Papa Francesco: il confessionale non sia una camera di tortura

L’udienza Giubilare di sabato 30 aprile dedicata alla riconciliazione. E il Giubileo delle forze dell’ordine.

L’udienza Giubilare di sabato 30 aprile dedicata alla riconciliazione. E il Giubileo delle forze dell’ordine

“Spesso riteniamo che i nostri peccati allontanino il Signore da noi: in realtà, peccando, noi ci allontaniamo da Lui, ma Lui, vedendoci nel pericolo, ancora di più ci viene a cercare”. All’Udienza straordinaria del sabato, Papa Francesco parla del Sacramento della Riconciliazione in una Piazza San Pietro gremita di fedeli. Ci sono anche i rappresentanti delle forze armate e delle forze dell’ordine per il loro Giubileo.

Dio non si rassegna mai alla possibilità che una persona rimanga estranea al suo amore, a condizione però di trovare in lei qualche segno di pentimento per il male compiuto.

Da soli non ce la facciamo

Con le nostre sole forze non ce la facciamo a riconciliarci con Dio. Il peccato è davvero un’espressione di rifiuto del suo amore, con la conseguenza di rinchiuderci in noi stessi, illudendoci di trovare maggiore libertà e autonomia. Ma lontano da Dio non abbiamo più una meta, e da pellegrini in questo mondo diventiamo “erranti”. Un modo di dire comune è che, quando pecchiamo, noi “voltiamo le spalle a Dio”.

“E’ proprio così - ha commentato Papa Francesco - il peccatore vede solo sé stesso e pretende in questo modo di essere autosufficiente; perciò, il peccato allarga sempre di più la distanza tra noi e Dio, e questa può diventare un baratro”.

Tuttavia, Gesù viene a cercarci “come un bravo pastore che non è contento fino a quando non ha ritrovato la pecora perduta”, come leggiamo nel Vangelo (cfr Lc 15,4-6). Lui “ricostruisce il ponte che ci ricongiunge al Padre” e ci permette “di ritrovare la dignità di figli”.

Nessuno rimanga lontano da Dio

“Nessuno rimanga lontano da Dio a causa di ostacoli posti dagli uomini!” E’ stato il grido di Papa Francesco, che poi ha fatto sue le parole dell’apostolo Paolo: “Lasciatevi riconciliare con Dio!” (2 Cor 5,20).

Il Giubileo della Misericordia “è un tempo di riconciliazione per tutti”. Tante persone vorrebbero riconciliarsi con Dio “ma non sanno come fare, o non si sentono degni, o non vogliono ammetterlo nemmeno a sé stessi”.

Il confessionale non è una sala di tortura

Il Papa si è poi rivolto ai sacerdoti “soprattutto quanti compiono il ministero della riconciliazione” (2 Cor 5,18), e li ha esortati ad essere “strumenti docili allo Spirito Santo” perché “là dove ha abbondato il peccato possa sovrabbondare la misericordia di Dio” (cfr Rm 5,20).

A loro ha detto: “per favore, non mettere ostacoli alle persone che vogliono riconciliarsi con Dio. Il confessore deve essere un padre! E’ al posto di Dio Padre! Il confessore deve accogliere le persone che vengono da lui per riconciliarsi con Dio e aiutarli nel cammino di questa riconciliazione che stiamo facendo”.

Quello della Riconciliazione è “un ministero tanto bello”: non è “una sala di tortura” né “un interrogatorio”, no: “è il Padre che riceve e accoglie questa persona e perdona”.

 

 

Ponti di riconciliazione tra noi

Fare esperienza della riconciliazione con Dio permette di scoprire la necessità di altre forme di riconciliazione: nelle famiglie, nei rapporti interpersonali, nelle comunità ecclesiali, come pure nelle relazioni sociali e internazionali. “Qualcuno mi diceva - ha raccontato Papa Francesco - che nel mondo ci sono più nemici che amici, e credo che avesse ragione”.

“Ma no, facciamo ponti di riconciliazione anche fra noi, incominciando dalla stessa famiglia. Quanti fratelli hanno litigato e si sono allontanati soltanto per l’eredità. Questo non va! Quest’anno è l’anno della riconciliazione, con Dio e fra noi!”. La riconciliazione infatti è anche un servizio alla pace, al riconoscimento dei diritti fondamentali delle persone, alla solidarietà e all’accoglienza di tutti.

Al servizio della pace

Ai partecipanti al Giubileo delle Forze Armate e di Polizia, Papa Francesco ha raccomandato di essere “costruttori di ponti e seminatori di pace”. Le forze dell’ordine non solo sono chiamate a prevenire, gestire, o porre fine ai conflitti, ma anche a contribuire alla costruzione “di un ordine fondato sulla verità, sulla giustizia, sull’amore e sulla libertà, secondo la definizione di pace di San Giovanni XXIII nell’Enciclica Pacem in terris” (nn.18 ss).

L’affermazione della pace non è impresa facile, soprattutto a causa della guerra “che inaridisce i cuori e accresce violenza e odio”. Il Papa ha esortato i militari e gli operatori delle forze dell’ordine a non scoraggiarsi: “Di fronte alle sfide di ogni giorno, fate risplendere la speranza cristiana, che è certezza della vittoria dell’amore sull’odio e della pace sulla guerra!”.

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