Papa Francesco messaggero a Strasburgo e Istanbul

Nel cuore dell’Europa e in Turchia. Nell’ultima settimana di novembre Papa Francesco compie  il quinto e sesto viaggio internazionale. Martedì 25 al Parlamento dell’Unione Europea e poi al Consiglio d’Europa, il 28-30 ad Ankara e a Istanbul. Un excursus sul rapporto tra i vari papati recenti e l'Europa

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Papa Francesco messaggero a Strasburgo e Istanbul

Nel cuore dell’Europa e in Turchia. In quest’ultima settimana di novembre Papa Francesco compie  il quinto e sesto viaggio internazionale. Martedì 25 al Parlamento dell’Unione Europea e poi al Consiglio d’Europa; a fine settimana, il 28-30 ad Ankara e a Istanbul.

Il Parlamento europeo è composto da 751 deputati eletti a suffragio universale nei 28 Stati membri dell'Unione europea. Il Consiglio d’Europa ha 47 Stati: i 28 dell’Unione Europea – di cui 10 diedero vita al Consiglio nel 1949 – e 37 che hanno aderito dopo. Gli Stati geograficamente europei che non ne fanno parte sono il Vaticano per scelta e la Bielorussia per mancanza di democrazia. Cinque Stati del Consiglio non fanno parte dell'Europa geografica: Georgia, Armenia, Azerbaigian, Cipro, Turchia.

A Strasburgo un viaggio brevissimo: 3 ore e 50. Spiega il portavoce vaticano Federico Lombardi: «Il Papa parla all’Europa intera. Nonostante la brevità, sarà un’occasione di grandissimo rilievo per far sentire la sua voce a tutti i popoli europei. Un messaggio riconosciuto non solo dai cattolici ma dall’intera società, perché esprime prospettive di pace, giustizia e solidarietà».

Pronuncerà due discorsi in italiano, prima all’Europarlamento e poi al Consiglio d’Europa con due uditori diversi. All’Europarlamento incontrerà il presidente di turno del Consiglio Ue, il premier italiano Matteo Renzi,; Jean-Claude Junker, presidente della Commissione; Herman Van Rompuy, presidente uscente del Consiglio. Chiosa Lombardi: «Tutti sappiamo benissimo, il Papa meglio di tutti, che non è un capo politico di Stato con poteri militari, economici e interessi particolari, ma la sua presenza nel mondo delle organizzazioni internazionali è quella di una grande personalità riconosciuta a livello e mondiale come autorità religiosa e morale».

Al Consiglio d’Europa sarà accolto dal segretario generale Thorbjorn Jagland e dalla presidente dell’assemblea, la svizzera Anne Brasseur. Oltre al Segretario di Stato cardinale Pietro Parolin e ai nunzi presso le due istituzioni, ci saranno i cardinali di Budapest Peter Erdö, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee) e di Monaco di Baviera Reinhard Marx, presidente della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità europea (Comece). Giovanni Paolo II vi andò l’11 ottobre 1988.

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«Sorgano i plasmatori e gli artefici di una nuova e migliore Europa». Sulle rovine del Vecchio Continente, il 19 maggio 1945 corre il radiomessaggio di Pio XII: «Ci sembra che i Caduti ammoniscano i superstiti dell’immane flagello e dicano: sorgano dalle nostre ossa e dai nostri sepolcri e dalla terra ove siamo stati gettati come grani di frumento, i plasmatori e gli artefici di una nuova e migliore Europa, di un nuovo e migliore universo, fondato sul timore filiale di Dio, sulla fedeltà ai suoi comandamenti, sul rispetto della dignità umana, sul principio sacro dell’uguaglianza dei diritti per tutti i popoli e tutti gli Stati, grandi e piccoli, deboli e forti».

I Papi degli ultimi 70 anni sono convinti fautori perché l’unità dell’Europa non è un fatto indifferente per il credente. Furono quattro credenti, cristiani e cattolici, un filosofo e tre politici, a gettare le fondamenta dell’Unione, senza dimenticare il «laico» convinto europeista italiano Altiero Spinelli. Sono il pensatore franceseEmmanuel Mounier, ideatore del personalismo; il presidente del Consiglio italiano Alcide De Gasperi; il ministro degli Esteri francese Robert Schuman; il cancelliere tedesco Konrad Adenauer.

Negli anni che precedono il secondo conflitto mondiale – come nunzio a Monaco e quindi a Berlino, poi come Segretario di Stato di Pio XI – Eugenio Pacelli matura la convinzione che l’unità dei popoli dell’Europa occidentale è una necessità spirituale, politica, economica che, eletto Papa alla vigilia della guerra, esprime nella prima enciclica «Summi Pontificatus» (1939). Sulle ceneri del Continente, nel 1945 afferma che la riconciliazione richiede la costruzione di un’Europa «completamente nuova, fondata sulla giustizia e sull’amore».

Divenuto Papa (1939-1958) ai partecipanti al secondo congresso dell’Unione europea dei federalisti l’11 novembre 1948 parla degli «sforzi che da dieci anni moltiplichiamo. Non c’è tempo da perdere, anzi alcuni si chiedono se non sia già troppo tardi. Se si vuole che l’unione europea raggiunga il suo scopo e che essa serva alla causa della pace, della libertà e della concordia, è tempo che si realizzi. Bisogna guardare più al futuro che al passato perché le grandi nazioni possono fallire nella costruzione di un’unione europea, portate come sono a confrontare se stesse con il passato, piuttosto che con il presente e l’avvenire».

