Si chiude il 2017, Te Deum a Torino: ancora un appello dell’Arcivescovo Nosiglia per i poveri senza casa

Preghiera del Te Deum di fine dell’anno presso il santuario torinese della Consolata, nuovo appello dell’Arcivescovo per le famiglie senza casa: “gli Enti privati e quelli pubblici, i proprietari di appartamenti vengano incontro alle esigenze delle famiglie commisurando l’affitto alle concrete possibilità di ciascuno”

Si chiude il 2017, Te Deum a Torino: ancora un appello dell’Arcivescovo Nosiglia per i poveri senza casa

Pubblichiamo l’omelia di mons. Cesare Nosiglia, Arcivescovo di Torino, alla Messa di Te Deum presso il santiario della Consolata per la fine dell’anno 2017:
«Te Deum laudamus, te Dominun confitemur – Noi ti lodiamo, o Dio, e ti proclamiamo Signore»: così inizia il canto che innalziamo al Signore per ringraziarlo dell’anno trascorso. Un anno di grazia, perché ci ha dato la vita e tanti benefici spirituali e materiali, di cui abbiamo usufruito. Che cosa potremo dare in cambio a Colui che ci ha così tanto amato, da farsi uno di noi, vivendo la nostra stessa esperienza, dalla nascita alla morte, con tutte le sue fasi di gioia e di dolore, di amore e di odio, di famiglia e di lavoro, fino alla morte? Egli non chiede niente, se non di essere amato, perché è per amore che crea e per amore che ha dato la vita del Figlio suo Gesù Cristo nostro Salvatore. Con questi sentimenti di fede e di rendimento di grazie, vogliamo ripercorrere l’anno trascorso per sottolinearne alcuni momenti forti, in cui si sono manifestate la bontà e la misericordia del nostro Dio.
Anzitutto, desidero ringraziare il Signore per l’ordinazione di tre sacerdoti e, recentemente, di cinque diaconi permanenti. Di questo risultato dobbiamo anche ringraziare quanti pregano e si adoperano, in diocesi, per la pastorale vocazionale, in particolare il Seminario con i superiori, i docenti della Facoltà teologica e gli animatori del Seminario Maggiore e Minore. E ringraziamo anche il responsabile delegato del vescovo per i diaconi permanenti e la sua équipe di formatori (i diaconi sono oltre140).
Un altro fatto assai positivo è stata l’assemblea diocesana, dedicata ai giovani, e la conseguente Lettera pastorale, che hanno tracciato il cammino di questi prossimi anni, anche in vista della celebrazione del Sinodo dei vescovi, voluto da Papa Francesco. La viva e ampia partecipazione e l’interesse sul tema lasciano ben sperare in un forte rinnovamento della pastorale relativa a questo ambito, decisivo per il presente e futuro della Chiesa. Ai ragazzi e ai giovani deve guardare con rinnovato spirito di servizio e di speranza la nostra Chiesa, se vuole superare la crisi di sfiducia e di scarsa speranza che l’attanaglia e le impedisce di vedere i segni potenti di Dio, che operano nella storia di oggi a favore del suo popolo e dell’umanità intera. La luce del Natale illumini la vita e le opere di ogni giovane, che vive e opera nelle nostre comunità diocesane e nell’ambito civile, affinché tutti possano trovare la strada che conduce al Signore e riconoscerlo come Salvatore.
Un terzo motivo di grazie è la visita pastorale, che continua, di settimana in settimana, ed offre al mio ministero di vescovo uno dei momenti più belli e ricchi di umanità, amicizia, fede e comunione ecclesiale. La visita permette alle comunità di verificare il loro cammino, sulla scia di quello diocesano, e di consolidare quella comunione indispensabile per un’azione incisiva e forte di missionarietà sul territorio. L’intera diocesi fruisce della visita pastorale, in quanto la crescita di una comunità favorisce quella delle altre e cementa il comune impegno di diventare Chiesa. Il rinnovo dei Consigli diocesani – quello presbiterale e quello pastorale – permetterà di rendere concreto l’impegno della comunione sul piano delle singole realtà locali e nei diversi ambiti pastorali, che necessitano di maggiore armonia e collaborazione.
