Profughi e migranti: la svolta tedesca

La storia insegna che i muri non riescono a imprigionare i popoli, migliaia di profughi accolti in Germania 5-6 settembre 2015

Parole chiave: profughi (55), germania (22), europa (177), emergenza (28)
Profughi e migranti: la svolta tedesca

Abbracci e applausi, canti di benvenuto e giocattoli per i bambini. Così sono stati accolti dai tedeschi migliaia di profughi arrivati alla stazione di Monaco di Baviera, dopo che Budapest, Berlino e Vienna hanno aperto le frontiere. La marea umana che invade pacificamentela Germaniaricorda il 1989 quando crollarono i muri e i regimi comunisti dell'Est europeo dopo un’inarrestabile migrazione iniziata in estate. Sono molte le somiglianze tra le vicende di oggi e di ventisei anni fa che vanno ricordate perché la storia insegna che i muri non riescono a imprigionare i popoli.

Germania orientale - Da agosto 1989 migliaia di tedeschi dell’Est si rifugiano nelle ambasciate tedesco-occidentali di Budapest, Berli­no Est e Praga e passano in Occidente at­traverso l'Ungheria e l'Austria. Il 10 settembre l'Ungheria apre la frontiera e 10 mila tedeschi orientali l’attraversano. Le manifestazioni si estendono,  tanto che Erich Honec­ker, segretario del Partito comunista della Germania Est, si dimette. Il 9 novembre il Muro viene distrutto. In una sola settimana ben 5 milioni di persone si riversa­no in Occidente.  

Polonia - Su proposta del generale Wojciech Witold Jaruzelski il Partito comunista approva una «tavola rotonda» cui sono invitati esponenti del sindacato libero Solidamosc di Lech Walesa e della Chiesa cattolica. Si giunge a un accordo: pluralismo sindacale,  legalizzazione di Soli­darnosc, nuova Costituzione. Le elezioni assegnano a Solidarnosc 99 dei 100 seggi del Senato. Il 19 agosto 1989 Tadeusz Mazowiecki, intellettuale cattolico e consigliere di Walesa, forma un governo di coalizione. Il Parlamento abolisce il ruolo dirigente del Partito comunista e le definizioni di «popolare» e «socialista».

Cecoslovacchia – Imponenti manifestazioni commemorano il 20° del sacrificio di Jan Palach: il giovane patriota 21enne, simbolo della resistenza anti-sovietica, il 16 gennaio 1969 si era dato fuoco in piazza San Venceslao ed era morto dopo tre giorni di agonia. Al suo funerale parteciparono 600 mila persone. Le proteste sono duramente represse dal­la polizia e sono guidate dal drammaturgo Vaclav Havel, firmatario di Charta 77 e fra i protagonisti dell'opposizione. In novembre le proteste quotidiane costringono la direzio­ne del Partito comunista alle dimissioni. Centinaia di migliaia di persone acclamano Alexander Dubek, l'animatore della pri­mavera del 1968 e il Parlamento abolisce il ruolo guida del Partito comunista. Si forma un governo di opposizione e Havel è eletto presidente della Repubblica.

Ungheria - L'assemblea nazionale appro­va le leggi sulla libertà di associa­zione e riunione. Il Partito comunista muta il nome e abbandona i principi leninisti. Una nuova Costitu­zione assicura le libertà. Il 23 novembre, ri­correnza dell'insurrezione del 1956, diventa festa nazionale e viene pro­clamata la nuova Repubblica ungherese.

Romania – La transizione avviene nel sangue. In dicembre la polizia reprime brutalmente i disordini. Il tiranno Nicolae (Nicu) Ceauşescu e sua moglie Elena sono duramente contestati a Bu­carest. La proclamazione dello stato di emergenza non frena la protesta perché l'esercito fraternizza con il popolo e si scontra conla Securitate, la polizia segreta. Violenti scontri provocano migliaia di morti: Ceau­sescu e la moglie sono catturati, proces­sati e giustiziati il giorno di Natale 1989.

Bulgaria - Il Partito comunista sostituisce il segretario Todor Zivkov, al potere da 35 anni, e si avvia un nuovo corso democratico.

