"Buona Scuola", un primo bilancio

Luci e ombre di un progetto di riforma

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"Buona Scuola", un primo bilancio

Un anno di transizione: così si potrebbe definire l’anno di scuola in corso. Dopo un lungo periodo di tranquilla vita scolastica srotolata senza cambiamenti (se non con ripetuti tagli ai finanziamenti), l’anno scolastico che ha ormai voltato il tornante del primo quadrimestre si sta svelando una stagione di grandi prove. Dietro la spinta innescata soprattutto dalla legge detta della «Buona Scuola», singoli istituti e la macchina organizzativa regionale e ministeriale sono sotto pressione per tradurre in azioni concrete alcune tra le svariate innovazioni previste. Vediamo qualche esempio.

Tra le preoccupazioni più vive stanno sicuramente il cosiddetto «piano di miglioramento» e l’entrata a regime dell’organico funzionale di istituto. Mediante il piano di miglioramento le scuole, dopo aver avviato una procedura di autovalutazione interna, sono tenute a fissare alcuni obiettivi per incrementare soprattutto sul piano qualitativo il servizio scolastico. Perciò sia possibile il Ministero ha posto a disposizione dei dirigenti un numero di insegnanti destinati, almeno sulla carta, ad assicurare le risorse necessarie.

Ottima idea, ma la realtà è assai più complessa delle enunciazioni normative. Se è relativamente facile descrivere questo meccanismo, finora inedito, esso risulta di faticosa attuazione. I dirigenti scolastici lamentano, per esempio, che il personale posto a disposizione degli istituti non sempre corrisponde alle effettive esigenze della scuola (si tratta di docenti immessi in ruolo con la sanatoria dei mesi scorsi) e che in molti casi si tratta di docenti inesperti. Il rischio è evidente: sulla carta i propositi siano eccellenti, ma con incerti risultati, almeno sul medio periodo. Altrettanto problematica appare un’altra novità della «Buona Scuola» e cioè la realizzazione di piccoli periodi di alternanza scuola-lavoro (400 ore negli istituti tecnici e professionali, 200 ore per gli studenti dei licei) durante il triennio superiore. L’innovazione è animata da ottimi principi: lo scopo è quello di mettere a contatto i giovani con realtà extrascolastiche per rispondere all’esigenza di sensibilizzarli a realtà di «vita vissuta» cui spesso sono loro estranei. In molti Paesi europei questa pratica è assai diffusa. Ma anche in questo caso le difficoltà sono molteplici, anche a non voler considerare la diffidenza con cui un certo numero di docenti (specie nei licei) accompagna la novità. Dove trovare migliaia di posti di lavoro ove avviare gli studenti per svolgere il loro tirocinio? Come tenere conto sul piano della valutazione dell’impegno profuso o meno nelle sedi extrascolastiche? Interrogativi che premono soprattutto sui licei perché negli istituti tecnici e professionali il rapporto scuola/lavoro è da tempo un’acquisizione ormai scontata.  Mentre, dunque, il sistema-scuola si sta attrezzando, dunque, con nuove regole restano aperte molte questioni a cui la scuola fatica a rispondere. Migliaia di giovani decidono di trasferirsi all’estero per trovare lavoro. Chi non sceglie questa strada è spesso costretto ad accettare occupazioni occasionali, retribuzioni basse se non addirittura (casi tutt’altro che infrequenti) forme occulte di sfruttamento. Le iscrizioni all’università ormai da molti anni tendono a diminuire nella convinzione – sbagliatissima – che “la scuola non serve”.  

Il fenomeno della dispersione è la tangibile conferma di questo rapporto sbagliato con la scuola. Uno studente italiano su tre abbandona la scuola statale superiore senza aver completato i cinque anni delle superiori. Negli ultimi 15 anni quasi 3 milioni di studenti tra i 15 e i 19 anni non hanno concluso gli studi, finendo a ingrossare la colonia dei cosiddetti neets, cioè soggetti senza lavoro e fuori dalla scuola (in Piemonte il tasso di dispersione è lievemente inferiore alla media nazionale: 27,7%). Quando si parla di miglioramento delle scuole, di potenziamento dell’organico, di alleanza tra scuola e territorio, prima di tutto è necessario ribadire che la scuola è una risorsa preziosa, non una corvée inutile da cui fuggire al più presto. 

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Giovani

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