I rifiuti ci sommergeranno?

Come il cittadino può contribuire a difendere l'ambiente. Ma servono leggi e una cultura nuova

Parole chiave: cittadino (1), rifiuti (6), ecologia (12), riciclo (1)
 I rifiuti ci sommergeranno?

Nella classifica nazionale 2014 dei Comuni Ricicloni (stilata da Legambiente) Torino non c’è, non avendo superato il 65% di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, soglia minima indicata dall’Ue per rientrare negli schemi della sostenibilità ambientale. Tra i capoluoghi del Piemonte troviamo Novara (713 posto in classifica generale) con una percentuale di raccolta differenziata al 70% mentre è Poirino a tenere alte le sorti della diocesi, piazzandosi al primo posto in Piemonte fra i comuni sopra i 10 mila abitanti (206 posto nella classifica generale) con il 75% di differenziata.

La percentuale di Torino è intorno al 42%: dove la raccolta è fatta tramite cassonetti per strada raramente si supera il 30%, dove avviene con il più stringente sistema del porta-a-porta arrivare al 60% è già più facile. Ma se la media è 42% va da sé che anche nei quartieri più osservanti il famoso 65% di traguardo obbligatorio europeo viene appena sfiorato. Eppure Torino nel 2009 era al primo posto fra le città italiane con più di 500 mila abitanti. Con il 42%, appunto: siamo fermi da 5 anni.

Tra il 2003 e il 2009, circa il 40% del territorio comunale venne raggiunto dalla raccolta porta-a-porta, racconta Roberto Bergandi, portavoce di Amiat. Sistema modulato con buona precisione a seconda delle differenze territoriali (palazzi da 10 piani o casette in collina). Quattro anni di stasi e nel 2013 il porta-a-porta arrivò in Crocetta, il primo dei quartieri più centrali della città. Altri 35 mila cittadini coinvolti nella raccolta differenziata per un totale di 450 mila torinesi. Il prossimo step è San Salvario, entro il 2017, forse. Perché mancano i denari: il porta-a-porta prevede investimenti in mezzi specializzati e le casse dell’Amiat e del Comune languono. Differenziare, in realtà, può anche essere una fonte di guadagno (o per lo meno di abbattimento dei costi fissi) perché molti rifiuti diventano materia prima-seconda (carta, vetro, alluminio, plastica…); ma la raccolta deve esser di alta «qualità». E storicamente questo non avviene se i cittadini non sono incentivati, tramite tariffe puntuali: ti faccio pagare solo «a consumo», in base ai kg di rifiuto indifferenziato effettivamente ritirato. Più separi meno paghi.

Attualmente l’Amiat è partecipata all’80% da Iren, gruppo privato, che potrebbe trovare conveniente investire affinché la differenziata inizi a costare meno. Ma Iren, fa notare Legambiente Piemonte, è anche proprietario del termovalorizzatore recentemente costruito a Mirafiori, che ha fame di rifiuti per mantenere performance redditizie. Rifiuti il più possibile a portata di mano, ovviamente.

La gestione dei rifiuti a Torino è in stallo, è necessario migliorare la governance e darsi obiettivi che pongano l’ambiente e i cittadini al primo posto. Nel frattempo è importante che ogni cittadino, a prescindere, faccia il suo.

Per aumentare le percentuali della raccolta differenziata la strada repentinamente concreta è… produrre meno rifiuti! Lo possono fare tutti, da domani, tramite numerosissimi piccoli gesti. Uno fra i più eclatanti: a un distributore di bibite (a scuola, in ufficio, in una sala d’attesa) una semplice bottiglia d’acqua costa 40-60 centesimi e significa petrolio necessario a produrre le bottiglie di plastica, i camion per il trasporto (in Italia una qualsiasi acqua in bottiglia percorre almeno500 kmdalla sorgente alla tavola), il servizio che ve la rende disponibile e l’elettricità (24 ore su 24!) che tiene fresco il distributore. Dunque con 60 centesimi non comprate l’acqua che berrete, tenete in vita un sistema che alla fine produce un rifiuto. Non è meglio, per evitare il rifiuto in plastica, avere una piccola borraccia sempre con voi e rifornirvi al rubinetto?

La plastica abbonda anche al supermercato, dove avviluppa frutta, verdura, formaggi, insaccati… Prendetevi 5 minuti in più e fate la spesa sfusa, meglio se al mercato rionale bene equipaggiati di borse di tela. Minimizzate i prodotti in tetrapack e altri involucri poliaccoppiati (dove materiali di diversa origine sono uniti in modo indissolubile) perché più difficili da recuperare. Oggi più che mai occorre prestare attenzione ai Raee, i rifiuti elettrici ed elettronici che troppo spesso finiscono nel generico: caricabatteria, telefonini, rasoi elettrici, lampadine, piccoli elettrodomestici… Se debitamente raccolti da tonnellata di questi oggetti si possono ricavare anche 3-400 kgdi metalli preziosi, ovvero materie prime-seconde pronte a tornare in circolo senza depredare ulteriormente le risorse del pianeta.

Infine segnaliamo l’iniziativa di Amiat «Cit ma bôn». Gestita dalla cooperativa Triciclo, istituisce la raccolta porta a porta di oggetti di casa che in famiglia non servono più, che non sono particolarmente usurati: vestiti prima di tutto, poi dalla pentola allo zaino, dalla lampada alla sedia spaiata a un giocattolo. Raccoglierli significa evitare la discarica, dare nuova vita all’oggetto ed evitare l’uso di risorse naturali ed energia per un analogo oggetto nuovo.

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