Grecista o meccanico? Senza curiosità è lo stesso

Le considerazioni del Preside dell'Itis Avogadro di Torino 

Parole chiave: umanistica (1), scientifica (1), meccanica (1), scuola (84), formazione (28)
Grecista o meccanico? Senza curiosità è lo stesso

Ripresa del classico, calo del professionale, tengono i tecnici. Le iscrizioni alle superiori meritano la lingua dei cronisti sportivi. Cominciamo con lo sgombrare il campo dai pregiudizi: classico o professionale vanno bene se li si elegge consapevolmente a propria strada, se non si tratta di una scelta di risulta («vado al professionale perché al liceo c’è troppo da studiare, al tecnico c’è un sacco di matematica, allora non mi rimane che…»). Da evitare anche le mode amplificate dai media: tutti all’alberghiero per diventare chef stellati e via a gambe levate dagli studi di meccanica, tanto si sa che la nota Fabbricona Automobilistica sta per lasciare definitivamente il Paese! Da rifuggire infine i modelli culturali assoluti. Arti e cultura umanistica da una parte, scienze dall’altra. La celebre conferenza di Snow  che tenne a battesimo la dicotomia è del 1959; da allora ne sono successe di cose, ma soprattutto ha assunto importanza una terza cultura, quella delle scienze sociali: la sociologia, l'antropologia, la scienza politica, l'economia e la psicologia; e non basta, si è dato rilievo a come le tre culture interagiscano a sistema. E non vi è chi non lo veda.

Ma questo cosa c’entra con le scelte dei ragazzi? Si dirà; «perché devo scegliere una scuola tecnica e non mantenere un profilo culturale generale, che mi consenta di fare scelte professionali più in là, di rimandarle a tempi migliori, insomma?». «Perché non studiare ora materie che aprano la mente, che educhino allo spirito critico?».

Non sono sicuro che la vita si divida in due fasi: quella giovanile in cui ci si prepara e quella adulta, in cui si opera. Non è più così, anzi non lo è stato mai. Questa idea è simile a quella per cui per comprendere qualcosa di complesso occorre suddividerlo nelle sue parti fondanti che vanno studiate a lungo e ben comprese. Io invece credo che dai fondamentali si passi al complesso e poi si ritorni ai fondamentali per evidenziarne di nuovi e poi ancora al complesso per vederne gli intimi legami. Insomma non un salire dalla pianura alla vetta, ma un andirivieni continuo che dall’alto faccia scoprire nuovi particolari e dal basso intravvedere nuove cime. Per questo allora consiglio ai giovani una scuola tecnica. Se pensano che la scienza possa comprendere la realtà e attraverso delle applicazioni tecniche la possa cambiare, magari migliorare, allora val la pena intraprendere un percorso per diventare un tecnico o meglio ancora un tecnologo: colui che costruisce macchine valutandone anche - o forse oggi meglio dovremmo dire: soprattutto - l’impatto economico, ambientale, sociale, etico.

«Ma in una scuola tecnica vi sono materie che aprano la mente? Che educhino allo spirito critico?» Se vi sono materie che aprono la mente, vuol dire che altre esistono che la chiudono; quali mai potrebbero essere? Si può rendere una traduzione dal greco un mero esercizio meccanico, mentre risulta estremamente creativa l’azione che compirà una macchina a cui abbiamo impartito righe e righe di istruzioni. Non le discipline aprono la mente, ma le menti si accostano alle discipline con curiosità o chiuse. In quanto allo spirito critico, non so bene dire che cosa sia, ma soprattutto non so dire se io ne abbia; se dovessi trovar qualcuno disposto benevolmente a riconoscermene, dovrei forse ammettere di essermelo fatto tutto nei cinque anni di liceo, mentre gli altri - e sono tanti, tanti di più - sono trascorsi invano?

Scegliete allora studi in ambito tecnologico, o siete di quelli che si ostinano a chiamare lo straordinario strumento che tutti abbiamo in tasca col composto greco: telefono?

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