apprendimento e di competenze che non vengono più recuperate nel percorso successivo. Il caso degli studenti di origine straniera è particolarmente eclatante, ma il problema è ben più esteso e i livelli di dispersione scolastica in Italia – nuovamente e prevedibilmente più accentuati al Sud – altro non sono che i sintomi evidenti di questa patologia: sono fra i più elevati d’Europa e mettono a repentaglio il futuro di troppi giovani, con danni gravi anche per l’intero Paese.

Non sono ottimista sulla possibilità che la legge 107-2015, più nota come «La Buona Scuola», ponga le premesse necessarie per migliorare efficacia ed equità della scuola italiana. Certo, con la Buona Scuola un governo italiano è tornato dopo molti anni a investire in istruzione e questa resta comunque una buona notizia. Però, va detto che gran parte delle risorse fresche investite sono andate al piano straordinario di assunzione dei docenti. Un piano che avrebbe dovuto risolvere la piaga del precariato del corpo insegnante italiano (e per il momento sappiamo che non ci è riuscito), ma che non dà affatto garanzie di avere selezionato i docenti di qualità che servirebbero per fare crescere i nostri livelli di apprendimento nei prossimi dieci-quindici anni. Una nota abbastanza positiva della Buona Scuola è rappresentata, invece, dalle misure per una strutturata e diffusa alternanza scuola-lavoro. In qualche modo, ci si è ispirati al sistema tedesco, che da decenni dà buoni risultati e in questi anni ha contribuito a contenere i rischi della disoccupazione giovanile. Ma è ancora troppo presto per dire se l’implementazione in Italia di una seria alternanza scuola-lavoro avrà uguale successo: molto dipende dalle risorse che saranno effettivamente messe in campo, ma anche dalla maturità e dalla capacità culturale del mondo della scuola, ma non meno delle imprese, di dare sostanza alla novità normativa.

 

La formazione e l'istruzione primaria, secondaria e universitaria sono una risorse fondamentali per il futuro, a quali modelli ispirarsi per dare maggiori risorse economiche e strategiche da parte della Politica (governo e Parlamento) ?

In Europa e nel mondo ci sono esperienze dalle quali possiamo apprendere molto. Anche se poi i modelli sono sempre difficili da importare. Credo che in questa fase la priorità di chi governa la scuola italiana sia la politica di rinnovamento del corpo docente. Si dice spesso che nessuna scuola può essere migliore dei propri insegnanti: è verissimo. E allora si tratta di capovolgere l’orientamento che in Italia ha dominato gli ultimi 40 anni di politiche per gli insegnanti, a cui lo Stato diceva «ti do poco, ti chiedo poco». Bisogna fare in modo che nella scuola arrivi un flusso - regolare e continuo - dei migliori neolaureati, che devono vedere nell’insegnamento un’opportunità di realizzazione personale ed economica, non una professione di ripiego, com’è avvenuto fino a oggi. Servono, da un lato, un sistema di formazione dei docenti che selezioni in modo rigoroso professionisti preparati nelle diverse discipline d’insegnamento e ben formati alle specifiche complessità della professione: competenze didattiche, relazionali, organizzative, oggi tutte dimensioni deficitarie in Italia, per ammissione degli stessi interessati. Dall’altro, servono modalità di reclutamento che prospettino ai migliori fra i docenti – a differenza della carriera piatta di oggi – sostanziali possibilità di crescita professionale, retributiva e di rinnovato prestigio sociale: questo sarebbe «premiare il merito» degli insegnanti, più che dei bonus una tantum. La legge 107 prevede una delega al governo per riformare il sistema di formazione iniziale degli insegnanti. Dalle sue linee guida non direi, però, che vada nella direzione che suggerivo, che è quella, ad esempio, della Finlandia, che ha ottimi insegnanti e di conseguenza un ottimo sistema scolastico. Anche se si imboccasse la strada giusta, in ogni caso per migliorare in modo significativo la qualità del corpo docente italiano ci vorrebbero molti anni. Perciò, almeno per tutto questo tempo sarà necessario tenere il sistema d’istruzione nazionale sotto continua osservazione ed attenzione, attraverso una valutazione delle scuole rigorosa e trasparente, che serva sia a orientare tutti gli istituti al miglioramento sia a identificare e porre rimedio alle situazioni più critiche. Su questo tema qualche progresso c’è stato in Italia e la cultura della valutazione sta entrando, seppure ancora con molte resistenze, nella scuola. I prossimi due o tre anni saranno decisivi per sapere se sapremo costruire un Sistema Nazionale di Valutazione efficace e coerente.

Orientamento e pre-iscrizioni. Il rapporto famiglie e scuole è da rivedere, riprendere e aggiornare attraverso quali linee?
Seguendo l’esempio di molti altri paesi avanzati, anche in Italia le famiglie che hanno figli a scuola e devono scegliere con loro e per loro quale percorso di studio sembrano oggi non accontentarsi più di conoscenze “di seconda mano”. Opinioni che nascano, come in passato, dal “sentito dire”, da informazioni impressionistiche, non bastano più. La cultura del nostro tempo chiede che l’enorme mole di dati potenzialmente a disposizione su ogni aspetto della vita sociale possa diventare fruibile a tutti per permettere scelte consapevoli, fondate su fatti e confronti verificabili. E così anche sulla scuola si vogliono più trasparenza e, nei limiti del possibile, più oggettività d’informazione. Ci sembra una tendenza positiva e irreversibile, che esprime domande che vanno soddisfatte attraverso l’impegno di istituzioni scolastiche, Ministero, enti di ricerca. In questo modo studenti e famiglie potrebbero avvantaggiarsi di migliori condizioni per affrontare le scelte scolastiche, in particolare, quella più cruciale e delicata: la scelta della scuola superiore dopo la terza media.

Per questa ragione la Fondazione Agnelli ha creato il portale Eduscopio (www.eduscopio.it), online dal novembre 2014. E, da poche settimane, un secondo portale: EduscopioLavoro (www.eduscopiolavoro.it). Sono due strumenti diversi, per l’orizzonte tematico e le informazioni che offrono: il primo permette confronti fra le scuole superiori che offrono i medesimi indirizzi scolastici in relazione alla loro capacità di formare agli studi universitari (licei e un’ampia parte degli istituti tecnici). Il secondo, per ora limitato a Piemonte e Lombardia, è complementare al primo e permette confronti fra gli indirizzi scolastici (tutti gli istituti tecnici e professionali) che hanno come missione fondamentale di preparare all’inserimento nel mondo del lavoro subito dopo il diploma. Entrambi hanno, però, la medesima intenzione: offrire gratuitamente alle famiglie una risorsa in più, che permetta confronti sulla base di dati oggettivi, chiari e trasparenti, così da aiutare l’individuazione del percorso di studi più adatto alle aspirazioni e ai talenti dello studente.

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