Ancora, voglio dire grazie perché lo Spirito Santo agisce nel cuore del mondo e in quello di tante persone, che si adoperano per amare gli altri, mostrando, con la gratuità del dono di sé, la forza della fede e del Vangelo. L’azione di molteplici realtà ed organismi impegnati nel sociale sta lì a dimostrarlo ogni giorno. Le crescenti situazioni di povertà, che colpiscono anche famiglie che fino a ieri stavano relativamente bene e si trovano ora senza lavoro o senza un adeguato sostegno per le loro necessità anche più quotidiane, interpellano la Chiesa, ma anche la società politica, il mondo del lavoro e dell’impresa, per trovare insieme vie di giustizia e di solidarietà, così da affrontare la crisi partendo da questi valori fondamentali. Desidero ringraziare l’esercito di volontari che operano con generosità e frutto per aiutare persone e famiglie ad affrontare la difficile situazione che stanno subendo. Tra queste ne segnalo una particolarmente acuta: si tratta di quelle famiglie o persone che, a causa della carenza di lavoro, non riescono a pagare l’affitto e rischiano lo sfratto per morosità incolpevole e, spesso, non vanno ai Centri di ascolto e non usufruiscono di altre fonti di sostegno. Ho chiesto per questo alla Caritas di promuovere un’iniziativa straordinaria per farci vicini a loro, comprenderne le reali difficoltà e aiutarle a trovare vie di una concreta soluzione del problema. Aggiungo un appello agli Enti privati e pubblici, proprietari di appartamenti, a venire incontro alle esigenze di queste famiglie, commisurando l’affitto alle concrete possibilità di ciascuna. È un obbligo morale che ogni componente della nostra società si faccia carico, per la sua parte, di un supplemento di impegno, per affrontare insieme uno dei problemi più spinosi, che assilla diverse migliaia di persone. La prova più evidente della povertà, che sta crescendo molto nella nostra città e territorio, è data dalla schiera di senza dimora che pernottano sulla strada o nei dormitori, in condizioni di vita e di futuro molto precarie.
Sul piano civile e cittadino, non possiamo dimenticare la tragedia di Piazza San Carlo, che resta una ferita ancora aperta nel cuore stesso della città e dei suoi abitanti, con conseguenze di morte e feriti tuttora esistenti e che ne portano il peso.La magistratura sta facendo la sua parte per quanto riguarda le responsabilità dell’accaduto,ma conta molto anche la presa in carico da parte di tutti i cittadini dell’impegno di vivere la propria appartenenza alla città non solo come un grande contenitore di persone indifferenti ed estranee l’uno dall’altro,ma come una comunità in stile familiare in cui ciascuno sa di dover contribuire anche con i suoi comportamenti individuali al bene comune di tutti .
Come ho avuto modo di scrivere recentemente, la nostra città vive in un’apnea o limbo, che sembra non avere sbocchi positivi di superamento, per cui predomina la rassegnazione, che si traduce in stagnazione sotto tanti punti di vista e tarpa le ali della speranza di una ripresa che stenta a decollare.Ma soprattutto impedisce di superare la semplice e pure necessaria risposta alle emergenze e puntare su una progettualità di piu’ ampio respiro e in cui tutte le componenti sociali, culturali e religiose fanno la loro parte per impegnarsi uniti a operare insieme per rispondere alla sfide e opportunità del nostro territorio.Sono certo che la fede in Cristo e i valori umani, culturali e sociali, di cui è intrisa la vita e la storia della nostra Città sono una riserva aurea alla quale possiamo attingere, per guardare al futuro con speranza e fiducia.
Eleviamo dunque il nostro canto, ricco di fede e di speranza: «In Te Domine speravi, non confundar in aeternum – In te speriamo Signore, non saremo confusi in eterno».

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