Nel 1952 Papa Pacelli manda il prestigioso cardinale francese Eugenio Tisserant, decano del Collegio cardinalizio, davanti al Consiglio d’Europa per precisare i principi sui quali fondare l’unificazione: bisogna assicurare un fondamento economico e politico guardando al di là dei vantaggi materiali «per coinvolgere i valori spirituali e morali»; l’Europa si apra all’interno e si impegni nella solidarietà ai Paesi poveri. Le comuni «radici cristiane» sono evidenti e vitali nella cultura e nell’arte, nel pensiero e nella filosofia, nel diritto e nella saggezza popolare, nella vita sociale, nei costumi e nelle tradizioni. Ma la storia registra laceranti divisioni, guerre di religione, scontri e fratture, scismi con scomuniche reciproche, divisioni tra le Chiese per secoli contrapposte che si riversano negli altri continenti con immenso scandalo per i popoli.

Giovanni XXIII (1958-1963) nel Concilio Vaticano II (1962-1965) lancia l’ecumenismo tra le Chiese e la solidarietà tra i popoli. Rappresentante pontificio in Oriente,aveva troppo sofferto per le divisioni tra i cristiani. Dice: «L’Europa è una realtà che si costruisce ogni giorno. Occorre superare gli antagonismi, sviluppare un’effettiva solidarietà tra i popoli, aprirsi al Terzo Mondo». Nell’enciclia «Pacem in terris» (11 aprile 1963), due mesi prima della morte, denuncia l’incapacità del sistema, fondato sulla sovranità assoluta degli Stati, di «soddisfare le esigenze del bene comune universale. È una deficienza strutturale che va superara con nuove visioni e impostazioni sovrannazionali».

Paolo VI (1963-1978) moltiplica gli interventi: «L’Europa deve prendere coscienza del suo ricco patrimonio culturale, morale e spirituale»; la sua vocazione è essere «maestra di vero progresso»; l’unità va vista in una prospettiva di pace e di cooperazione per la creazione di un nuovo ordine economico internazionale. «Il progresso dei popoli è il nuovo nome della pace» afferma, quarant’anni fa, nella «Populorum progressio» (26 marzo 1967).

A un gruppo di europeisti nel 1965 Paolo VI dice: «L’ideale dell’Europa unita è pienamente conforme alla concezione cristiana dell’umana convivenza che tende a fare del mondo una sola famiglia di popoli fratelli. Per il raggiungimento di questi scopi troverete un aiuto di incomparabile valore nella dottrina e nell’azione della Chiesa». Per l’inaugurazione del «Palazzo d’Europa» a Strasburgo, aggiunge: «Nel rispetto delle diverse correnti di civilizzazione e delle competenze della società civile, la Chiesa vi offre il suo aiuto per affermare e sviluppare il patrimonio comune particolarmente ricco in Europa. L’unità deve essere vissuta prima che definita». Nel 1970 proclama San Benedetto «patrono dell’Europa», e nomina un suo rappresentante alla Cee: è la prima volta che la Santa Sede stabilisce relazioni diplomatiche con un organismo multilaterale.

La «passione» per l’Europa domina il  pontificato di Giovanni Paolo II (1978-2005). Uomo che viene dall’Est, il Papa polacco lancia una prospettiva nuova, rivoluziona il modo di pensare degli europei, apre orizzonti di ampio respiro. L’Europa non si ferma al muro di Berlino, non si inchioda alla «cortina di ferro», non segue gli innaturali confini imposti, ma va dall’Atlantico agli Urali. Lo dice in migliaia di discorsi, appelli e messaggi. Nel 1980 proclama «compatroni d’Europa», con San Benedetto, i Santi Cirillo e Metodio, i due fratelli evangelizzatori dei popoli slavi, ai quali dedica l’enciclica «Slavorum Apostoli» (2 luglio 1985), e il 1° ottobre 1999, inaugurando il secondo Sinodo per l’Europa, proclama «compatrone d’Europa» le Sante Caterina da Siena, Brigida di Svezia, Edith Stein: «Ritrovati, Europa. Riscopri le tue origini e tue radici! Torna a vivere quei valori che fecero gloriosa e benefica la tua influenza sugli altri continenti. Ricostruisci la tua unità spirituale. Puoiessere faro di civiltà e stimolo di progresso nel mondo».

Benedetto XVI (2005-2013) segue i predecessori. Lo dimostrano decine di libri e centinaia di discorsi: «L’Europa non è un continente geografico, è un concetto culturale e storico».

I patroni dell’Europa sono sei: San Benedetto proclamato da Paolo VI con la lettera apostolica «Pacis nuntius» (24 ottobre 1964); Cirillo e Metodio proclamati da Giovanni Paolo II con la lettera apostolica «Egregiae virtutis» (31 dicembre 1980); la tedesca Edith Stein, filosofa carmelitana uccisa nei lager, Brigida di Svezia e l’italiana Caterina da Siena, proclamate il 1° ottobre 1999.

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