Il ritorno della xenofobia in Europa

L’opinione pubblica tedesca si sta spaccando. A Dresda, da dove nel 1989 sono partite le prime scosse decisive per far crollare il muro, in queste settimane è come se si volesse costruire un nuovo muro.

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Il ritorno della xenofobia in Europa

Stiamo parlando di Pegida, acronimo tedesco che sta per “Europei patriottici contro l'islamizzazione dell'Occidente”, un movimento popolare nato dal nulla nel mese di ottobre e che sta catalizzando un numero sempre maggiore di persone impaurite e incapaci di confrontarsi con la presenza musulmana nel paese. Il gruppo vive attraverso facebook, le marce di protesta che ogni lunedì si svolgono a Dresda, un documento programmatico in 19 punti. In una intervista rilasciata oggi alla Domradio di Colonia, il vescovo di Dresda Heiner Koch ha affermato che “l‘80 % die dimostranti di Pegida non sono radicali di destra, ma persone che non si sentono più comprese dalla società”, gente normale, della classe media. “Dobbiamo chiederci come trattare quel sentimento di chi si sente perdente della società e che lascia che sia espresso da Pegida. Il dilemma è infinitamente grande”. Gli eventi di Parigi sono stati benzina sul fuoco.

In 25 mila si sono radunati da tutta la Germania (40 mila secondo gli organizzatori) per sfilare a Dresda nella 12° marcia di Pegida, lunedì 12 gennaio, sventolando le bandiere tedesche e drappi neri con croci bianche e in rosso i nomi dei morti di Parigi. Il fondatore Lutz Bachmann ha tenuto un discorso sostenendo che “Parigi è un'ulteriore prova della ragion d'essere di Pediga” e avanzando sei richieste concrete alla politica: “la creazione di una legge sull'immigrazione” per “disciplinare l'indiscussa necessaria immigrazione qualitativa” e fermare “il flusso quantitativo incontrollato”; la definizione di un “diritto e un dovere di integrazione”, dovere che se rispettato eliminerebbe i “timori di molte persone circa l'islamizzazione, l'alienazione e la perdita della nostra cultura”; “l’espulsione sistematica o il divieto di reingresso per gli islamisti e fanatici religiosi che hanno voltato le spalle al nostro paese per combattere in guerre sante”, la “democrazia diretta di base”, “la fine dell’atteggiamento guerrafondaio contro la Russia” e la “coesistenza pacifica dei cittadini europei, senza che cresca la perdita di autorità dei parlamenti nazionali e dei singoli paesi dell'UE mediante il folle controllo da Bruxelles e infine “più fondi per la sicurezza nazionale del nostro paese”. 

Questo coacervo di richieste, sono state precedute da un duro attacco di Bachmann alla stampa e ai giornalisti che “male interpretano” o “disprezzano” il messaggio di Pegida che “non è altro che contro il fanatismo religioso, il radicalismo o ogni forma di violenza” ha precisato sempre Bachmann. Il vescovo di Magdeburgo Gerhard Feige ha definito le marce di Pegida “una cosa macabra” che non è “espressione della nostra fede cristiana” anche se i suoi sostenitori passeggiano “con croci nere-rosse-gialle e vogliono salvare l’occidente cristiano”, e le luci della cattedrale di Colonia sono state spente per due ore lunedì scorso, mentre attraversava la città la marcia della sezione  Pegida a Colonia. Si perché stanno nascendo “cellule” locali un po’ ovunque, anche oltre confine, in Austria, Svizzera e Germania.

Altrettanto (se non di più)  numericamente consistenti e determinati sono i movimenti no-pegida e le marce anti-xenofobe che in Germania e sulla rete si stanno organizzando, proprio a partire da Dresda dove sabato scorso si è svolta una manifestazione con il titolo "Per Dresda, per la Sassonia, per un mondo aperto, la convivenza e il dialogo” e 35 mila partecipanti. Per il vescovo Koch, che pure era presente sabato “il dilemma è enorme” e si tratta di una “vera e propria situazione di impasse”: “i migranti hanno qui il loro spazio e ci appartengono. Da questa affermazione non ci si può allontanare di un millimetro come cristiani” allo stesso tempo come cristiani dobbiamo chiederci “come avere a che fare con questa società e con Pegida”.

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