Jugoslavia – Si dissolvela Federazione voluta dal maresciallo Josip Broz Tito, che era morto nel 1980. Si svolgono grandi manifestazioni di protesta, represse con decine di morti. Il Parlamento modificala Costituzione san­cendo il diritto all'autodeterminazione e al­la secessione. Poi le guerre hanno insanguinato i Balcani negli anni Novanta.

Unione Sovietica – È alla vigilia dello smembramento. Esplodono contrasti etnici,  manifestazioni nazionaliste e indi­pendentiste in molte Repubbliche: Nagorno-Karabah, Azerbajdian, Estonia, Lituania, Lettonia. Bielorussia, Tadzi­kistan e Georgia. Gli scioperi dei minatori in Siberia e in Ucrai­na minacciano di paralizzare l’Urss. Il 23 agosto, nel 50° del patto Molotov-Ribbentrop una catena umana di oltre un milione e mezzo di persone si schiera in Estonia, Lettonia e Lituania e chiede l’indipendenza. Il Comitato centrale del Partito comunista sovietico approva il principio che rende i contadini «padroni del­le proprie terre». Nelle prime elezioni libere dei 1500 membri del Congresso dei deputati del popolo, svolte a marzo 1989, ot­tengono un buon successo i candidati radica­li - in particolare Boris Eltsin - e nazionali­sti nelle Repubbliche baltiche. In aprile Michail Gorbaciov, segretario del Partito comunista, è eletto capo dello Stato e l’Urss annuncia il ritiro delle armi atomiche del Pat­to di Varsavia schierate contro l’Occidente.

Con il Muro di Berlino crollava il comunismo in Europa e si squagliava l’Unione Sovietica. Intanto a Dresda la folla assaltava la caserma della Stasi, la terribile polizia segreta, distruggendo l'edificio e i documenti. Accanto a quel palazzo c’era la sede del Kgb e a difenderlo c’era un tenente-colonnello sovietico, Vladimir Putin, il tiranno di oggi.

Era la fine del Novecento, secolo di due orribili guerre mondiali e delle più brutali dittature: il comunismo, il fascismo, il nazismo. Crollava la barriera che, per 28 anni, aveva spaccato in due l’Europa e che era diventata il simbolo della divisione del mondo in due blocchi contrapposti. Quei160 chilometridi cemento armato e di filo spinato in cui i comunisti facevano passare la corrente elettrica, quei posti di guardia con cecchini armati, quei 20 bunker, quella «striscia della morte», quei checkpoint Charlie, Alpha e Bravo rappresentavano, dal 13 agosto 1961, una barriera (quasi) invalicabile e avevano diviso un popolo.

Molti storici hanno riconosciuto che Giovanni Paolo II, Papa  polacco, fu tra coloro che più contribuirono a quel crollo. L’ex portavoce Joaquin Navarro-Valls ricorda che «quel gigantesco cambiamento è avvenuto senza spargimento di sangue». Karol Wojtyla in quegli anni, dall’elezione papale il 16 ottobre 1978 al crollo del Muro nel 1989, andò tre volte in Polonia – 1979, 1983 e 1987. Per Navarro-Valls «l’errore di base del socialismo era una visione sbagliata dell’uomo». Anche Mikhail Gorbaciov espresse più volte l’opinione che Wojtyla aveva favorito il crollo del  Muro e in una lunga lettera a Giovanni Paolo II l’ultimo segretario del Partito comunista sovietico scrisse : «Non si può capire ciò che è successo in Europa senza tener conto del lavoro, della presenza e delle parole di Giovanni Paolo II».

Tutti i diritti riservati

Attualità

archivio notizie

16/02/2018

La biblioteca personale di Carlo Donat-Cattin

La riunificazione di migliaia di volumi per continuare a studiare, vita, pensiero e azione politica del leader democratico cristiano in vista del centenario della nascita

16/02/2018

Meditazione sul Crocifisso

La riflessione dello psichiatra e psicoterapeuta per il Venerdì Santo 2016. Perchè interrogarsi fino in fondo

16/02/2018

Chiesa e mass media, un'alleanza necessaria

Parte il Master di Giornalismo voluto da mons. Nosiglia per operatori pastorali e della comunicazione 

16/02/2018

Milioni di volti

Negli sguardi dei più disperati e poveri l'amore di Gesù Cristo