Lotta ai banditi dell'agroalimentare

Rapporto Coldiretti sulle agromafie: nel 2015 ammonta a 436 milioni di euro il valore dei sequestri operati in Italia contro le infiltrazioni criminali nel settore agroalimentare. L'1,3% si trova in Piemonte.

Parole chiave: Agromafie (1), Coldiretti (4), criminalità (4), Piemonte (91)
Lotta ai banditi dell'agroalimentare

Euro 436 milioni: è il valore dei sequestri operati dai Nas in tutt’Italia nel 2015 per combattere le infiltrazioni criminali nel settore agroalimentare. Un immobile su cinque, fra quelli complessivamente sequestrati alla criminalità, appartiene al settore agroalimentare: l’1,3 per cento si trova in Piemonte. Questi ed altri dati – giudicati allarmanti dagli operatori del settore agricolo - sono stati illustrati durante la recente presentazione del «Rapporto Agromafie» di Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. Si apprende che il 24 per cento dei sequestri riguarda il comparto della ristorazione; il 18 per cento quello delle carne e dei salumi; l’11 per cento quello delle farine, del pane e della pasta. A livello nazionale sono state chiuse dai Nas 1.035 strutture operanti nel sistema agroalimentare con il sequestro di 25,2 milioni di prodotti alimentari contraffatti e adulterati, senza le adeguate garanzie di qualità o di indicazioni di origine in etichetta.

La delegazione di Coldiretti e di Giovani Impresa del Piemonte, guidata dal presidente e dal direttore della Federazione sabauda Delia Revelli e Antonio De Concilio, insieme a Valentina Binno delegata regionale Giovani Impresa, ha partecipato ai lavori introdotti da Gian Carlo Caselli, presidente del Comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. «Il business delle agromafie ha superato i 16 miliardi di euro nel 2015: questo compromette in maniera grave la qualità e la sicurezza dei prodotti con l’effetto di minare l’immagine ed il valore del Made in Italy nel mondo – spiega Delia Revelli, presidente di Coldiretti Piemonte – L’intensità dell’associazionismo criminale è elevata nel Mezzogiorno, ma non solo. Il fenomeno presenta un grado di penetrazione significativo anche in Piemonte. Per combattere questi fenomeni è necessaria una sinergia tra le varie parti, fra cui associazioni e istituzioni. Seppur di livello medio-basso, l’Ioc, l’Indice di organizzazione criminale, elaborato dall’Eurispes per rappresentare la diffusione e l’intensità del fenomeno dell’associazione criminale lungo la penisola, tocca anche le province piemontesi di Alessandria (26,9), Asti (24), Cuneo (5,7), Novara (24,5), Torino (18,8 ) e Vercelli (19,1)».

«Sono fenomeni che necessitano di essere arrestati perché danneggiano anche i consumatori  – ricorda Antonio De Concilio, direttore di Coldiretti Piemonte – Risale a gennaio la notizia che la Commissione Europea vorrebbe consentire anche ai vini stranieri di riportare in etichetta i nomi quali Aglianico, Brachetto, Cortese, Primitivo, Falanghina e tanti altri. Se il processo di revisione delle norme che disciplinano l’etichettatura dei vini arrivasse a compimento, a farne le spese potrebbe essere anche la Barbera piemontese. In questo contesto è particolarmente significativo il primo piano per l’export che prevede azioni istituzionali di contrasto all’italian sounding (letteralmente, ‘suona italiano’ ma non lo è, ndr). Infine l’insidia maggiore, che la Coldiretti continua a combattere, è quella dell’italian sounding di matrice italiana che importa materia prima dai Paesi esteri, la trasforma e ne ricava prodotti che spaccia come Made in Italy. Questo perché non esiste ancora per tutti gli alimenti l’obbligo di indicare la provenienza in etichetta».

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