L'appello di Francesco per una economia giusta e solidale

lettera al G20 di Brisbane in Australia di papa Bergoglio. Basta chiacchiere. Basta discussioni. Basta statistiche. Basta dichiarazioni di principio. Basta annunci. Basta buone intenzioni. I poveri del mondo aspettano fatti e fatti concreti perché la crisi colpisce i poveri.

Parole chiave: globalizzazione (4), papa (648), economia (65), pace (90), solidarietà (43), finanza (6), sfruttamento (5)
Campesinos

Il 15-16 novembre a Brisbane, in Australia, si svolge il G20, il forum dei ministri  delle Finanze e i governatori delle Banche centrali dei 20 Paesi più industrializzati. Alla vigilia Papa Francesco ha inviato una lunga lettera a Tony Abbot, primo ministro australiano. Dietro le parole e i numeri ci sono le persone e le famiglie, i disoccupati, i poveri e i rifugiati. Urgono decisioni contro il terrorismo, i commerci illegali, il degrado ambientale, gli abusi finanziari. Temi urgenti e indifferibili sui quali invoca «un accordo globale e una visione politica d’insieme generosa verso le situazioni di sofferenza».

L’agenda del G20 a Brisbane - nota - «è particolarmente concentrata sugli sforzi per rilanciare un progetto di crescita sostenibile dell’economia mondiale così da allontanare lo spettro della recessione globale. Siete tutti d’accordo sul creare opportunità d’impiego dignitose, stabili e a favore di tutti. Ma ciò presuppone e richiede un miglioramento nella qualità della spesa pubblica e degli investimenti, la promozione di investimenti privati, un equo e adeguato sistema di tassazione, uno sforzo concertato per combattere l’evasione fiscale e una regolamentazione del settore finanziario, regolamentazione che garantisca onestà, sicurezza e trasparenza».

Come fa in queste occasioni – e come farà il 20 novembre quando si recherà a parlare nella sede della Fao a Roma - «vorrei chiedere ai capi di Stato e di Governo del G20 di non dimenticare che dietro queste discussioni politiche e tecniche sono in gioco molte vite e che sarebbe davvero increscioso se tali discussioni dovessero rimanere puramente al livello di dichiarazioni di principio. Troppe donne e uomini soffrono a causa di grave malnutrizione, per la crescita del numero dei disoccupati, per la percentuale estremamente alta di giovani senza lavoro e per l’aumento dell’esclusione sociale che può portare a favorire l’attività criminale e il reclutamento di terroristi». C’è poi «la costante aggressione all’ambiente naturale, risultato di uno sfrenato consumismo e tutto questo produrrà serie conseguenze per l’economia mondiale».

Il Papa argentino analizza le situazioni più calde: «Il mondo intero si attende dal G20 un accordo sempre più ampio che possa portare, nel quadro dell’ordinamento delle Nazioni Unite, a un definitivo arresto nel Medio Oriente dell’ingiusta aggressione rivolta contro differenti gruppi, religiosi ed etnici, incluse le minoranze». È la drammatica situazione dei cristiani in Medio Oriente, braccati e perseguitati: c’è bisogno di «un accordo che porti a eliminare le cause profonde del terrorismo, che ha raggiunto proporzioni inimmaginabili e che ha come “carburante” la povertà, il sottosviluppo, l’esclusione».

In Medio Oriente la soluzione – ripete Papa Francesco - «non può essere esclusivamente di natura militare ma deve concentrarsi su coloro che in un modo o nell’altro incoraggiano gruppi terroristici con l’appoggio politico, il commercio illegale di petrolio e la fornitura di armi e tecnologia». Fiumi di soldi e petrolio, di armamenti e tecnologie inondano i terroristi del cosiddetto Stato islamico, ma i veri finanziatori si nascondono nelle pieghe dell’opulenza e del fanatismo. Finché questi fiumi non seccheranno il terrorismo continuerà a sacrificare le sue vittime.

Ma occorre anche «uno sforzo educativo e una consapevolezza più chiara che la religione non può essere sfruttata come via per giustificare la violenza», come fanno spudoratamente le dittature islamiche. La situazione in Medio Oriente – aggiunge - ripropone «il dibattito sulla responsabilità della comunità internazionale di proteggere gli individui e i popoli da attacchi estremi ai diritti umani e contro il totale disprezzo del diritto umanitario».

I Paesi del G20 devono intervenire contro altre aggressioni che rendono i poveri sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. Bergoglio elenca queste aggressioni: «Gli abusi nel sistema finanziario, le transazioni che hanno portato alla crisi del 2008 e più in generale alla speculazione sciolta da vincoli politici o giuridici e alla mentalità che vede nella massimizzazione dei profitti il criterio finale di ogni attività economica. Una mentalità nella quale le persone sono in ultima analisi scartate non raggiungerà mai la pace e la giustizia». Sottolinea che i vari conflitti «lasciano profonde cicatrici e producono situazioni umanitarie insopportabili in varie parti del mondo».

Attraverso il G20 il Pontefice guarda alle Nazioni Unite e all’Agenda post-2015: essa deve includere «gli argomenti vitali del lavoro dignitoso per tutti e del cambiamento climatico. È mia speranza che possa essere raggiunto un sostanziale ed effettivo consenso. Spero che le valutazioni dei risultati di questo consenso non si restringeranno agli indici globali, ma prenderanno in considerazione il reale miglioramento delle condizioni di vita delle famiglie più povere e la riduzione di tutte le forme di inaccettabile disuguaglianza».

Nella visita a Cagliari domenica 22 settembre 2013 un giovane disoccupato gli parlò a nome di tutti: «Spesso la disgregazione della famiglia è la conseguenza della grave crisi occupazionale. Papa Francesco, papà di noi tutti! Non lasciare che il gregge a te affidato venga disperso e sbranato da questo lupo cattivo che è la mancanza di speranza, che divora le nostre vite. Non lasciarci soli».

Papa Bergoglio, profondamente scosso, improvvisò un’accorata risposta partendo dal ricordo della sua famiglia emigrata dal Piemonte all’Argentina spinta dalla miseria: «È una realtà che conosco bene per l’esperienza avuta in Argentina. Io non l’ho conosciuta, ma la mia famiglia sì: mio papà, giovane, è andato in Argentina pieno di illusioni a "farsi l’America". E ha sofferto la terribile crisi degli anni Trenta. Hanno perso tutto! Non c’era lavoro! E io ho sentito, nella mia infanzia, parlare di questo a casa… Io non l’ho visto, non ero ancora nato, ma ho sentito parlare di questa sofferenza. Ma devo dirvi: coraggio! Devo fare tutto perché questa non sia una bella parola di passaggio, non sia un sorriso di un impiegato cordiale della Chiesa».

Era la terribile crisi iniziata il 24 ottobre 1929, anche quella volta, dalla Borsa di Wall Street a New York e dalle banche americane. Crisi che ridusse tutto il mondo sul lastrico e che terminò nel 1932.

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